Rapporto della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Francesca Albanese*

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Consiglio dei Diritti Umani

Cinquantatreesima sessione

19 giugno–14 luglio 2023 Punto 7 dell’ordine del giorno

 

Situazione dei diritti umani in Palestina e in altri territori arabi occupati

A/HRC/53/59

Nota della Redazione di Zeitun

Alcuni problemi tecnici solamente ora risolti  hanno impedito la pubblicazione del Rapporto prima che venisse divulgata la versione dell’ONU. La traduzione è di Luciana Galliano, Giuseppe Ponsetti e Amedeo Rossi.

Sintesi

Nel presente rapporto Francesca Albanese, relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, rileva che i maltrattamenti arbitrari e deliberati sono inflitti ai palestinesi non solo attraverso pratiche illecite di detenzione, ma anche come un continuum carcerario composto di tecniche di detenzione su larga scala – fisica, burocratica, digitale – oltre alla prigionia. Tali violazioni possono costituire crimini internazionali perseguibili ai sensi dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale e della giurisdizione universale. L’occupazione israeliana è stata lo strumento di conquista del colonialismo di insediamento anche attraverso l’intensificarsi dei metodi di reclusione contro un intero popolo che – come farebbe qualsiasi popolo – si ribella continuamente contro i propri carcerieri.

* La presente relazione è stata presentata dopo la scadenza prevista per riflettere gli sviluppi più recenti.

I – Introduzione

 

  1. In questa relazione Francesca Albanese, Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, espone preoccupazioni relative alla diffusa e sistematica privazione arbitraria della libertà nei territori palestinesi occupati.

 

  1. Nonostante sia stata invitata dallo Stato di Palestina, la Relatrice Speciale non ha potuto visitare il Territorio palestinese occupato prima di presentare questo rapporto a causa del continuo rifiuto di Israele di consentirlel’ ingresso. Ha condotto un’indagine a distanza nell’arco di sei mesi, inclusa una visita in Giordania e incontri e tour virtuali nel territorio palestinese occupato.[1]Il rapporto si basa su queste consultazioni, testimonianze, contributi delle parti interessate e su una completa revisione delle fonti primarie e pubbliche.

 

  1. Un rapporto di 10.700 parole non può esaurire la portata e l’estensione della privazione arbitraria della libertà nel Territorio palestinese occupato, né può trasmettere la sofferenza di milioni di palestinesi che sono stati, direttamente o indirettamente, colpiti. Il rapporto fornisce una visione d’insieme della privazione arbitraria della libertà come strumento chiave del dominio e dell’oppressione da parte di Israele, affrontando principalmente questioni strutturali e la portata del fenomeno.[2]Le violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità palestinesi sono valutate nella misura in cui contribuiscono a rafforzare la morsa del regime imposto dall’occupazione.

 

  1. Il rapporto chiarisce circostanze, norme e processi che portano alla privazione arbitraria della libertà dei palestinesi. La situazione che ne risulta è quella di un’intera popolazione occupata, raffigurata come minaccia alla sicurezza, spesso ritenuta colpevole e punita con l’incarcerazione anche quando tenta di esercitare libertà fondamentali. Il sistema presenta caratteristiche di persecuzione che spesso comportano maltrattamenti dietro le sbarre e sorveglianza fuori dal carcere. Mentre la reclusione in carcere è la forma più grave di privazione della libertà imposta ai palestinesi,uleriori”architetture” fisiche, burocratiche e digitali li rinchiudono spazialmente e psicologicamente. Questa più ampia carcerazione, fatta di una serie di leggi, procedure e tecniche di reclusione coercitiva, trasforma il territorio palestinese occupato in un panottico a cielo aperto costantemente sorvegliato.

 

  1. Un esame di questocontinuumcarcerario – un sistema di controllo composto da livelli multipli e interconnessi di reclusione – sottolinea l’urgenza di porvi fine come richiesto dal diritto internazionale e di garantire sia la responsabilizzazione degli artefici delle violazioni più gravi sia il risarcimento per le vittime.

 

  1. Logica dell’indagine sull’arbitrarietà della privazione della libertà

 

  1. Rilevanza

 

  1. La privazione della libertà è stata un elemento centrale dell’occupazione israeliana sin dal suo inizio. Tra il 1967 e il 2006 Israele ha incarcerato oltre 800.000 palestinesi nei territori occupati.[3]Benchèsia stata incrementata durante le rivolte palestinesi, l’incarcerazione è una realtà quotidiana.[4] Oltre 100.000 palestinesi sono stati detenuti durante la Prima Intifada (1987-1993),[5] 70,000 durante la Seconda Intifada (2000-2006)[6]  e oltre 6.000 durante l’Intifada Unitaria (2021).[7] Circa 7.000 palestinesi, tra cui 882 minorenni, sono stati arrestati nel 2022.[8]  Attualmente quasi 5.000 palestinesi, tra cui 155 minori, sono detenuti da Israele, 1.014 dei quali senza accusa o processo.[9]

 

  1. Gravità documentata

 

  1. Gravi abusi contro i palestinesi sotto custodia israeliana si sono verificati durante tutta l’occupazione israeliana. Sono stati ampiamente documentate la reclusione in celle sporche e affollate, la privazione di sonno e cibo, l’incuria sanitaria, le percosse gravi e prolungate e altre forme di maltrattamento.[10]

 

  1. È stato segnalato l’uso di torture e maltrattamenti contro detenuti e prigionieri palestinesi.[11]Evocando le teorie della “bomba pronta a esplodere” e della “pressione fisica moderata”, l’esecutivo israeliano hasolevato in tribunale la quesitone della “necessità” di utilizzare tecniche che potrebbero equivalere alla tortura per scoraggiare attacchi contro civili israeliani.[12] La tortura rimane un metodo utilizzabile per intimidire e ottenere confessioni o informazioni, principalmente, anche se non esclusivamente, da “sospetti riguardo alla sicurezza”.[13]

 

  1. Il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, che si occupa di casi di palestinesi dal 1992, ha ripetutamente affermato che la diffusa e sistematica privazione arbitraria della libertà può costituire un crimine contro l’umanità.[14]

 

  1. Esperti indipendenti delle Nazioni Unite e importanti organizzazioni per i diritti umani hanno identificato l’uso molto frequente e sistematico di arresti arbitrari, detenzione amministrativa, mancanza di un giusto processo, maltrattamenti e torture da parte di Israele come elementi fondamentali del regime di apartheid imposto ai palestinesi.[15]

 

  1. Livelli di repressione

 

  1. Dalla firma degli accordi di Oslo, l’autogoverno palestinese ha aggiunto un livello di repressione alla vita dei palestinesi sotto occupazione. Arresti e detenzioni arbitrarie da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania e delle autorità della Striscia di Gaza hanno contribuito a soffocare i diritti e le libertà dei palestinesi.[16]

 

  1. Il coordinamento per la sicurezza tra l’ANP e Israele ha creato un coordinamento diretto tra gli apparati di detenzione palestinesi e israeliani. Questa connessione è illustrata da quella che le vittime definiscono la “politica della porta girevole”: una spirale nefasta in cui i palestinesi vengono prima arrestati, interrogati, detenuti e spesso sottoposti a maltrattamenti da parte dell’Autorità Palestinese e poi, una volta rilasciati, dalle forze di occupazione[17]o viceversa.

 

  1. Confinamento dietro e fuori le sbarre

 

  1. L’incarcerazione dei palestinesi è solo uno degli elementi di un paesaggio carcerale più ampio, che si estende oltre la prigione come paradigma di governo del territorio occupato e di confinamento della popolazione.[18]Questo fenomeno si è intensificato in concomitanza con la crescente presenza israeliana (militare e civile) nei territori occupati.[19]La presenza di colonie illegali esaspera sia la discriminazione e la violenza contro i palestinesi, sia la loro criminalizzazione e incarcerazione.[20] A sua volta, impedire gli spostamenti e le libertà dei palestinesi, favorendo la frammentazione, la sorveglianza e la segregazione dello spazio vitale, facilita l’espansione delle colonie.[21] Questo crea un ambiente opprimente che annulla i diritti e, rendendo la popolazione occupata arbitrariamente punibile, erode lo status di civili protetti.[22]

 

 

III. Quadro di diritto internazionale attinente

 

  1. La protezione degli individui dall’“esercizio arbitrario del potere” è una delle maggiori conquiste dell’ordinamento internazionale post-1945.[23]Qualsiasi autorità che eserciti un controllo effettivo su una popolazione deve rispettare il divieto di privazione arbitraria della libertà. Nei Territori Palestinesi Occupati l’illegalità dell’occupazione israeliana esclude qualsiasi titolo legittimo di esercizio dell’autorità su Gaza o sulla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.[24]Tuttavia, quando viene esercitato un controllo di fatto, esso deve essere conforme al quadro normativo applicabile.

 

  1. Il quadro giuridico internazionale applicabile comprende sia i trattati che il diritto internazionale consuetudinario, compreso il diritto internazionale sui diritti umani, le cui tutele “non vengono sospese (…) in caso di conflitto armato”[25]e si applicano a livello extraterritoriale,[26]nonché il diritto penale internazionale. Preso insieme questo corpus normativo stabilisce che la detenzione è considerata arbitraria quando non è fondata su alcuna base legale valida, quando viola le garanzie fondamentali offerte dal diritto internazionale, incluso il diritto a un processo equo, ed è usata in modo discriminatorio.[27]

 

  1. Diritto Umanitario Internazionale

 

  1. La privazione della libertà in situazioni di occupazione ostile è disciplinata dal Regolamento dell’Aia, dalla Terza e dalla Quarta Convenzione di Ginevra, dal Protocollo addizionale I e dal diritto umanitario internazionale consuetudinario. Il controllo israeliano sulla Cisgiordania, compresa la parte orientale di Gerusalemme e la Striscia di Gaza, corrisponde ai parametri dell’esistenza di un’occupazione militare.[28]La presenza di autorità palestinesi non altera l’applicabilità del quadro né assolve Israele dai suoi obblighi in quanto potenza occupante.

