Leila Warah, campo profughi Aqbat Jabr
MiddleEastEye – 4 giugno 2023
I ripetuti attacchi di Israele al campo profughi di Gerico trasformano una destinazione turistica palestinese in “zona di guerra”
Fidah Muqbil ha dovuto rivivere la notte più traumatica della sua vita quando l’esercito israeliano ha nuovamente fatto irruzione nel suo quartiere il 25 maggio.
Con la copertura della notte, le truppe hanno iniziato un’operazione su larga scala nel campo profughi di Aqbat Jabr nella Cisgiordania occupata dove vive Fidah.
L’accampamento, situato a sud-ovest di Gerico, è stato circondato da ogni parte e di fatto messo sotto assedio.
Decine di veicoli militari corazzati hanno chiuso i vicoli, accompagnati da soldati e cecchini appostati sui tetti.
Muqbil, 19 anni, e i suoi fratelli più piccoli erano soli e rannicchiati in casa mentre per ore si svolgevano le operazioni militari.
Unico conforto era la voce del padre al telefono, in videochiamata da una stanza d’ospedale a Ramallah mentre si prendeva cura della madre ferita in un simile raid israeliano poche settimane prima.
“Ogni rumore forte mi riporta a quella notte”, ha detto Muqbil a Middle East Eye, riferendosi alla mattina del 1° maggio. Quel giorno, circa 20 soldati israeliani hanno piazzato una bomba alla porta e fatto brutalmente irruzione in casa, ferendo la madre di Muqbil.
“Dormivamo tutti. Erano le 6:00. Ho sentito qualcosa esplodere, ho pensato che fosse la nostra bombola del gas. E sentivo mia madre gridare”, dice l’adolescente, ricordando il momento in cui sua madre è stata colpita dalle schegge.
Prima che potesse capire ciò che stava accadendo, un soldato l’ha spinta in soggiorno.
“Ero terrorizzata. Tutto quello che potevo vedere era la distruzione. Riuscivo a malapena a stare in piedi. Pensavo di stare per vomitare”, ha aggiunto.
I soldati hanno poi trascinato i vicini qui in casa, dice Muqbil, costringendo tutti a nasconderci sotto il tavolo da pranzo al buio, circondati da sedie, nuvole di polvere e frastuono. Non riuscivamo nemmeno a vederci in tutto quel caos”, racconta.
Per due ore e mezza sono rimasti tutti fermi così. Durante quel lasso di tempo un cecchino israeliano piazzato alla finestra della sua camera da letto ha sparato e ferito almeno tre palestinesi, tra cui il diciassettenne Jibril Muhammad al-Lada’a, che è stato colpito alla testa ed è poi morto in ospedale.
Circa un mese dopo Muqbil ha dovuto patire altri due raid israeliani su larga scala nel suo quartiere.
Il trauma che lei e i suoi fratelli hanno vissuto li ferisce ancora, dice, e ha portato la loro vita alla paralisi.
Il suo matrimonio, originariamente previsto per il 27 maggio, è stato annullato, mentre suo fratello Karam Muqbil, di sette anni, ha tuttora bisogno di costanti rassicurazioni e sostegno. Guardando la sorella che dorme nel pomeriggio, aggiunge che riescono a dormire solo quando c’è il sole.
Traumi e disabilità permanenti
Negli ultimi mesi, Aqabat Jabr è stata costantemente presa di mira da letali operazioni militari israeliane che hanno portato morte e distruzione a Gerico, una città turistica solitamente meno soggetta alla violenza israeliana rispetto ad altri luoghi della Cisgiordania.
Il campo di Aqabat Jabr è stato istituito nel 1948 per ospitare i rifugiati espulsi dalle loro case dalla milizia sionista per far spazio alla costituzione dello Stato di Israele.
Oggi ospita 30.000 persone ed è considerato il più grande campo profughi della Cisgiordania quanto ad estensione.
Le recenti incursioni nel campo seguono la crescente tendenza ad assalti mortali alle città della Cisgiordania da parte delle truppe israeliane, accanto a una ripresa della resistenza armata da parte dei palestinesi.
Proprio come a Nablus, Jenin, Tulkarem e Tubas, nel 2022 è sorto a Gerico un nuovo gruppo di resistenza chiamato Brigata Aqbat Jabr.
La Brigata e il campo sono saliti alla ribalta a febbraio, quando i soldati israeliani hanno ucciso cinque membri della Brigata in un “raid di 15 minuti”.
