Calano gli interventi delle FDI [esercito israeliano, ndt] sui media, ma rimane in vigore una notevole autocensura

Giornalisti si riparano da attacchi durante la marcia delle bandiere a Gerusalemme Est il 18 maggio 2023. Foto:Oren Ziv
image_pdfimage_print

Haggai Matar

18 settembre 2023 – +972 Magazine

Anche se è scesa al minimo in 12 anni, la censura militare israeliana viola ancora la libertà di stampa e impedisce a informazioni fondamentali di raggiungere il pubblico.

L’anno scorso la censura militare israeliana ha bloccato la pubblicazione di 159 articoli sui mezzi di comunicazione israeliani e ne ha censurati parzialmente altri 990. In totale l’esercito ha impedito all’informazione di arrivare al pubblico con una media di tre volte al giorno, oltre all’effetto dissuasivo che la sola esistenza della censura impone sul giornalismo indipendente che cerca di svelare gli errori del governo. I dati sulla censura sono stati forniti dal censore militare in risposta a una richiesta presentata da +972 Magazine e dal Movimento per la Libertà di Informazione in Israele sulla base della legge sulla libertà di informazione.

Nel 2022, per il quarto anno di fila, la percentuale di interventi del censore militare israeliano è scesa al livello più basso dal 2011, quando +972 ha cominciato a raccogliere dati sulle attività del censore. Nell’ultimo decennio ci sono un minimo di 2.358 interventi l’anno nei rapporti sui media del censore, ma normalmente sono molto di più: le cifre del 2022 sono “solo” di 1.149 articoli censurati, un calo del 20% dal 2021.

Secondo Or Sadan, un giurista del Movimento per la Libertà di Informazione in Israele, la sola esistenza di questa censura ha un effetto dissuasivo, una delle principali ragioni del calo di quest’anno. Un altro possibile fattore è stato il cambio al vertice dell’unità di censura: Ariella Ben Avraham, la direttrice della censura durante i suoi anni di picco e che ora lavora presso il NSO Group, ha lasciato il suo posto nel 2022 e la carica è ora coperta da Kobi Mandelblit.

C’è anche stato un notevole calo del numero di articoli che i vari media hanno presentato all’esame del censore. Negli ultimi dieci anni sono stati presentati 11–14.000 articoli all’anno, mentre l’anno scorso sono stati 5.916. Questa diminuzione può forse essere spiegata con un minore interesse in delicate questioni legate alla sicurezza o come risposta al ridotto intervento del censore e al calo delle proibizioni di pubblicazione di articoli. 

La legge israeliana che obbliga i giornalisti a sottomettere al censore militare tutti gli articoli se parlano di temi legati alla sicurezza comprende sei pagine fitte di sotto-argomenti ed è quindi molto ampia. I media dibattono ogni giorno su cosa mandare al censore, una decisione che alla fine spetta al direttore.

Il censore può anche prendere l’iniziativa di rimuovere informazioni che sono già uscite sui vari media o sui social e Ben Avraham ha persino tentato di costringere noti blogger e autori in rete che non sono giornalisti a mandarle i testi prima della pubblicazione. Comunque, a differenza degli anni precedenti, quest’anno il censore militare ha respinto la nostra richiesta di classificare in categorie le sue statistiche per chiarire se ha censurato testi che erano stati presentati o se è intervenuto per rimuovere informazioni già pubblicate.

Il censore non ha fornito altre statistiche che avevamo richiesto, tra cui i dettagli delle sue attività mese per mese, i motivi dell’intervento o i mezzi di comunicazione coinvolti. Non abbiamo neanche ricevuto dati su quanti articoli negli archivi nazionali israeliani che non erano originalmente nell’ambito del censore sono stati rimossi dall’accesso pubblico o secretati. Il censore ha solo confermato che l’anno scorso gli sono stati sottoposti per il controllo 2.670 documenti presenti negli archivi e che “la stragrande maggioranza” sono stati resi pubblici senza tagli, il che svela poco sulle attività del censore negli archivi.

Nonostante il calo riportato dalle statistiche che il censore ha condiviso, la sola esistenza di un censore militare resta un enorme scostamento dalle norme democratiche basilari. Israele è il solo Paese che si vanta della sua appartenenza al circolo delle democrazie occidentali che esercita una censura così aggressiva contro giornalisti, scoraggiando nei fatti i redattori dall’affrontare tematiche fondamentali per le vite dei cittadini.

L’opinione pubblica deve sapere che ci sono parti delle informazioni che i giornalisti vorrebbero divulgare ma che sono bloccate dal censore,” dice Sadan. Per arrivare a tale scopo Sadan, il Movimento per la Libertà di Informazione in Israele, e +972 hanno collaborato per “sensibilizzare l’opinione pubblica sul numero di casi in cui è stato violato il diritto del dell’opinione pubblica a sapere,” continua Sadan. Così facendo, aggiunge, le richieste di informazioni sulle attività del censore “permette controlli a lungo termine che riducono il timore di abusi da parte di questa autorità.”

Anche se il censore militare continua a violare la libertà di stampa, le sue attività sono diventate sempre di più superflue, persino assurde, in un’era in cui chiunque può postare informazioni online e ottenere una vasta circolazione o accedere a informazioni pubblicate altrove per bypassare la censura. Per esempio, quando ai mezzi di informazione israeliani era stato inizialmente impedito di rivelare che un ex agente del Mossad, Erez Shimoni, era uno dei morti in un incidente in barca in Italia lo scorso maggio, la notizia aveva fatto il giro del mondo. Alla fine, come avvenuto in altri casi simili, la realtà ha scavalcato gli apparati di sicurezza costringendoli a cedere e permettere alla stampa israeliana di parlare di quello che era già diventata universalmente noto. 

Quest’anno Israele è sceso di 11 posti nell’indice mondiale sulla libertà di stampa compilato da Reporter Senza Frontiere (RSF) dalll’86esimo (su 180) nel 2022 al 97esimo posto nel 2023. Le attività militari del censore sono citate nel documento di RSF su Israele, e le politiche e proposte del nuovo governo sono presentate come la ragione del peggioramento della sua posizione quest’anno. 

In una recente audizione presso il comitato della Knesset sulla censura militare Anat Saragusti, il direttore della Libertà di stampa del sindacato dei giornalisti in Israele, ha segnalato la posizione di Israele nell’indice [stilato da RSF] e, citando i continui reportage di +972, ha evidenziando la crescita dell’uso di ordinanze restrittive in Israele, emanate unilateralmente da giudici su impulso delle istituzioni della sicurezza senza che i giornalisti vi vengano rappresentati. Tale tendenza, ha aggiunto Saragusti, sta causando un significativo incremento nel numero di argomenti che la stampa non può affrontare.

Tuttavia, anche se il lavoro del censore militare continua, esso non interviene nella pubblicazione di articoli sulle attività dell’esercito e dei coloni nei territori occupati, sulla creazione e mantenimento da parte del governo di due sistemi giudiziari separati per ebrei e palestinesi in Cisgiordania, sulla repressione di legittime proteste palestinesi, sui casi penali sorti a causa delle uccisioni di palestinesi da parte dell’esercito su cui normalmente non si fanno indagini, sull’incarcerazione e uccisione di giornalisti palestinesi, nostri colleghi, e così via. La maggior parte dei principali media non parla di questi temi o li tratta in modo fazioso e distorto, non per le restrizioni governative, ma a causa dell’autocensura. 

Haggai Matar è un pluripremiato giornalista israeliano e un attivista politico, oltre ad essere direttore esecutivo di +972 Magazine

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)