 

  1. La Terza e Quarta Convenzione di Ginevra, integrate e arricchite da norme consuetudinarie, prevedono rispettivamente garanzie e procedure per i combattenti catturati e protezione per i civili arrestati o detenuti in territorio occupato.[29]La reclusione di persone protette è consentita solo se “assolutamente necessaria” per la sicurezza del potere occupante o per “ragioni imperative di sicurezza”, e deve rispettare le relative disposizioni della Convenzione.[30]Le persone protette possono essere private della libertà solo dopo un processo equo e imparziale o dopo un’adeguata procedura amministrativa che rispetti la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa legale. Una volta detenute, non devono essere sottoposte a pene corporali e devono avere accesso a cure mediche, cibo e igiene.[31] Il diritto internazionale umanitario consuetudinario rafforza queste garanzie minime, imponendo il rispetto delle garanzie penali e proibendo la discriminazione, la tortura, i trattamenti crudeli e il lavoro forzato.[32] La violazione deliberata di questi obblighi, sia attraverso azioni che omissioni, può costituire una “grave violazione” delle Convenzioni di Ginevra.[33]

 

  1. Legislazione internazionale sui diritti umani

 

  1. La legislazione internazionale sui diritti umani prevede la più ampia protezione contro la privazione arbitraria della libertà. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici protegge le persone dall’arresto arbitrario, dalla detenzione, dai maltrattamenti e dalla tortura e garantisce il diritto a un trattamento umano, a un processo equo (anche attraverso un tribunale indipendente e imparziale), a una difesa legale efficace, alla privacy e alla reputazione.[34]Le deroghe ai diritti civili e politici in tempo di guerra o di emergenza pubblica, se ammesse, devono essere limitate “nella misura strettamente richiesta dalle esigenze della situazione”, non discriminatorie e coerenti con gli altri obblighi della legislazione internazionale.[35]

 

  1. La Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti proibisce l’uso della tortura (l’inflizione di gravi sofferenze fisiche o mentali per estorcere informazioni, confessioni o comminare punizioni) in ogni circostanza, anche durante la guerra o in situazioni di emergenza.[36]Gli Stati devono perseguire le responsabilità per i presunti episodi di tortura.[37]

 

  1. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza proibisce la privazione della libertà per i minori se non come ultima risorsa, per il periodo più breve necessario, e prevede maggiori garanzie rispetto agli adulti.[38]Queste includono l’accesso ad assistenza fisica, psicologica e sociale per riprendersi dagli abusi, dall’abbandono o da situazioni di conflitto armato.[39]

 

  1. Il divieto di privazione arbitraria della libertà è una norma vincolante del diritto internazionale a cui non si può derogare, insieme ai divieti di tortura, di discriminazione razziale e di apartheid.[40]I diritti procedurali fondamentali per la determinazione della legittimità della detenzione e del processo “devono essere rispettati in ogni circostanza”.[41]

 

  1. La legge penale internazionale

 

  1. In determinate circostanze la privazione illegale della libertà e la negazione del diritto a un giusto processo possono costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

 

  1. Ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, “la detenzione o altra grave privazione della libertà fisica in violazione delle norme fondamentali del diritto internazionale” costituiscono un crimine contro l’umanità se commesse come parte di un attacco diffuso o sistematico contro la popolazione civile[42].Per stabilire la responsabilità di questo reato l’illecita privazione della libertà deve essere parte di un attacco contro una popolazione civile, definito come un “comportamento che implica la commissione multipla di atti [proibiti]”[43]. Questi atti devono anche essere compiuti “in virtù o a sostegno di una politica dello Stato o di organizzazione intesa a commettere tale attacco”[44] .

 

  1. Quando questo attacco prende di mira ungruppo specifico o i suoi membri, lo Statuto di Roma qualifica la “privazione intenzionale e grave dei diritti fondamentali contrari al diritto internazionale a causa dell’identità del gruppo o della collettività” come persecuzione, che è un crimine contro l’umanità[45].

 

  1. Il diritto penale internazionale stabilisce la responsabilità penale individuale per “gravi violazioni” delle Convenzioni di Ginevra come i crimini di guerra, quando “commessi nel contesto di un piano o di una politica o di un comportamento su larga scala”[46]. Tali violazioni includono la privazione intenzionale del “diritto a un processo equo e regolare” delle persone protette[47]. Questo crimine di guerra punisce la negazione “di un processo equo e regolare a una o più persone quando non vengono assicurate le garanzie giudiziarie come definite, in particolare, nella Terza e nella Quarta Convenzione di Ginevra.”[48]

 

 

  1. La gestione dell’incarcerazione di massa

 

  1. Sin dall’inizio Israele ha negato l’applicabilità del diritto internazionale nel territorio palestinese occupato. Sostenendo che il territorio è conteso e non occupato[49], Israele ha rifiutato l’unica base legale internazionale per stabilire un tale sistema[50], incluso il dovere di non dichiarare la propria sovranità sui territori occupati, di amministrare il territorio occupato a beneficio della popolazione protetta e della provvisorietà dell’occupazione[51]Affermando che la legislazione internazionale sui diritti umani non si applica al territoriooccupato, Israele deroga ai suoi obblighi internazionali di garantire l’accesso a un processo equo, di rispettare lo jus cogens del divieto di tortura o di trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti e della codificazione certa delle sanzioni penali.

 

  1. Frammentazione della giurisdizione
  2. Le regole alla base della detenzione dei palestinesi nei territori occupati sono radicate in ciò che resta delle leggi ottomane, del mandato britannico, giordano ed egiziano. Questo sistema include la legislazione britannica di emergenza e contro l’insurrezione,[52]leggi promulgate dai palestinesi (nelle aree in cui operano le autorità palestinesi)[53]e leggi promulgate da Israele applicate ai non cittadini.[54]

 

  1. Per quanto riguarda le autorità palestinesi, la Legge fondamentale palestinese (modificata nel 2003) tutela i diritti e le libertàfondamentali, tuttaviail codice penale obsoleto del 1960 e il decreto legge sulla criminalità informatica del 2018 definiscono alcuni reati in senso vago. Ad esempio, come considerata  dal codice penale, la diffamazione può includere l’insulto o la calunnia contro un pubblico ufficiale o un’autorità superiore, la calunnia a mezzo stampa o  la promozione di un “conflitto settario”[55].  Il codice di procedura penale del 2001 si applica sia alla Cisgiordania che alla Striscia di Gaza, dove è in vigore anche l’ordinamento del codice penale britannico del 1936.

 

  1. Per quanto riguarda le forze di occupazione israeliane (d’ora in poi “forze israeliane”), l’adozione dei regolamenti di emergenza britannici ha rafforzato i metodi coloniali nella legislazione militare post-1967[56]. Dal 1967 le forze di occupazione hanno emesso 2.500 ordinanze che controllanoogni minimo aspetto della vitadei  palestinesi:  ordine pubblico e sicurezza, gestione delle risorse naturali, istruzione, trasporti, amministrazione della giustizia, amministrazione fiscale, tassazione, pianificazione e suddivisione in zone[57]. Le ordinanze militari sono state abolite nella Gerusalemme est occupata, dove  rimangono ancora alcuni resti dei regolamenti di emergenza britannici (ancora vigenti in Israele) applicati durante  tutta l’annessione della città da parte di Israele, e in parte nella Striscia di Gaza dove, dal 2005, gli ordini militari impongono il blocco illegale.[58]

 

  1. Questa frammentazione giuridica sottopone i palestinesi a varie forme di oppressione in parti differenti del territorio occupato. Le forze israeliane impongono questo sistema pattugliando i villaggi palestinesi, le strade e gli spostamenti attraverso i posti di blocco israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, e monitorando la barriera, la terra, le acque del mare e lo spazio aereo di Gaza. Raccogliendo informazioni e dirigendo operazioni sotto copertura, il servizio di sicurezza generale israeliano (ShinBet), costituisce parte integrante dell’establishment della sicurezza israeliana[59]. Gli apparati di sicurezza delle autorità palestinesi operano in Cisgiordania (principalmente in città palestinesi nell'”Area A” in base agli Accordi di Oslo) e nella Striscia di Gaza. Di conseguenza in Cisgiordania i palestinesi possono essere arrestati dalle forze israeliane o dall’Autorità palestinese; a Gerusalemme est possono essere arrestati solo da Israele; nella Striscia di Gaza, possono essere arrestati dalle autorità de facto e da Israele nella zona di confine e nel mare di Gaza[60]. Quindi, il destino dei palestinesi è determinato da dove si trovano, da chi li arresta e per chi le loro azioni sono considerate una ‘minaccia’.