Nel campo da allora sono stati uccisi dalle forze israeliane altri quattro palestinesi tra cui due minori: al-Lada’a di 17 anni e Mohamed Faiz Balhan di 15 anni.
La gente del posto afferma che questi raid, che hanno portato all’arresto di oltre 100 palestinesi, stanno avendo effetti duraturi sui residenti.
Molte vittime di armi da fuoco si ritrovano con disabilità a vita e i bambini del campo sono traumatizzati.
Durante l’ultimo raid, i proiettili israeliani hanno ferito 13 persone e altre 14 sono state arrestate. I soldati hanno anche sfondato porte, saccheggiato e distrutto case e usato granate assordanti, provocando il panico nei quartieri.
“I cecchini hanno sparato a chiunque si muovesse per le strade”, ha detto a MEE Jamal Aweidat, capo del comitato popolare di Aqbat Jaber.
“Nessuno sapeva cosa fare; molti bambini erano così spaventati che durante il raid hanno bagnato i pantaloni “.
Complessivamente, quest’anno il fuoco israeliano ha ucciso almeno 118 palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est, tra cui 18 minori. Altre 34 persone sono state uccise nella Striscia di Gaza, di cui sei minori.
Nello stesso periodo i palestinesi hanno ucciso almeno 19 israeliani.
Se si mantenesse l’attuale tasso di uccisioni entro la fine del 2023 il bilancio delle vittime palestinesi in Cisgiordania potrebbe risultare ben superiore alle 280 vittime, il che segnerebbe un aumento del 67% rispetto al conteggio dello scorso anno di 167, che era già il più alto registrato in quasi due decenni.
Incursioni controproducenti
I media israeliani affermano che le operazioni ad Aqbat Jabr mirano a reprimere una ripresa della resistenza nel campo.
Tuttavia Saleh Sanhourie, attivista politico e sociale, ha affermato che invece di soffocare la crescita dei gruppi armati, l’intensità e la frequenza delle operazioni militari stanno avendo l’effetto contrario.
“Questa quarta generazione di rifugiati non vede un futuro per sé sotto l’occupazione e, nonostante gli attacchi in corso, non hanno nessun altro posto dove andare. Quindi si stanno orientando verso la resistenza armata”, ha detto Sanhourie a MEE.
“Non appartengono a nessun partito politico e non sono finanziati da nessuno”, ha aggiunto.
Sanhourie e Aweidat sottolineano che i media occidentali omettono di mostrare lo squilibrio di potere tra l’equipaggiatissimo esercito israeliano che attacca un piccolo gruppo di giovani che spendono i pochi soldi che hanno per comprarsi le armi.
“È così che giustificano le uccisioni e gli attacchi quando in realtà hanno trasformato le nostre case in zona di guerra”, dice Sanhourie.
“Usano contro di noi bulldozer, razzi, aerei da combattimento, droni e un grande dispiego di soldati armati “.
Misure punitive
Oltre all’incremento di violenza militare nel campo Israele decreta regolarmente misure punitive contro i civili, come la revoca dei permessi di lavoro ai residenti del campo.
“Chiunque abbia un parente che sia stato ucciso o messo in prigione viene punito”, dice Sanhourie.
“Ci stanno punendo tutti, il che sta affossando la nostra economia”, aggiunge l’attivista, sostenendo che Israele vuole suscitare nella comunità del risentimento verso coloro che resistono.
Tuttavia ad Aqbat Jabr sta ottenendo l’effetto opposto, poiché tutti nel campo sono consci che “Insieme restiamo forti, in sintonia “.
La politica delle punizioni collettive è estesa anche a Gerico, popolare meta turistica attraversata dai viaggiatori in visita in Cisgiordania.
Quest’anno le forze israeliane hanno messo Gerico sotto assedio due volte per settimane, sottraendo al settore del turismo decine di milioni di dollari secondo le stime ufficiali palestinesi.
La situazione nel campo profughi di Aqbat Jabr non è unica.
Le forze israeliane prendono sempre più di mira i campi profughi in tutta la Cisgiordania occupata, come si è visto nel campo profughi di Jenin, nel campo profughi di Nur Shams a Tulkarem e nel campo profughi di Shuafat a Gerusalemme.
Ma mentre i raid diventano sempre più letali e intensi sembrano emergere sempre più gruppi armati, che sfidano l’occupazione israeliana e probabilmente affronteranno ulteriori violenze da parte dei militari.
(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)