Il mondo universitario israeliano si unisce alla repressione contro il dissenso

Una manifestazione nel 2018 nella Università di Tel Aviv di commemorazione della Nakba. Foto: (Yossi Zeliger/Flash90)
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Mariam Farah 

3 dicembre 2023 – +972 magazine

Dal 7 ottobre nelle università israeliane gli studenti e i docenti palestinesi ed ebrei di sinistra sono stati sospesi, arrestati e intimiditi per le loro opinioni

L’8 ottobre, il giorno dopo che Hamas aveva lanciato un attacco di sorpresa su vasta scala nel sud di Israele, Bayan Khatib ha postato su Instagram un video in cui si vedeva una padella di shakshuka [uova al tegamino con pomodoro, ndt.] che aveva preparato. La ventitreenne palestinese con cittadinanza israeliana, studentessa dell’Istituto Technion di Haifa e per sua stessa ammissione pessima cuoca, ha orgogliosamente sottotitolato il post “Presto mangeremo shakshuka della vittoria,” insieme all’emoticon di una bandiera palestinese.

Interpretando l’uso della bandiera palestinese e la parola “vittoria” come un indicatore del sostegno ad Hamas, i compagni di università di Khatib hanno fatto circolare il post e chiesto che venisse punita sia dall’università che dalle autorità statali.

Le denunce sono state prese sul serio. Il 25 ottobre Khatib è stata arrestata per sospetto incitamento. Ha passato una notte in carcere, condividendo una cella per quattro persone con altre otto donne palestinesi, tutte arrestate dopo che colleghi ebrei israeliani le avevano denunciate alla polizia per sedizione. Il giorno dopo Khatib è stata inviata agli arresti domiciliari.

Una denuncia contro Khatib era stata presentata anche al Technion. La discussione sul suo caso si è tenuta il 9 novembre. Pur avendo chiesto assistenza a docenti dell’università via mail e telefonate, Khatib afferma di non aver ricevuto risposta. È stata sospesa dagli studi sebbene i procedimenti disciplinari nei suoi confronti siano in corso.

Khatid dice a +972 di non essersi mai sentita così a rischio come ora per la sua identità. “Solo essere palestinese e aver esibito simboli della mia origine è diventato causa di sospetto, facendomi sentire intrinsecamente colpevole,” afferma. “Le accuse contro di me sono assurde, solo in base a un video con la shakshuka.”

Studenti e professori palestinesi subiscono da molto tempo razzismo, discriminazioni e soprusi nelle università e nei college israeliani, ma le settimane successive al 7 ottobre hanno visto un significativo aumento dei casi. La repressione della libertà di espressione da parte delle autorità israeliane, che colpisce anche gli ebrei israeliani di sinistra, ha creato un’atmosfera di timore che intende far tacere ogni dissenso per i continui bombardamenti dell’esercito israeliano contro la Striscia di Gaza.

Secondo l’Unione degli Studenti Arabi, dal 7 ottobre circa 160 palestinesi che studiano nelle università e nei college israeliani hanno subito procedimenti disciplinari con l’accusa di sostenere il terrorismo, organizzazioni terroristiche o di incitare al terrorismo.

Nel contempo Adalah, centro legale palestinese con sede ad Haifa, informa di essere stato contattato in questo periodo da 113 studenti arabi e 33 diverse istituzioni accademiche israeliane per chiedere assistenza giuridica. Adalah inoltre nota che in circa metà dei casi di cui è a conoscenza alcuni studenti sono stati temporaneamente sospesi ancor prima che iniziassero i procedimenti disciplinari; in 8 casi gli studenti sono stati espulsi senza una discussione del caso.

L’Unione informa che studenti arabi sono stati arrestati semplicemente per aver scritto o “apprezzato” post innocui sulle reti sociali. Per esempio, secondo l’Unione l’arresto di quattro studenti al college della Galilea occidentale il 19 novembre è avvenuto in modo particolarmente “crudele”, con l’intenzione di umiliarli e perpetrare una politica di intimidazioni.

Forse ancora più allarmanti sono state le persecuzioni di studenti palestinesi da parte dei loro colleghi ebrei. Poco dopo l’inizio della guerra l’Unione Nazionale degli Studenti Israeliani ha chiesto l’immediata sospensione di chiunque abbia espresso adesione agli attacchi di Hamas e ha incoraggiato gli studenti a denunciare in modo anonimo i sospettati di appoggiare il terrorismo.

Questo invito ha aumentato terribilmente il rischio di violenza fisica. Il 28 ottobre una folla di ebrei israeliani estremisti si è riunita fuori dai dormitori degli studenti arabi nel college di Netanya gridando “morte agli arabi”. La polizia ha dovuto impedire alla folla di irrompere nell’edificio e alla fine gli studenti minacciati sono stati evacuati per la loro sicurezza.