 

  1. Per i palestinesi nei territori occupati, e solo per loro, le forze israeliane concentrano nelle loro mani funzioni legislative, esecutive e giudiziarie, mentre i militari promulgano, rivedono e applicano le leggi sulla privazione della libertà[61]. In una struttura didiscriminazione istituzionalizzata i tribunali militari impongono leggi militari contro i palestinesi, mentre i tribunali israeliani applicano il diritto ordinario di Israele agli israeliani, compresi i coloni, che diventano così vettori di annessione.[62] Il sistema israeliano di applicazione della legge militare , basato su questo intrinseco dualismo razziale, costituisce il pilastro del regime di apartheid coloniale che prende di mira solo i palestinesi, privandoli dei diritti fondamentali, inclusa l’uguaglianza davanti alla legge[63].

 

  1. Reati che ricadono sotto le ordinanze militari: criminalizzazione delle libertà fondamentali

 

  1. La pratica di Israele di legiferare attraverso ordini militari oltre i limiti di una potenza occupante ai sensi del diritto internazionale[64]ha portato all’applicazione di migliaia di restrizioni illegali sui palestinesi. La privazione della libertà è regolata dalle norme di emergenza e, tra l’altro, dall’Ordine militare 101 del 1967 (istigazione e propaganda ostile) e dall’Ordine militare 1651 del 2009 (sicurezza). Questi ordini creano due principali categorie di reati: reati contro la sicurezza, “minaccia” nei confronti della presenza militare israeliana nel territorio occupato e reati di ordine pubblico, violazione dell’ordine pubblico per manifestazioni non autorizzate e disturbi del traffico. Entrambi comportano condanne severe.

 

  1. Definizioni intenzionalmente vaghe danno luogo a reati tipicamente autoritari, che sono applicabili a discrezione dei soldati, dei pubblici ministeri e dei giudici militari israeliani[65]. Questo sistema ha consentito la punizione dei palestinesi per aver semplicemente espresso le loro opinioni o il loro dissenso, o per essersi opposti pacificamente all’occupazione.

Per esempio:

 

a . L’esercizio della libertà di riunione è punito con dieci anni di reclusione.[66]

Il reato prende di mira riunioni frequenti o di più persone “in cui viene fatto un discorso su un argomento politico, o che può essere interpretato come politico”[67].  Tale pena riguarda chiunque organizzi o anche solo incoraggi a svolgere “un corteo, un’assemblea o una veglia senza permesso”[68] .

 

  1. Forme di partecipazione civica e politica tra cui “sventolare una bandiera, esporre un simbolo […]  scandire uno slogan o qualsiasi atto esplicito simile che esprima chiaramente simpatia” per una delle innumerevoli “organizzazioni ostili” (infra, comma 33. f) sono soggetti a dieci anni di reclusione[69].

 

c . L’appartenenza a qualsiasi organizzazione in cui altri membri commettano reati specifici (come detenere un’arma senza permesso) è punibile con l’ergastolo[70]. I palestinesi subiscono quindi la forma più dura di privazione della libertà basata unicamente sull’affiliazione, senza tener conto delle loro azioni,  della loro consapevolezza o possibilità di prevedere le azioni degli altri. Ciò viola il principio fondamentale secondo cui la responsabilità penale dovrebbe basarsi sulla responsabilità individuale.

 

  1. Qualsiasi “atto o omissione che comporti rischio, danno, pericolo” per la “sicurezza della regione”, o semplicemente il suo “turbamento” è punito conl’ergastolo[71].

 

  1. I contatti e la solidarietà tra palestinesi sono criminalizzati, e viene sancito il dovere di denunciare qualcuno sulla base del mero sospetto[72]. Le ordinanze militari puniscono chiunque fornisca “informazioni, alloggio, […] rifornimenti, mezzi di trasporto” in qualsiasi modo a “qualsiasi persona” quando “vi sia un ragionevole sospetto” che questa persona possa essere “coinvolta in qualsiasi azione volta a nuocere” all’ordine pubblico[73]. La reclusione minaccia anche chiunque “non denunci immediatamente” alle forze di occupazione un’altra persona quando vi può essere “ragionevole motivo di sospettare” che quest’altra persona “abbia intenzione di commettere un reato”[74].

 

  1. Istigazione a delinquere vagamente definita come “qualsiasi tentativo di influenzare l’opinione pubblica in modo che possa recare pregiudizio alla quiete pubblica o all’ordine pubblico”, comporta la repressione di ogni forma di discorso ed espressione politica. Ciò raggiunge il paradosso dellacondanna a dieci anni di reclusioneanche solo per “l’intenzione di facilitare l’esecuzione di un tentativo di influenzare l’opinione pubblica”[75].  Ciò può includere esprimere opinioni (anche sui social media),[76] partecipare a manifestazioni pacifiche, esibire bandiere o emblemi di qualsiasi significato politico, possedere libri vietati o qualsiasi pubblicazione ritenuta avversa dalle forze di occupazione ed esprimere simpatia per le attività o gli scopi di qualsiasi “organizzazione ostile”[77]

 

  1. Esprimere sentimenti contro l’occupazione costituisce unreato, ai palestinesi viene imposta una deferente obbedienza agli occupanti israeliana e rispetto per i loro simboli. “Offendere” in qualche modo “l’onore” di un soldato[78] o comportarsi in modo “offensivo” nei confronti l’esercito israeliano o “uno dei suoi simboli” è punibile con un anno di reclusione[79]. La popolazione occupata è indirettamente soggetta a un dovere di fedeltà all’occupazione stessa paradossale e illegittimo[80].

 

  1. Il lancio di qualsiasi “oggetto”, inclusa una “pietra”,[81]è soggetto adieci anni di reclusione. Il lancio di oggetti “contro un veicolo in movimento con l’intento di nuocere” (anche senza alcun intento di nuocere al conducente, e anche contro veicoli militari blindati) è punito con venti anni di reclusione [82].

 

  1. Entrare in “aree ristrette” in Cisgiordania[83](ovvero “zone militari chiuse”)[84]compresa Gerusalemme est, è soggetto a pesanti vincoli. La violazione di tali norme comporta la reclusione da sette a dieci anni. Ciò limita arbitrariamente e severamente il movimento dei palestinesi all’interno del territorio occupato, anche attraverso le loro stesse comunità. Un esempio calzante è la designazione di Masafer Yatta come ” Zona di tiro 918”, un’area militare ristretta ad uso esclusivo dei soldati israeliani. Di conseguenza, circa 1.200 palestinesi, la metà dei quali minorenni, rischiano il trasferimento forzato illegale.

 

  1. Appartenere, avere “contatti” con o possedere materiali “relativi a” una “organizzazione ostile”, è punibile condieci anni di reclusione[85].Dal 2020, la leadership di tali gruppi può essere punita con venticinque anni o con l’ergastolo[86]. Le organizzazioni ostili sono indicate come “qualsiasi gruppo di persone il cui scopo è minacciare […] l’ordine pubblico in Israele o in una regione occupata” Le organizzazioni ostili sono indicate come “qualsiasi gruppo di persone il cui scopo è compromettere […] l’ordine pubblico in Israele o in una regione detenuta”[87]. La categoria comprende esplicitamente le “associazioni illegali” ai sensi dei Regolamenti sulla Difesa (Emergenza) del 1945, definite come “qualsiasi associazione di persone, strutturata o non strutturata e con qualsiasi nome (se presente) possa essere conosciuto di volta in volta, che (a) per la sua costituzione o propaganda o altrimenti “sostenga, inciti o incoraggi” un numero di atti considerati illegali,  incluso “l’incitamento all’ostilità” nei confronti delle forze di occupazione[88]. Costruita attorno a premesse coloniali, la categoria di “organizzazione ostile” è stata diffusa ovunque, criminalizzando qualsiasi organizzazione che possa opporsi all’occupazione israeliana. sono state considerate criminali 411 organizzazioni, inclusi tutti i principali partiti politici palestinesi, gruppi della società civile e associazioni di beneficenza[89].

 

  1. La legge antiterrorismo israeliana del 2016 ha ulteriormente allargato i già ampi motivi per designare i gruppi palestinesi “organizzazioni terroristiche”,[90]sulla base di comportamenti, o mereintenzioni,  vagamente definiti, etichettati come “atti terroristici”[91]. Identificarsi con, esserne membri e dirigere tali organizzazioni può essere condannato rispettivamente a 3, da 5 a 7 e a 25 anni di reclusione[92]. Nel 2021, questa legge è stata invocata per mettere fuori legge sei organizzazioni palestinesi per i diritti umani, svelando la sua funzione repressiva contro la società civile[93].

 

  1. Questo ambiente coercitivo ha avuto un impatto significativo sugli studenti palestinesi e sulla comunità accademica. In tutte le università palestinesi, fulcri tradizionali delle attività politico-nazionali e dello sviluppo culturale,[94]associazioni di studenti sono state bandite[95]. L’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania ha rispecchiato questo modello, anche se in misura minore, detenendo studenti e altri per opinioni politiche dissenzienti, comprese quelle condivise sui social media[96]

 

  1. Scopo delle leggi militari: sopprimere il diritto all’autodeterminazione

 

  1. I reati e le condanne penali devono rispondere al principio di legalità e ai suoi inviolabili corollari dei diritti umani, e non compromettere la sicurezza e la dignità della popolazione occupata. Mentre un palestinese può effettivamente minacciare la sicurezza e l’ordine pubblico nel territorio occupato, la criminalizzazione onnicomprensiva da parte di Israele mostra che, piuttosto che salvaguardare la sicurezza, la legislazione militare rende ogni singolo palestinese potenzialmente soggetto alla reclusione per azioni della vita quotidiana.

