No, per la Palestina e il Medio Oriente Trump non sarà peggio di Biden

Trump e Netanyahu prima di firmare gli accordi di Abramo il 15 settembre del 2020 Foto: Tom Brenner/Reuters
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Muhannad Ayyash – Professore di sociologia alla Mount Royal University di Calgary, Canada.

11 novembre 2024 – Al Jazeera

Perché l’amministrazione Biden ha semplicemente continuato la politica estera della prima amministrazione Trump nella regione.

All’indomani della vittoria elettorale dell’ex-presidente degli Stati Uniti Donald Trump, molti osservatori hanno previsto che la sua amministrazione sarebbe stata di gran lunga peggiore per la Palestina e il Medio Oriente. La sua retorica filo-israeliana e le sue minacce di bombardare l’Iran, dicono, sono indicative delle sue intenzioni in politica estera.

Ma un più attento esame della politica estera statunitense negli ultimi otto anni rivela che non cambierà niente di sostanziale per il popolo palestinese e per la regione nel suo insieme. L’amministrazione del presidente Joe Biden infatti ha di fatto continuato le politiche della prima presidenza Trump senza significativi cambiamenti. Certo, ci potrebbero essere sorprese e sviluppi imprevisti, ma la seconda amministrazione Trump continuerà nella stessa direzione che ha stabilito già nel 2017 e che Biden ha deciso di mantenere nel 2021.

Questa politica estera ha tre elementi principali. Il primo è la decisione di abbandonare ogni residua finzione circa il sostegno statunitense a favore di una “soluzione a due Stati”, in virtù della quale la Palestina godrebbe di piena autodeterminazione e sovranità all’interno dei confini del 1967 e avrebbe Gerusalemme Est come capitale.

La prima amministrazione Trump ha chiarito questo punto spostando l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, accettando l’annessione israeliana di territori palestinesi, incentivando l’espansione degli insediamenti coloniali illegali e sostenendo la creazione di una “entità palestinese” priva di sovranità.

Quello che l’amministrazione Trump ha offerto ai palestinesi è un po’ di sostegno economico in cambio della rinuncia ai loro diritti politici e aspirazioni di autodeterminazione.

Mentre l’amministrazione Biden ha sostenuto a parole la “soluzione a due Stati”, essa non ha fatto niente per promuoverne la realizzazione. Anzi, essa ha continuato le politiche avviate dall’amministrazione Trump che pregiudicano tale soluzione.

Biden non ha chiuso l’ambasciata statunitense a Gerusalemme e non ha fatto nulla per fermare l’espansione delle colonie o per contrastare gli sforzi israeliani tesi all’annessione di ampie porzioni della Cisgiordania occupata. Sebbene siano state applicate alcune sanzioni a coloni israeliani come singoli individui, si è trattato in gran parte di una mossa simbolica che non ha ostacolato il progredire degli insediamenti coloniali o l’espulsione dei palestinesi dalle loro case e dalle loro terre.

Inoltre l’amministrazione Biden ha accettato l’idea che qualsivoglia futuro Stato palestinese non avrà pieni diritti di autodeterminazione e sovranità.

Lo possiamo asserire perché l’amministrazione Biden sostiene che si può arrivare a uno Stato palestinese soltanto “attraverso negoziati diretti tra le parti”. Ma poiché Israele ha fatto capire sia a livello politico che legislativo che non accetterà mai uno Stato palestinese, la posizione dell’amministrazione Biden significa di fatto il rifiuto dell’autodeterminazione e della sovranità palestinesi.

Il secondo elemento della politica estera Trump-Biden è l’avanzamento della normalizzazione dei rapporti tra mondo arabo e Israele attraverso gli Accordi di Abramo. La prima amministrazione Trump ha avviato questo percorso con accordi di normalizzazione tra Israele e Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. L’amministrazione Biden ha seguito con decisione questo percorso, profondendosi in sforzi considerevoli per normalizzare le relazioni tra Israele e Arabia Saudita. Non fosse per il genocidio in corso da un anno, ormai questo accordo di normalizzazione sarebbe già stato ottenuto.