Insieme ad Adalah l’Unione degli Studenti Arabi ha fatto pressioni per un’indagine sull’attacco al college di Netanya. Ha anche chiesto ai dirigenti delle università israeliane di fornire una maggiore protezione agli studenti palestinesi e di riaccogliere quelli che sono stati sospesi, incoraggiando docenti arabi ed ebrei progressisti a intervenire contro azioni punitive ingiustificate.

L’Unione ha anche preso un’iniziativa inconsueta per ottenere un intervento esterno, contattando università e donatori stranieri legati alle istituzioni israeliane sollecitandoli ad aiutare gli studenti palestinesi e anche chiedendo all’UE di riconsiderare la sua collaborazione con il ministero dell’Educazione israeliano.

Tossicità e persecuzione

La persecuzione dei palestinesi nelle università israeliane non si limita agli studenti. Anche il personale docente sta affrontando accuse simili. Il 9 ottobre 25 professori dell’università di Haifa, tra cui il vice-rettore, hanno inviato una lettera riservata al rettore, il professor Gur Alroey, manifestando preoccupazione riguardo alla sospensione di cinque studenti il giorno precedente. Hanno sostenuto che l’università non aveva seguito il suo regolamento amministrativo né spiegato le proprie decisioni.

In una lettera, che in seguito è stata resa pubblica, Alroey ha risposto ai docenti ammonendoli per il loro presunto sostegno agli studenti che ha accusato di appoggiare Hamas o il terrorismo. Il rettore ha persino chiesto le dimissioni del suo vice, ma in seguito ha ritirato la richiesta.

Ameed Saabneh, un importante studioso palestinese dell’università di Haifa e uno degli autori della lettera al rettore, dice a +972 che l’università non ha l’autorità di sospendere gli studenti dai loro corsi. “Solo le commissioni di controllo hanno il potere di prendere decisioni relative la sospensione degli studenti,” chiarisce.

Saabneh spiega che dopo che l’incidente è stato reso noto l’atmosfera all’università è diventata tesa. “I rapporti tra gli studenti si sono avvelenati, erodendo il tono in precedenza corretto delle discussioni,” afferma. “Sono stato informato dai miei studenti che si sentono perseguitati dai loro colleghi, dall’Unione degli Studenti e dall’amministrazione dell’università.”

La situazione ha creato una “crisi di fiducia” tra i professori e i loro studenti, continua Saabneh. “L’aspetto più preoccupante è che gli studenti hanno iniziato a mandare lettere al capo dipartimento minacciando di boicottare i docenti che hanno firmato la lettera al rettore,” afferma.

Secondo un recente rapporto dell’Accademia dell’Uguaglianza [associazione di base che promuove pari diritti tra le varie comunità nell’istruzione superiore israeliana, ndt.] dal 7 ottobre almeno sei professori e assistenti delle istituzioni accademiche israeliane hanno dovuto affrontare azioni disciplinari per presunto incitamento al terrorismo o appoggio a organizzazioni terroristiche. In seguito a ciò alcuni di loro sono stati licenziati.

Una degli accademici presi di mira è Nadera Shalhoub-Kevorkian, docente di criminologia alla facoltà di Legge dell’Università Ebraica e alla Queen Mary University di Londra. Il mese scorso, insieme ad altri 3.000 accademici e studenti di tutto il mondo specializzati nello studio dell’infanzia, ha firmato una petizione che critica l’aggressione israeliana contro i minori palestinesi, chiede un immediato cessate il fuoco e la fine del “genocidio” a Gaza.

Pochi giorni dopo ha ricevuto una lettera da Asher Cohen, il preside dell’Università Ebraica, che la accusa di “Incitamento contro lo Stato di Israele”, minacciandola di azioni legali e invitandola a dimettersi. Cohen ha condiviso la lettera con altri membri del personale dell’università ed è diventata popolare sulle reti sociali. Subito dopo Shalhoub-Kevorkian ha iniziato a ricevere minacce in rete.

Il suo avvocato, Alaa Mahajna, ha accusato Cohen di aver distorto i contenuti della petizione ed ha affermato che l’università avrebbe potuto essere perseguita per aver violato il diritto del lavoro e aver provocato minacce contro un membro del personale docente. Egli ritiene che l’università abbia chiesto le dimissioni di Shalhoub-Kevorkian solo sulla base delle sue opinioni politiche, cosa che ritiene una pericolosa fuga in avanti senza precedenti.