 

  1. I palestinesi nei territori occupati rischiano costantemente di essere imprigionati: questo rischio si estende agli agricoltori che lavorano la propria terra, ai bambini che vanno a scuola in aree militari chiuse, ai leader politici che esercitano il loro mandato e alla società civile che difende i diritti umani. La criminalizzazione e l’incarcerazione privano i palestinesi dei diritti di muoversi liberamente, lavorare, riunirsi pacificamente, esprimerei propriaidentità e cultura e le proprie opinioni, perseguire la propria istruzione, vivere la propria vita economica, sociale e politica. Il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, che queste restrizioni alla fine prendono di mira, appare come la “minaccia” da sopprimere definitivamente.

 

 

  1. Procedure di incarcerazione di massa

 

  1. In questo regime autoritario le prove degli abusi che i palestinesi devono subire nel processo di privazione della libertà rivelano molteplici caratteristiche di illegalità. Le seguenti sezioni evidenziano la “legge senza legge” che governa la vita dei palestinesi. Questo contesto coercitivo, accompagnato da una violenza ingiustificata, colloca i palestinesi in una condizione permanente di vulnerabilità e sottomissione che in ultima istanza favorisce la loro spoliazione ed espulsione.

 

  1. Detenzione Amministrativa

 

  1. Oltre ad arrestare e detenere palestinesi in base a reati penali onnicomprensivi, le forze israeliane spesso tengono in prigione persone senza accuse o processo[97]. Ogni anno dal 1989[98]circa 500 palestinesi, inclusi minori, difensori dei diritti umani, studenti e dirigenti politici, sono stati detenuti “in forma amministrativa”[99].
  2. La detenzione amministrativa è ammessa solo quando “assolutamente necessaria”, per “impellenti ragioni di sicurezza”[100], e deve essere conforme alla protezione garantita in base alle leggi internazionali[101].

 

  1. Invece nei territori palestinesi occupati i comandanti militari israeliani ordinano detenzioni amministrative ogniqualvolta abbiano “una base ragionevole per supporre che la sicurezza dell’area o la pubblica sicurezza richiedano la detenzione”[102]. Il controllo pervasivo sulla (e l’illegale modificazione dell’) area che è internazionalmente riconosciuta come territorio occupato, mina le affermazioni securitarie di Israele e la ‘necessità’ di arrestare palestinesi.

 

  1. La detenzione amministrativa generalizzata di palestinesi presenta altre basi di illegittimità. In primo luogo, la vaghezza del concetto di ‘sicurezza’ fornisce ai comandanti militari poteri sostanzialmente discrezionali nell’imporre una detenzione amministrativa che può essere rinnovata a tempo indefinito[103]. Secondo, la detenzione amministrativa annulla le garanzie delle leggi internazionali riguardanti arresto, controllo giudiziario e condizioni di detenzione (infra, sezione 5.6)[104].Una volta arrestati, l’interrogatorio spesso prevede metodi coercitivi per estorcere informazioni, che potrebbero rappresentare sevizie e a volte torture[105] in base al diritto internazionale. Il prigioniero non viene informato delle ragioni della sua detenzione. Gli ordini vengono impartiti in ebraico e non tradotti in arabo[106]. Raramente gli avvocati hanno acceso alle prove “segrete”, quindi non possono opporvisi, nè possono controinterrogare i testimoni[107]. In genere le udienze non sono pubbliche[108]. Il controllo giudiziario è inefficace sia per l’impossibilità di presentare ricorso contro prove segrete[109] che per la mancanza di separazione dei poteri nel sistema della giustizia militare (infra, sezione 5.5).Infine la definizione di “minaccia per la sicurezza” che porta alla detenzione amministrativa sembra essere un pretesto per perseguire determinate persone che potrebbero opporsi all’ occupazione[110].

 

  1. Mentre una decisione caso per caso è garantita, le violazioni legate all’uso indiscriminato della detenzione amministrativa da parte delle forze israeliane può rappresentare una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e il crimine di guerra della reclusione illegale di una persona protetta e della privazione volontaria dei suoi diritti in un giusto processo[111]. L’incertezza che il detenuto deve affrontare per un periodo di tempo imprevedibile in assenza di un’imputazione, della conoscenza delle prove o del processo può rappresentare una forma di sevizia[112].La detenzione amministrativa può costituire anche una forma di persecuzione, dato che questa procedura discrimina a danno dei palestinesi, che sono presunti colpevoli e puniti come collettività[113]. È esemplificativo il caso di Salah Hammouri, difensore dei diritti umani franco-palestinese di Gerusalemme: arbitrariamente arrestato e soggetto varie volte a detenzione amministrativa dal 2000, è stato alla fine deportato con la forza in Francia per presunta “slealtà”[114].

 

  1. Arresto

 

  1. L’arresto inizia quando le forze israeliane fermano palestinesi come parte del sistema di controllo (militare o civile). I palestinesi possono essere arrestati durante “operazioni di ordine pubblico” ma anche ai posti di controllo, in strada, mentre vanno a scuola, mentre lavorano la propria terra o nella tranquillità delle loro case. Senza mandati di arresto e accuse, in genere le forze israeliane non informano i palestinesi delle ragionidel loro detenzione. Percosse, violenze verbali, umiliazioni sono prassi ricorrente durante l’arresto[115], oltre al crescente numero di uccisioni durante le “operazioni di ricerca e cattura”[116].

 

  1. La vicinanza con le colonie aumenta la possibilità di arresto[117]. Attraversare zone “proibite” – ad esempio confini segnati dai coloni (non sempre visibili) – può portare i palestinesi (spesso mentre stanno lavorando la loro terra) ad essere arrestati dai soldati in base a indicazioni dei coloni[118]118.
  2. Campagne di arresti di massa sono frequenti, soprattutto durante raid e incursioni militari che spesso prendono di mira gruppi specifici, tra cui attivisti e studenti[119]. Nel solo 2022 le forze israeliane hanno condotto più di 9.000 operazioni in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, oltre 700 delle quali avvenute all’interno o attorno a campi profughi con una media di 15 alla settimana[120].

 

  1. Le incursioni notturne sono diventate una tattica comune per arrestare o semplicemente vessare e terrorizzare i palestinesi[121]. Decine di soldati armati fanno irruzione nei villaggi, entrano nelle case sfondando le porte, devastano, sequestrano beni e arrestano persone, anche minori, senza un mandato[122]. Secondo testimonianze di soldati, sconvolgere l’intimità di abitazioni palestinesi, terrorizzare gli abitanti, mira a “far sentire la propria presenza”[123]. Queste pratiche possono rappresentare trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

 

  1. Meno dell’1% delle denunce contro queste incursioni è stato indagato e perseguito[124]. Analogamente, Israele non fornisce indennizzi alle persone che sono state arbitrariamente arrestate o per le distruzioni di proprietà denunciate che avvengono durante queste incursioni[125].

 

  1. Ci sono stati anche incidenti in cui le autorità palestinesi hanno arbitrariamente arrestato oppositori politici, anche per discorsi non-violenti[126]126. L’arbitraria deprivazione della libertà può essere il risultato, tra l’altro, del controllo sulle affermazioni critiche nelle reti sociali[127]127.

 

  1. Interrogatori

 

  1. Una volta arrestati dalle forze occupanti, i palestinesi possono essere portati alla prigione di Ofer (l’unica prigione israeliana che si trova nei territori occupati) o nei centri di incarcerazione e interrogatorio all’interno di Israele. L’8% dei detenuti palestinesi è trasferito in Israele, violando il divieto internazionale di incarcerare persone protette fuori dal territorio occupato[128]. Ciò può costituire il crimine di guerra di deportazione[129].

 

  1. Durante gli interrogatori i palestinesi vengono raramente informati dei loro diritti, tra cui quello di rimanere in silenzio. L’interrogatorio tipo comprende pratiche che possono rappresentare maltrattamenti e persino torture, soprattuttose riguardano accuse relative alla sicurezza[130]. Le forze israeliane vessano fisicamente e psicologicamente il detenuto con metodi come perquisizionicorporali intrusive, percosse, insulti e minacce[131]. Tengono il detenuto in isolamento, gli negano contatti con familiari, avvocati o rappresentanti della Croce Rossa[132]. Possono imprigionare il detenuto in isolamento come forma di pressione psicologica[133]. Indeboliscono fisicamente il detenuto negandogli attività fisica, cibo adeguato e sonno[134].

 

  1. Confessioni forzate, inaccettabili in base alle leggi internazionali sono usualmente utilizzate nei procedimenti giudiziari israeliani contro i palestinesi sospettati di minacciare la ‘sicurezza’ o di ‘terrorismo’[135](vedisupra sezione 4.2). La percentuale di confessioni negli interrogatori dello Shin Bet arriva quasi al 100%, e il numero di quanti sono incriminati è molto più alto che tra chi è indagato dalla polizia[136].

 

  1. Detenzione in attesa di giudizio

 

  1. Le leggi internazionali prevedono che, tranne nel caso in cui gli imputati rappresentino una minaccia alla sicurezza pubblica o rischino di ostacolare i procedimenti giudiziari, non possano essere tenuti in prigione[137].Invece i palestinesi sono incarcerarti indipendentemente dal fatto che venga raggiunto il limite della “sicurezza o rischio pubblico” o che vengano in seguito imputati. La detenzione in attesa di giudizio è frequente fino alla fine del procedimento, che può durare anni[138].

 

  1. La detenzione in attesa di giudizio per gli interrogatori (senza accuse) può durare fino a 90 giorni[139], rinnovabili ogni 30 giorni su richiesta[140]. Le udienze per le misure cautelari non prevedono un esame serio e durano circa tre minuti. Queste procedure per lo più avvengono in assenza dell’avvocato difensore[141].

