Centinaia di scrittori israeliani chiedono a Netanyahu di porre fine alla guerra a Gaza e garantire il rilascio dei prigionieri

Le macerie di un edificio bombardato nel campo profughi di Jabalia il 13 aprile 2025 . Foto: Mahmoud İssa – Anadolu Agency
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Redazione di Middle East Monitor

15 aprile 2025 – Middle East Monitor

Oltre 350 letterati israeliani hanno firmato una lettera aperta che esorta il primo ministro Benjamin Netanyahu a porre fine alla guerra a Gaza e a garantire il ritorno dei 59 prigionieri israeliani rimasti.

I firmatari, che rappresentano un’ampia fetta della comunità letteraria israeliana, accusano Netanyahu di ostacolare deliberatamente un potenziale accordo con Hamas che garantirebbe un cessate il fuoco e il rilascio dei prigionieri, sostenendo che egli stia privilegiando la propria sopravvivenza politica rispetto agli interessi nazionali e umanitari.

“Hamas ha proposto un accordo per la restituzione degli ostaggi, il rilascio dei prigionieri e un cessate il fuoco. Il primo ministro ha delineato un accordo scandito in diverse fasi, ma negli ultimi diciassette mesi ha fatto tutto il possibile per ostacolarlo, temendo che la fine della guerra avrebbe significato la fine del suo governo e della sua libertà come imputato”, si legge nella lettera.

Gli scrittori lo accusano di prolungare la guerra per motivi personali, mettendo a rischio prigionieri, soldati e civili. Criticano inoltre il primo ministro per aver minato i valori democratici di Israele e eroso” la coesione sociale.

“Sta erodendo la responsabilità reciproca, l’uguaglianza e la giustizia, trasformandoci da cittadini alla pari in una democrazia funzionante a sudditi di una teocrazia autoritaria, in cui siamo obbligati a prestare servizio nell’esercito, a sacrificare i nostri figli all’idolo al potere, ma ci vengono negati pari diritti, responsabilità reciproca e la giustizia e sicurezza che uno Stato democratico deve ai suoi cittadini”.

La lettera evidenzia anche il crescente risentimento per il sostegno di Netanyahu a politiche che esentano le comunità ultraortodosse dal servizio militare ma al contempo condannano i riservisti che protestano contro la guerra, definendo questo atteggiamento un tradimento della responsabilità nazionale condivisa.

“Gli atti che vengono compiuti a Gaza e nei territori occupati non sono fatti in nostro nome, ma ricadranno comunque sulla nostra coscienza. Le chiediamo di fermare immediatamente la guerra, di riportare a casa tutti gli ostaggi e di tracciare un percorso futuro per Gaza che sia internazionale e concordato”, aggiungono.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)