Il percorso degli Accordi di Abramo comporta essenzialmente che gli Stati arabi riconoscano la piena sovranità di Israele sulla Palestina storica, mettendo fine alle rivendicazioni di restituzione e giustizia per il popolo palestinese. Esso negherebbe ai palestinesi il diritto al ritorno e abolirebbe lo status di rifugiato per i profughi palestinesi. Esso inoltre garantirebbe legittimazione e riconoscimento da parte del mondo arabo a un’entità palestinese creata su un territorio compreso tra il 5 e l’8 per cento della Palestina storica, dotata di limitata autonomia amministrativa e priva di ogni diritto all’autodeterminazione.

Il terzo elemento della politica Trump-Biden è il contenimento dell’Iran. L’amministrazione Trump ha notoriamente cancellato il Piano d’azione congiunto globale (JCPOA), che garantiva l’attenuazione delle sanzioni in cambio di limiti al programma nucleare iraniano. Essa ha inoltre imposto all’Iran sanzioni più severe e ha tentato di isolarlo politicamente ed economicamente. L’amministrazione Biden non ha ripristinato il JCPOA e ha mantenuto le stesse sanzioni contro l’Iran.

Per di più essa ha anche continuato a promuovere la strategia di Trump per l’instaurazione di un nuovo assetto economico e di sicurezza nella regione tra Israele e Stati arabi, tale da garantire gli interessi degli Stati Uniti e isolare l’Iran.

Se dovesse concretizzarsi, questo patto rafforzerebbe la capacità degli Stati Uniti di proiettare la propria potenza militare, garantirebbe loro l’accesso a risorse energetiche e rotte commerciali di primaria importanza e indebolirebbe la resistenza all’imperialismo statunitense, cosicché gli Stati Uniti si troverebbero in una posizione migliore per affrontare non solo l’Iran ma anche la Cina e altri avversari.

Così, in sintesi, nonostante le vuote dichiarazioni e il preteso impegno per i diritti umani, l’amministrazione Biden non ha fatto nulla di diverso dal suo predecessore. Entrambe le amministrazioni hanno lavorato negli ultimi otto anni per mettere fine alla lotta palestinese per l’autodeterminazione e la piena sovranità e creare un Medio Oriente in cui Israele gioca un ruolo economico e militare ancora più preminente nella difesa degli interessi imperiali statunitensi.

L’amministrazione Biden si è spinta ancora più in là, permettendo a Israele di trasformare il suo genocidio da lento in accelerato, laddove i palestinesi sono sterminati in numeri inimmaginabili e ampie porzioni di Gaza spopolate.

Sulla base dei proclami durante la campagna elettorale di Trump durante la campagna elettorale e dei consiglieri, finanziatori e sostenitori di cui si è circondato, ci sono tutte le ragioni per credere che la sua seconda amministrazione continuerà a spingersi in avanti lungo questo percorso bipartisan per eliminare la “Questione palestinese” una volta per tutte.

Possiamo aspettarci di vedere più sostegno incondizionato a Israele mentre annette ufficialmente la maggior parte della Cisgiordania, la colonizzazione israeliana permanente di parti della Striscia di Gaza, l’espulsione di masse di palestinesi con la scusa di perseguire “pace, sicurezza e prosperità” e l’avanzamento dell’integrazione economica e securitaria di Israele nella regione per indebolire l’Iran e i suoi alleati, Cina inclusa.

Coloro che intralciano questo piano sono il popolo palestinese con le sue aspirazioni nazionali di libertà ed emancipazione e autonomia così come altre nazioni nel mondo arabo che sono stanche di guerra, violenza politica, repressione e impoverimento.

L’amministrazione Trump tenterà di occuparsi di questa resistenza comprandola con incentivi economici e minacce di violenza e repressione. Ma questo approccio avrà – come ha sempre avuto – un impatto limitato.

La resistenza a questi piani continuerà perché i palestinesi e altri nella regione capiscono che rinunciare al proprio diritto alla giustizia significa rinunciare alla propria stessa identità di essere umano libero e provvisto di dignità. E le persone preferirebbero subire le minacce dell’impero piuttosto che rinunciare alla propria umanità.

Ciò significa che in ultima istanza non solo la resistenza continuerà, ma probabilmente crescerà e si intensificherà, portando il mondo più vicino a un periodo di grandi guerre – l’esatto opposto di ciò per cui gli americani hanno votato alle elezioni del 5 novembre.

I palestinesi, insieme ad altre nazioni nella regione e, in una certa misura, agli americani comuni, soffriranno le conseguenze di una politica estera bipartitica che ha messo gli Stati Uniti sulla via fondamentalmente essenzialmente distruttiva del genocidio e della guerra.

Le posizioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)