 

  1. Questa forma di detenzione in attesa di giudizio viola sia la presunzione di innocenza che il diritto alla libertà da detenzione arbitraria e prolungata.

 

  1. E. (Parvenza di) Processo

 

  1. La detenzione dei palestinesi viene esaminata da tribunali militari israeliani. Il loro personale, compresi giudici e pubblici ministeri, sono membri dello stesso esercito e spesso delle stesse unità che impongono l’occupazione e sono coinvolti in “ostilità” con la popolazione palestinese. Persino il tribunale militare d’appello agisce sotto la supervisione dell’avvocatura generale militare. Questi tribunali non possono essere né indipendenti né imparziali[142]. Di fatto i tribunali militari sono considerati inadatti a giudicare i civili[143].

 

  1. La competenza esclusiva dei tribunali militari sui palestinesi, che vengono arrestati in base a ordini militari che si applicano solo a loro ed hanno la precedenza sulle leggi per i civili israeliani e su quelle internazionali, rafforza il dualismo discriminatorio insito nell’apartheid[144].

 

  1. I processi nei tribunali militari difettano di trasparenza, limitano l’accesso del pubblico e consentono un procedimento in ebraico, in genere senza traduzione. Gli avvocati che vengono dai territori occupati non possono essere presenti alle udienze in Israele in quanto non hanno permessi di ingresso.

 

  1. L’esistenza di giudici, pubblici ministeri, di una corte d’appello (dal 1989) e di tribunali minorili militari (dal 2009) crea una facciata di stato di diritto che nasconde la natura oppressiva dell’occupazione[145]. Le alte percentuali di condanna (99%)[146]e l’esteso ricorso al patteggiamento (95%)[147]sembrano confermare la mancata tutela della presunzione di innocenza, tra le altre evidenti violazioni di un processo equo e delle relative garanzie (supra sezione 3).

 

  1. Condizioni di detenzione

 

  1. Le forze israeliane usualmente tengono in carcere i palestinesi all’interno di Israele. Questa ‘deportazione illegale’ innesca un effetto domino di violazioni, che vanno dalle restrizioni alle visite dei familiari alla negazione dell’accesso all’assistenza legale. La tipologia di reato relativa alla sicurezza di cui sono accusati molti palestinesi porta a un trattamento più duro ed è un’altra manifestazione del regime discriminatorio che viene loro applicato[148].

 

  1. All’interno delle mura delle carceri i prigionieri palestinesi subiscono violenze continue. Privati del contatto con il mondo esterno, in contesti sovrappopolati e malsani, in genere devono affrontare privazioni (spesso sono obbligati a farsi carico del proprio sostentamento), incuria sanitaria[149], ridotte opportunità di studio e di esercizio fisico[150]150. Sono stati documentati casi di torture, trattamento crudele, inumano o degradante, comprese aggressioni sessuali; incappucciati e bendati, obbligati a stare in piedi per molte ore, legati a una sedia in posizioni dolorose, privati del sonno e del cibo o esposti a musica ad alto volume per molte ore; puniti con detenzione in isolamento[151]. Tali pratiche potrebbero non essere state denunciate a causa della mancanza di accesso dei rappresentanti legali o per paura di ritorsioni[152].

 

  1. I prigionieri palestinesi spesso utilizzano lo sciopero della fame per protestare contro le politiche e pratiche israeliane di detenzione arbitraria[153]. Ciò è esemplificato dal quinto sciopero della fame diKhaderAdnan per protestare contro la detenzione arbitraria di palestinesi da parte di Israele, che alla fine ha portato alla sua morte in prigione il 2 maggio 2023. Adnan era stato arrestato per lo sbalorditivo numero di 12 volte in otto anni, per lo più senza processo né imputazione.

 

  1. Questo quadro di oppressione è esacerbato dalle condizioni di detenzione nelle prigioni gestite dalle autorità palestinesi in Cisgiordania e a Gaza, dove le associazioni per i diritti umani hanno documentato pratiche di abusi, insulti, detenzione in isolamento e percosse spesso per estorcere confessioni, punire e intimidire attivisti[154]. I palestinesi sospettati di collaborare con Israele affrontanoun trattamento ancora peggiore e nella Striscia di Gaza possono essere puniti con la pena di morte[155].

 

  1. ‘Non è una questione minore’

La gravità degli abusi contro i palestinesi detenuti da Israele è una situazione allarmante. Alcune categorie devono affrontare una condizione di ulteriore vulnerabilità che merita una particolare attenzione.

 

Minorenni

 

  1. Israele tratta i minorenni palestinesi con la stessa illegalità riservata agli adulti[156]. Nell’arco di un ventennio circa 500-700 minori all’anno di un’età compresa tra i 12 e i 17 anni sono stati sottoposti al sistema detentivo israeliano[157]. Circa 10.000 minori palestinesi hanno subito maltrattamenti istituzionalizzati durante la detenzione, il processo e la sentenza e i conseguenti traumi per sé stessi e le proprie famiglie[158].

 

  1. Generalmente i minori sono arrestati (spesso di notte) per aver lanciato pietre o per raccogliere informazioni riguardo ad altri ‘malfattori’ palestinesi. Gli arresti comportano il trasferimento dei minori nelle strutture di interrogatorio come pericolosi criminali: incappucciati e con le mani legate sulle jeep militari. Già nel 2013 l’UNICEF aveva iniziato a documentare il terrore dei minori palestinesi violentemente strappati dalle loro case, soprattutto mentre stanno dormendo[159].

 

  1. Durante l’interrogatorio i minori palestinesi subiscono gravissimi maltrattamenti: vengono perquisiti, tenuti incappucciati e strettamente legati per molte ore, insultati e scherniti, abusati fisicamente e gli vengono negate necessità basilari, compreso l’accesso al gabinetto e alle cure mediche, nonostante le ferite subite a volte durante l’arresto[160]. Un recente studio ha rilevato che l’82% di minori palestinesi è stato interrogato senza la presenza di un parente o di un avvocato[161]. Di rado i genitori vengono informati del luogo in cui si trovano i figli dopo l’arresto, il che può costituire [il crimine di] sparizione forzata[162].Circa metà dei minori detenuti per essere interrogati tra il 2021 e il 2022 sono stati sottoposti a isolamento per una media di 12,5 giorni, in celle senza finestre, costantemente illuminate, provocando un grandissimo stress fisico e psicologico[163]. Tra i minori palestinesi incarcerati da Israele autolesionismo e tentativi di suicidio non sono rari[164].

 

  1. Dopo l’arresto e l’interrogatorio illeciti i minori compaiono davanti ai tribunali militari con le uniformi carcerarie, in catene e ammanettati. Il processo dura mediamente tre minuti. È allora che possono vedere per la prima volta la loro famiglia e l’avvocato[165].

 

  1. I minori palestinesi detenuti sono spesso costretti a diventare informatori o collaboratori[166]. Questa pratica può avere effetti negativi a lungo termine su di loro, portando alla sensazione di vergogna e colpa, segnando il loro futuro. Il diffusissimo ricorso a questa pratica crea anche sfiducia verso i minori che sono stati arrestati, compromettendo la loro riabilitazione e il loro sviluppo[167].

 

  1. Le procedure della giustizia minorile introdotte nel 2009 non hanno modificato la sua illegittimità: il termine ‘tribunale militare minorile’ è un ossimoro.

 

  1. Queste pratiche illegali traumatizzano profondamente i minori detenuti, le loro famiglie e comunità[168]. I minorenni raccontano di ansia, depressione e altri disturbi dopo essere stati detenuti[169]. L’inquietante caso di AhmadManasraesemplifica queste pratiche sconvolgenti. Condannato alla prigione quando aveva 14 anni perché avrebbe partecipato al tentato omicidio di cittadini israeliani, Manasra è stato in carcere dal 2016. Pur avendo sviluppato la schizofrenia in seguito ad arresto e detenzione violenti, è stato tenuto in isolamento dal novembre 2022, dove il suo stato mentale ha continuato a peggiorare[170].

 

  1. I maltrattamenti a danno dei minori palestinesi, esemplificati in queste pratiche crudeli, contribuiscono a sottomettere il popolo palestinese, spezzando le prospettive di uno sviluppo sano delle future generazioni[171].

 

Genere e orientamento sessuale

 

  1. Come i loro coetanei maschi, anche le donne e ragazze palestinesi vengono arrestate da Israele senza processo, vittime di discriminazioni, vessazioni e trattamenti degradanti. Ciò include perquisizioni corporali invasive, molestie sessuali e minacce[172], così come condizioni di detenzione inumane persino durante la gravidanza[173]. Alcune donne sono state arrestate, minacciate e maltrattate solo per ottenere informazioni o esercitare pressioni sui loro mariti.

 

  1. Sono molto inquietanti anche le accuse di coercizione da parte delle forze israeliane contro uomini palestinesi omosessuali, che comprendono minacce di rendere pubblico il loro orientamento sessuale[174].Tali forme di coercizione mettono questi uomini a serio rischio di danni fisici e psicologici e violano i loro diritti umani fondamentali.