In risposta alla richiesta di un commento, il direttore delle comunicazioni internazionali dell’università ha affermato: “La lettera (del preside) parla da sé.” Finora Shalhoub-Kevorkian si è rifiutata di presentare le sue dimissioni.

Warda Sada, un’educatrice e pacifista, ha dovuto affrontare una persecuzione simile. È stata rimossa dal suo incarico presso il Kaye Academic College of Education a Be’er Sheva dopo che uno studente ha pubblicato alcuni dei suoi post sulle reti sociali prima e dopo la guerra. A quanto dice Sada, tutti questi post condannano la violenza da entrambe le parti e sono contro la guerra e l’uccisione di civili. Il Kaye College è generalmente noto per promuovere un contesto educativo multiculturale e multilinguistico e si vanta della diversità dei suoi studenti e docenti, che riflette la diversità etnica della regione del Naqb/Negev.

“Come educatrice con 30 anni di esperienza sul campo e 28 all’università non avrei mai pensato che la persecuzione accademica avrebbe raggiunto questi estremi,” dice Sada a +972. “La nostra responsabilità come docenti è promuovere il pensiero critico, incoraggiare la ricerca e mettere in pratica le teorie che insegniamo. Noi, come educatori, miriamo a trasmettere un messaggio al mondo, a sostenere i colleghi insegnanti ad esprimere liberamente le proprie idee.”

L’epurazione ha colpito anche gli accademici ebrei. Uri Horesh, docente di linguistica araba all’ Achva Academic College, nei pressi di Ashdod, dice a +972 che il 15 ottobre, mentre si trovava a New York, ha ricevuto una mail dal college con una contestazione riguardante un post di Facebook in cui compariva la frase “Liberare il ghetto di Gaza.” Horesh inizialmente aveva condiviso il post un mese prima, ma lo ha ripostato dopo l’inizio della guerra.

“Il college ha travisato il senso del mio post, affermando che ho apertamente appoggiato un’azione terroristica,” ha detto Horesh. “Mi hanno accusato di infangare la reputazione del college.”

Il 23 ottobre Horesh ha scoperto di non avere più accesso al collegamento in rete dell’università e che il suo nome era stato rimosso dal sito web del college. Non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di essere stato sospeso. Una settimana dopo gli è stato chiesto di assistere a un’audizione disciplinare. Si è rifiutato, affermando che il procedimento era illegittimo e che le sue opinioni politiche personali sono irrilevanti per il suo datore di lavoro. Qualche giorno dopo ha ricevuto una lettera dal college che confermava il suo licenziamento e che minacciava di trattenergli lo stipendio (anche se alla fine è stato pagato).

Horesh nota che molti dei suoi studenti sono cittadini palestinesi di Israele e che il suo licenziamento non è stato solo un colpo per lui ma anche per loro, un messaggio intimidatorio che scoraggia dal condividere le loro opinioni. Benché avesse previsto il ritorno in Israele il giorno in cui ha ricevuto la prima contestazione, Horesh teme di essere arrestato all’arrivo e quindi ha rimandato il suo ritorno a tempo indeterminato.

Accuse collettive contro tutti gli arabi”

L’anno accademico in Israele avrebbe dovuto iniziare l’8 ottobre, ma lo scoppio della guerra il giorno prima ha comportato che i corsi sono stati posticipati e ripetutamente rinviati. Secondo una recente dichiarazione dell’Associazione dei Presidi delle Università il prossimo obiettivo è iniziare il 24 dicembre, ma farlo richiede prima la smobilitazione dei riservisti dell’esercito.

Mentre questa data si avvicina, ci sono timori riguardo a come sarà l’atmosfera, soprattutto per gli studenti e i docenti palestinesi. Una recente inchiesta ha rilevato che il 17% degli studenti arabi interpellati ha espresso dubbi se iniziare l’anno o di non aver intenzione di farlo, principalmente per ragioni economiche e legate alla sicurezza.

Tra queste crescenti pressioni la Commissione di Monitoraggio dell’Educazione Araba [creata dagli enti locali dei comuni arabo-israeliani, ndt.] ha manifestato timori riguardo all’imminente anno accademico. Il 27 novembre l’istituzione ha inviato una lettera a Varda Ben Shaul, direttore generale del Consiglio per l’Educazione Superiore in Israele, evidenziando i pressanti problemi psicologici, sociali ed economici sollevati da questa nuova situazione e chiedendo un immediato programma specifico per sostenere gli studenti arabi e favorire il loro impegno nell’educazione superiore. La lettera sottolinea anche la necessità di collaborare con le istituzioni educative e con importanti ministeri per affrontare i problemi di soprusi e razzismo e chiede formalmente un incontro con Shaul per risolvere in modo attivo le questioni attuali e future.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)