 

Detenere i cadaveri

 

  1. La privazione della libertà perseguita i palestinesi oltre la loro vita. Le forze israeliane spesso trattengono i corpi dei palestinesi deceduti in carcere o uccisi per presunte ‘ragioni di sicurezza’[175].Questa pratica, avallata dalla Corte Suprema israeliana[176], si applica ai corpi sia di adulti che di minori[177]. A maggio 2023 le forze israeliane tratterrebbero 125 corpi di palestinesi, compresi 13 detenuti defunti. Analogamente le autorità de facto di Gaza tratterrebbero i corpi di due israeliani deceduti.
  2. Per decenni i corpi di palestinesi che non venivano restituiti alle famiglie sono stati sepolti in tombe nei pressi di zone militari note come “cimiteri di numeri” (in quanto a ogni corpo era assegnato un numero)[178]. Negli ultimi anni le forze israeliane hanno trattenuto corpi in refrigeratori, hanno impedito l’identificazione da parte dei familiari e imposto restrizioni al funerale al momento della restituzione del corpo[179]. Alcuni rapporti suggeriscono che i cadaveri siano spesso conservati “in condizioni pessime e inumane”[180].

 

  1. L’impedimento ad effettuare rituali funebri per i propri cari è un ulteriore trauma che le famiglie sono obbligate a subire. Ciò èuleriormentegrave quando il corpo viene restituito in pessime condizioni.

 

  1. Le leggi internazionali proteggono i riti funebri e i cimiteri in coerenza con i costumi religiosi e culturali del defunto e impongono la restituzione dei resti mortali[181]. Celare il possesso, il luogo e la sorte di una persona o di un corpo possono configurare [il crimine di] sparizione forzata, che riguarda sia le persone vive che quelle decedute[182].

 

  1. Prigione a cielo aperto: un’architettura a più livelli dell’internamento

 

  1. La carcerazione, concepita come un sistema su vasta scala di deprivazione della libertà che tiene in una condizione di cattività intere popolazioni, che sono anche spogliate delle proprie terre, è una caratteristica essenziale del colonialismo d’insediamento[183]. Le pratiche israeliane di confinamento collettivo nei territori palestinesi occupati riproducono questo modello[184]. Nel corso del tempo Israele ha esteso il suo multiforme dominio sui palestinesi come popolo attraverso meccanismi fisici, burocratici e digitali. La detenzione dietro le sbarre coincide con tecniche di confinamento che riguardano tutti i territori palestinesi occupati, accompagnando e consentendo l’esproprio arbitrario di terre e l’espulsione forzata dei palestinesi.

 

  1. Ciò ha trasformato la vita dei palestinesi in un continuum carcerario[185], in cui coesistono differenti livelli di cattività: dal livello micro della privazione della libertà al singolo individuo, descritta finora attraverso la carcerazione di massa, fino all’intrappolamento della popolazione in enclaves strettamente controllate in cui la popolazione occupata è confinata in quanto minaccia collettiva alla sicurezza e ogni forma di resistenza all’espansione territoriale dell’occupazione e alla spoliazione viene repressa.

 

  1. Incarcerazione fisica

 

  1. La segregazione fisica è stata storicamente utilizzata come strumento del colonialismo di insediamento per controllare e gestire le popolazioni native, impossessarsi delle loro terre ed espellerle[186]. All’interno del frammentatoterri-torio palestinese occupato Israele ha intrappolato i palestinesi dentro un’ar-chitetturafisica che sembra una prigione, ma su scala territoriale e sociale molto più vasta.

 

  1. Il blocco illegale della Striscia di Gaza è l’esempio più noto di questo intrappolamento fisico, con oltre due milioni di palestinesi soggetti dal 2007 a una punizione collettiva. La barriera pesantemente militarizzata che circonda la Striscia di Gaza e la sua ‘zona vietata’ restringono ulteriormente l’enclave del 17% e l’area agricola del 35%, mentre, come conseguenza del blocco navale pesantemente pattugliato, l’accesso allo spazio marittimo è ridotto dell’85%[187].

 

  1. In Cisgiordania, il 60% della quale è sotto totale controllo militare e civile israeliano, l’architettura carceraria comprende: 270 colonie e basi militari che circondano città, cittadine e villaggi palestinesi, impedendone lo sviluppo; zone militari chiuse, che rappresentano il 18% della Cisgiordania[188]; un muro lungo 700 km, in buona misura costruito in Cisgiordania, anche all’interno e attorno a Gerusalemme est, che annette un ulteriore 10% del territorio palestinese; circa 64 posti di controllo, 76 checkpoint parziali, migliaia di posti di blocco mobili, 72 blocchi stradali; 17 strade segregate, solo per israeliani, per un totale di 400 km; punti di uscita e di ingresso dei territori palestinesi occupati controllati da Israele.

 

  1. Secondo quanto riportato all’interno di questo intrico la città di Hebron serve da ‘modello’ per procedere alla colonizzazione attraverso rigide strategie di occupazione[189]. Per ‘farposto’a 600 coloni che vivono in zone pesantemente fortificate della città, Israele ha messo in atto un sistema di 20 checkpoint con migliaia di soldati, vietando ai palestinesi l’accesso alle principali vie e mercati della città[190]. Il sistema è stato replicato in alcuni quartieri di Gerusalemme presi di mira per l’espansione delle colonie (ad esempio la Città Vecchia e Silwan)[191].

 

  1. Più che una conseguenza spaziale delle colonie, dei muri o dei checkpoint, l’architettura fisica dell’occupazione è funzionale alla riduzione dello spazio fisico palestinese e alla cancellazione del loro spazio civico e politico.

 

  1. Carcerazione burocratica

 

  1. All’interno dei confini fisici del loro isolamento, i palestinesi devono anche muoversi in un intrico di barriere burocratiche fatte di richieste, permessi e restrizioni nella forma di “permessi” e “divieti” emanati da Israele. Controllando buona parte dell’esistenza dei palestinesi, permessi e divieti trasformano libertà fondamentali in privilegi arbitrariamente concessi o negati dal potere occupante[192].

 

  1. Oltre un centinaio di permessi regolano attività fondamentali come uscire dalla Cisgiordania e da Gaza, costruire e persino risiedere in certe zone, lavorare, visitare familiari, ricevere cure mediche, pregare, entrare a Gerusalemme est, per non parlare di Israele[193]. Mentre l’Amministrazione Civile israeliana rilascia i permessi, la decisione finale spetta allo ShinBetisraeliano, che stabilisce la tipologia di pericolosità di ogni palestinese.

 

  1. In aggiunta, i divieti limitano la possibilità per i palestinesi di ottenere un permesso. Divieti possono essere emanati dallo ShinBetsulla base di “sospetti riguardo alla sicurezza”, dalla polizia per sospette attività criminali, dall’Amministrazione Civile Israeliana, spesso in modo discriminatorio[194].

 

  1. Il sistema dei permessi non è solo arbitrario, ma manca anche di trasparenza, determinando frequenti rifiuti senza ragionevoli possibilità per presentare appello[195]. La mancanza di permessi confina i palestinesi e persino i loro familiari, impedendo loro di lavorare, ricevere trattamenti medici vitali, viaggiare, studiare all’estero o visitare parenti. La mancanza di un permesso può anche portare all’arresto. Ciò colpisce per esempio i palestinesi che lavorano all’interno di Israele o nelle colonie, o i palestinesi di Gaza che vivono in Cisgiordania. Questo aggrava la prigionia collettiva dei palestinesi, rendendoli vulnerabili e sfruttabili[196].

 

  1. Nel 2022 nuove norme hanno ulteriormente limitato l’ingresso e la residenza di stranieri, tra cui i palestinesi della diaspora in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est[197]. Queste norme introducono quote per studenti e accademici stranieri, impongono limiti ai ricongiungimenti familiari e consentono all’Amministrazione Civile israeliana persino di verificare la veridicità delle relazioni intime. Questi paiono tentativi di isolare e allontanare ulteriormente dal mondo esterno i palestinesi nei territori palestinesi occupati.

 

  1. Carcerazione digitale

 

  1. In base alle leggi internazionali le interferenze con il diritto alla privacy, come l’uso di tecnologie per la sorveglianza, devono essere stabilite per legge solo quando strettamente necessarie, proporzionate per ottenere [un risultato]legit-timo, non discriminatorie e devono rispettare i diritti fondamentali[198]. Invece la sorveglianza digitale rafforza in modo pervasivo il controllo delle forze israeliane sugli spazi e la vita della popolazione occupata[199]. I palestinesi vengono costantemente monitorati attraverso la videosorveglianza e altre tecnologie ai posti di controllo, negli spazi pubblici, nelle riunioni e proteste pubbliche. I loro spazi privati sono spesso violati senza che lo sappiano, attraverso il monitoraggio di piattaforme in rete come Facebook, delle telefonate e conversazioni in rete considerate “minacciose”[200]e con il tracciamento della posizione e delle connessioni dei telefonini per stabilire reti e potenziali adesioni [a organizzazioni], o persino attraverso le loro cartelle cliniche.

 

  1. La sorveglianza digitale e la sorveglianza automatizzata si intensificano nei pressi delle colonie e delle infrastrutture militari israeliane. Le colonie sono attrezzate con tecnologie che rafforzano l’identificazione, l’arresto e la detenzione di palestinesi impegnati in proteste o che resistono all’espansione delle colonie[201]. La sorveglianza digitale serve fondamentalmente ad agevolare la colonizzazione.

 

  1. Oltre al controllo estensivo, l’occupazione ha promosso lo sviluppo di potenti tecnologie di sorveglianza da parte di Israele, compresi il riconoscimento facciale, i droni e il controllo sulle reti sociali[202]. Esempi di questi programmi includono “Blue Wolf”,un’appconnessa a Wolf Pack, una banca dati israeliana che contiene immagini, informazioni personali e la schedatura di palestinesi in Cisgiordania, e “Red Wolf”, un sistema di telecamere equipaggiate con riconoscimento facciale che identifica i palestinesi ai posti di controllo, interagisce e inserisce informazioni in Blue Wolf e Red Wolf. Ciò ha creato una “sorveglianza gamificata”, in cui unità dell’esercito israeliano fotografano palestinesi senza il loro consenso e si impegnano persino in gare inquietanti. A Hebron la cosiddetta “Smart City Initiative” [Iniziativa Città Intelligente] ha portato a una sorveglianza audiovisuale dei palestinesi in tutta la città[203].

 

 

VII. Conclusioni

 

  1. Sotto l’occupazione israeliana generazioni di palestinesi hanno subito una generalizzata e sistematica privazione arbitraria della libertà, spesso per le più semplici azioni della vita quotidiana. Da 1967 oltre 800.000 palestinesi, compresi minori, sono stati incarcerati in base a una serie di norme autoritarie emanate, applicate e disciplinate dall’esercito israeliano. I palestinesi spesso vengono ritenuti colpevoli senza prove, arrestati senza mandato e detenuti senza imputazione o processo. Maltrattamenti fisici e psicologici sono angosciosamente frequenti. Senza giustificare i crimini commessi dai palestinesi durante decenni di occupazione illegale, la grande maggioranza delle condanne penali di palestinesi è stata il risultato di una sequela di violazioni delle leggi internazionali, comprese violazioni del giusto processo, che minano la legittimità dell’amministrazione della giustizia da parte della potenza occupante. Molte di queste condanne riguardano legittime espressioni di diritti civili e politici e il diritto di resistere contro un’occupazione straniera illegale.

 

  1. Privando i palestinesi della protezione garantita dal diritto internazionale l’occupazione li riduce a una popolazione ‘non-civile ’, privata dello status di persone protette e dei diritti fondamentali. Trattando i palestinesi come un collettivo, la minaccia di detenzione erode la loro protezione come ‘civili’ in base alle leggi internazionali, li depriva delle libertà fondamentali ed espropria la loro possibilità di agire e capacità di unirsi, auto-governarsi e svilupparsi come entità statuale. Ogni palestinese che si opponga a questo regime, da manifestanti pacifici a contadini che cercano di coltivare le proprie terre, viene percepito come una minaccia e considerato potenzialmente da incarcerare. Ciò impone ai palestinesi un permanente stato di vulnerabilità.

 

  1. Le incarcerazioni di massa rafforzano lo squilibrio di potere tra i palestinesi e le istituzioni e i coloni israeliani, facilitando l’intrusione del colonialismo d’insediamento. Passando dalla “sicurezza del potere occupante” alla “sicurezza dell’occupazione in sé”, Israele ha mascherato da ‘sicurezza’ il controllo permanente sul territorio che occupa e che cerca di annettere. L’applicazione della legge è servita come strumento per garantire l’imposizione dell’occupazione israeliana, il dominio razziale e la continuazione del suo progetto di colonialismo d’insediamento. Ciò ha rafforzato la segregazione, l’assoggettamento, la frammentazione e in definitiva l’espropriazione della terra palestinese e l’espulsione forzata dei palestinesi. Questo sistema, inteso inizialmente a garantire la creazione e l’espansione delle colonie, soffoca la vita dei palestinesi e ne minaccia l’esistenza collettiva.Forme simili di controllo sono state utilizzate in quartieri di Gerusalemme est (ad esempio a Silwan e Sheikh Jarrah) ampliando le restrizioni e in definitiva l’incarcerazione generalizzata.

 

  1. Attraverso una serie di meccanismi fisici, burocratici e digitali il regime israeliano ha trasformato il territorio occupato in un ‘panopticon’ in cui i palestinesi sono costantemente sorvegliati e disciplinati. All’interno di questo sistema, tipico dei regimi di colonialismo d’insediamento, la diffusa e sistematica privazione arbitraria della libertà e il trattamento crudele e degradante su vasta scala appaiono come parte della politica statale israeliana di dominazione dei palestinesi come popolo, imposta anche attraverso la reclusione al di là della prigione.

 

VIII. Raccomandazioni

 

La relatrice speciale raccomanda che:

 

  1. Il sistema israeliano di privazione arbitraria della libertà dei palestinesi nei territori palestinesi occupati, che deriva da un’occupazione irreversibilmente illegale, sia semplicemente abolita a causa della sua intrinseca incompatibilità con le leggi internazionali.

 

  1. Per raggiungere questo obiettivo gli Stati terzi:

 

(a) devono far uso indiscriminatamente delle misure diplomatiche, politiche ed economiche previste dalla Carta delle Nazioni Unite.

 

(b) Non devono riconoscere come legittima, aiutare o assistere l’occupazione israeliana in quanto commette azioni illecite e possibili crimini internazionali e chiedere la loro cessazione e il loro risarcimento.

 

(c) Devono perseguire la commissione di crimini internazionali contestati in questo rapporto nell’ambito della giurisdizione internazionale.

 

  1. Come primo passo verso la riparazione a lungo termine di decenni di deprivazione arbitraria della libertà contro il popolo palestinese, lo Stato di Israele deve prendere le seguenti misure:

 

(a) Dichiarare una moratoria sulla detenzione dei minorenni.

 

(b) Rilasciare tutti i detenuti palestinesi, soprattutto minori, arrestati per azioni non violente in base alle leggi internazionali.

 

(c) Rilasciare tutti i corpi di palestinesi deceduti di cui si è impossessato e garantire una degna sepoltura.

 

  1. Le autorità palestinesi devono rispettare pienamente le norme internazionali sulla privazione della libertà. Ciò include:

 

(a) La fine di ogni forma di detenzione arbitraria, così come della tortura e di maltrattamenti dei detenuti, garantendo sia che i responsabili [delle violazioni] vengano chiamati a risponderne che gli indennizzi alle vittime. Ciò include il rilascio dei corpi degli israeliani deceduti trattenuti a Gaza.

 

(b) L’interruzione degli accordi sulla sicurezza che possono portare alla violazione di diritti e libertà fondamentali in base alle leggi internazionali.

 

(c) La garanzia di un’effettiva supervisione e misure di punizione anche incaricando strategicamente organizzazioni locali per i diritti umani.

 

  1. Siano avviate, anche attraverso la giurisdizione internazionale, indagini indipendenti e approfondite sulla possibilità che vengano commessi crimini internazionali derivanti dalla sistematica detenzione arbitraria di palestinesi. In particolare il procuratore della Corte Penale Internazionale dovrebbe valutare, come parte dell’indagine sulla situazione in Palestina, la possibilità che vengano commessi crimini internazionali di:

 

 (a) deprivazione volontaria del diritto a un processo giusto e regolare a persone protette,

 

(b) uso massiccio e istituzionalizzato della tortura e di trattamenti o punizioni inumani o degradanti,

 

(c) deprivazione o trasferimento o confinamento illegali,

 

(d) imprigionamento o grave deprivazione arbitraria della libertà in violazione delle norme fondamentali del diritto internazionale,

 

(e) persecuzione contro un gruppo o collettivo identificabile a causa della sua identità,

 

(f) apartheid.

 

Si deve indagare sulla possibilità che queste violazioni vengano complessivamente commesse come parte di una politica di “de-palestinizzazione” dei territori occupati e di un piano di annessione graduale: tale piano minaccerebbe il diritto di un intero popolo a esistere come gruppo nazionale, sfidando le fondamenta stesse della legalità internazionale.

Note

[1] “Non-visita” ai Territori palestinesi occupati, 14 febbraio 2023 (https://www.ohchr.org/ sites/ default/files/documents/countries/palestine/sr-selfdetermination/2023-02-27-Non-Visit-TPs.pdf)

[2] I casi in cui la criminalizzazione e la detenzione non sono qualificabili come arbitrarie, come i crimini sanciti dalle leggi penali di tutti i Paesi o i reati contro i civili da parte di chiunque li abbia commessi, non sono discussi in questo rapporto.

[3] Ben-Natan, Smadar, The boundaries of the carceral state: Accounting for the role of military incarceration [I confini dello stato carcerario: rendere conto del ruolo dell’incarcerazione militare] Theoretical Criminology (2023), p. 11. Queste cifre potrebbero essere una stima prudente, dato che sono utilizzate da anni.

[4] Nashif, Esmail. Palestinian political prisoners: Identity and community [Prigionieri politici palestinesi: identità e comunità], Routledge, 2008.

[5] Human Rights Watch, Torture and Ill-Treatment: Israel’s Interrogation of Palestinians in the Occupied Territories [Torture e maltrattamenti: il metodo di interrogatorio israeliano dei palestinesi nei Territori Occupati] (1994), p. 3.

[6] PCBS, Special Statistical Bulletin [Bollettino statistico speciale] https://www.pcbs.gov.ps/ Portals/pcbs/PressRelease/Nakba_E63.pdf (maggio 2011), p. 4.

[7] Addameer, Prisoner’s Institution: the Occupation Arrested about 8000 Palestinians from the Palestinian territories this year” [Istituzione del prigioniero: quest’anno l’occupazione ha arrestato circa 8.000 palestinesi dei Territori palestinesi] (1 gennaio 2022).

[8] Addameer, 2022 in Review (1 gennaio 2023).

[9] Addameer, Administrative Statistics [Stastistiche amministrative] (23 maggio 2023).

[10] Al-Haq, A Nation under Siege [Nazione sotto assedio] (1990); B’Tselem, The Interrogation of Palestinians during the Intifada, Ill-treatment, “Moderate Physical Pressure” or Torture? [Gli interrogatori dei palestinesi durante l’Intifada: maltrattamenti, “moderate pressioni fisiche” o torture?] (1991); HRW, A Threshold Crossed – Israeli Authorities and the Crimes of Apartheid and Persecution (2021), [Un confine superato – Le autorità israeliane e i crimini di apartheid e persecuzione], pp. 79-90.

[11]  fnX (HRW1994); CAT/C/ISR/CO/4 (2009); CAT/C/ISR/CO/5 (2016).

[12] Israele, Landau Commission Report [Rapporto della Commissione Landau] (1987); The Public Committee Against Torture v. Israel [Il comitato pubblico contro la tortura v. Israele] (1999); Abu Gosh v. Attorney General [Abu Gosh v. il procuratore generale] (2017).

[13] Imseis, Ardi, Moderate Torture on Trial: Critical Reflections on the Israeli Supreme Court Judgement concerning the Legality of General Security Service Interrogation Methods [Torture moderate a processo: riflessioni critiche sulla sentenza della Corte Suprema israeliana riguardo alla liceità dei metodi di interrogatorio del Sevizio di Sicurezza Generale] Berkeley J. Int’l L. 19 (2001), pp. 336-338, 342-349.

[14] A/HRC/WGAD/2021/61, paragrafo 57 A/HRC/49/87 (2022), paragrafo 50(a).

[15] Amnesty International, Israel’s Apartheid Against the Palestinians [Apartheid israeliano contro i palestinesi] (2022), p. 240-248.

[16] HRW, Two Authorities, One Way, Zero Dissent: Arbitrary Arrest and Torture Under the PA and Hamas [Due autorità, una modalità, zero dissenso: arresti arbitrary e torture sotto l’AP e Hamas] (2018), pp. 2, 23.

[17] B’Tselem e Hamoked, Backed by the System: Abuse and Torture at the Shikma Interrogation Facility [Approvati dal sistema: maltrattamenti e torture nella struttura per g i interrogatori di Shikma] (2015), pp. 44-45.

[18] Khalidi, Rashid I. “From the Editor: Israel: A Carceral State.” [Dal direttore: Israele: uno Stato carcerario] Journal of Palestine Studies 43.4 (2014), p.7.

[19] FnXAI(2022), p.265.

[20] Weizman, Eyal. Hollow land: Israel’s architecture of occupation. [Architettura dell’occupazione. Spazio politico e controllo territoriale in Palestina e Israele, Bruno Mondadori, 2009],Verso books 2012, pp.162-168.

[21] Korn, Alina. “The ghettoization of the Palestinians” [La ghettizzazione dei palestinesi] in Thinking Palestine [Pensare la Palestina], ed. Lentin, Ronit. London, Zed Books 2008, p. 6.

[22] Gordon, Neve e Nicola Perugini. Human shields: A history of people in the line of fire [Il diritto umnao di dominare, Nottetempo, 2016] Univ. of California Press 2020, pp. 81-84.

[23] Antonio Cassese, International Criminal Law [Lienamenti di diritto penale internazionale, Il Mulino, 2006]Oxford University Press 2003, p. 1.

[24] Ralph Wilde, Is the Israeli occupation of the Palestinian West Bank (including east Jerusalem) and Gaza ‘legal’ or ‘illegal’ in international law? [L’occupazione israeliana della Cisgiordania palestinese (inclusa Gerusalemme est) e di Gaza è ‘legale’ o ‘illegale’ nel diritto internazionale?] (2022), paragrafo 111.

[25] ICJLegal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, Advisory Opinion [Conseguenze giuridiche della costruzione del Muro nei Territori Palestinesi Occupati, Parere consultivo] (2004), paragrafi 102-106.

[26] ICJ (2004), paragrafi 109 -113.

[27] Human Rights Committee, General comment [Commissione per i diritti umani, Considerazioni generali] No. 35 (2014).

[28] A/HRC/29/CRP.4 [https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G15/132/95/PDF/ G1513295.pdf?OpenElement] (2015), paragr. 30.

[29] Quarta Convenzione di Ginevra, articolo 42.

[30] Ibid., articolo 78 e Parte III, sezioni III-IV.

[31] Ibid., articoli 31-33, 71-73, 89-92; AP I, articolo 75.

[32] ICRC Customary [Consuetudinario] IHL study, Rules n. 87-91, 99-103, 118-137.

[33] GC III, articolo 130; GC IV, articolo 147.

[34] ICCPR, articoli 7, 9, 14, 17; HRC, General Comment [Considerazioni generali] No. 32 (2007).

[35] ICCPR, articolo 4(1).

[36] CAT, articolo 2(2).

[37] Ibid., articoli 4, 9-10.

[38] CRC, articoli 37(b), 40.

[39] Ibid., articolo 39.

[40] A/CN.4/L.960/Add.1 (2022), Annessi (e) e (g).

[41] FnX(HRC/43/35), paragrafo 14.

[42] Statuto di Roma (1998), articolo 7(1)(e)

[43] ICC, Elements of Crimes, articolo 7, pararagrafi 3 e 7(1)(e), paragrafo 3

[44] Ibid., paragrafi 4-5.

[45] Statuto di Roma (1998), articolo 7(2)(g)

[46]Ibid, articolo 8(2)(a) .

[47] GC IV, articolo 147; ibid., articolo 8(2)(a)(vi) .

[48] ICC, Elements of Crimes [Elementi di crimine], articolo 8 (2)(a)(vi)

[49] Blum, Yehuda Z., The missing reversioner: reflections on the status of Judea and Samaria, [La mancanza di qualcuno a cui restituire: riflessioni sullo status di Giudea e Samaria] Israel Law Review 3, no. 2 (1968): 279-301, pp. 283, 293.

[50] Ben-Naftali, Orna, MichaelSfard, and Hedi Viterbo. The ABC of the OPT: A legal lexicon of Israeli control over the Occupied Palestinian Territory [L’ABC dei TPO: il lessico giudiziario del controllo israeliano sui Territori Palestinesi Occupati], Cambridge University Press, 2018, pp. 147- 149,

[51] A/72/556 (2017), paragrafi 45-63.

[52] British Defence (Emergency) Regulations [Le norme britanniche di difesa (emergenziali)] (1945) .

[53] Jordanian Penal Code and Palestinian Basic Law [Codice Penale Giordano e legge fondamentale palestinese] (2002) .

[54] Internment Unlawful Combatant Law (2002), applicable Palestinians from the Gaza Strip, and the Counter-terrorism Law (2016) [Legge sulla carcerazione di combattenti illegali (2002) applicabile ai palestinesi della Striscia di Gaza, e legge contro-terrorismo] (2016).

[55] Codice Penale (1960), articoli 144, 150, 189, 191, 195.

[56] Berda, Yael, Colonial Bureaucracy and Contemporary Citizenship, [Burocrazia coloniale e cittadinanza contemporanea], Cambridge University Press, 2022, pp. 162- 167.

[57]ARIJ, Database of Israeli Military Orders in the Occupied Palestinian Territory [Banca dati delle ordinanze militari israeliane nei Territori Palestinesi Occupati].

[58] Benvenisti, Eyal, The international law of occupation [La legge internazionale dell’occupazione], Oxford University Press, 2012, pp. 363-365, 373.

[59] Breaking the Silence, [BtS],Military Rule[Governo Militare] (2021), pp. 7, 16, 24.

[60] PCHR, Annual Report [Rapporto annuale] (2021), p. 45 .

[61] Daniele, Luigi, Enforcing illegality: Israel’s military justice in the West Bank [Imporre l’illegalità: la giustizia militare israeliana in Cisgiordania],  Questions of International Law [Questioni di diritto internazionale] 44 (2017), pp. 25-29.

[62] Ben-Naftali et al., 2018, pp. 371-372, 377.

[63] FnXAI(2022), p. 31.

[64] Boutruche, Theo e Sassoli, Marco Expert Opinion on the Occupier’s Legislative Power over an Occupied Territory Under IHL in Light of Israel’s On-going Occupation [Opinione di esperti sul potere legislativo in un territorio occupato in base alla IHL alla luce della continua occupazione israeliana], 2017.

[65] FnXDaniele (2017),pp. 36-37. Kretzmer, David. The Occupation of Justice: the Supreme Court of Israel and the Occupied Territories,  [L’occupazione della giustizia: la Corte Suprema israeliana e i territori occupati] SUNY: 2002.

[66] Military Order 101 (1967) [as amended by following orders] [Ordinanza militare 101 (come modificata dalle ordinanze successive], articolo 10.

[67] Ibid, articolo 1.

[68] MO 101 (1967), articolo 10(a) .

[69] MO (2009), articolo 251 (B)(4)

[70] Ibid, articolo 231.

[71] MO 1651 (2009), articolo 222.

[72] Ibid, articolo 261.

[73] Ibid, articolo 245

[74] Ibid, articolo 261.

[75] Originariamente MO 101 (1967) art. 7; pena al MO 1651 (2009), art. 251(b)(2); vedi Daniele (2017), p. 34.

[76] Facebook Bill (2019) .

[77] HRW, Born Without Civil Rights: Israel’s Use of Draconian Military Orders to Repress Palestinians in the West Bank [Nato senza diritti civili: l’uso di ordinanze militari draconiane da parte di Israele per reprimere i palestinesi in Cisgiordania] (2018),p. 37 .

[78] Ibid, articolo 261.

[79] Ibid, articolo 219.

[80] FnXHagueReg, articolo 45.

[81] MO (2009), articolo 212 (1-2) .

[82] Ibid., articolo 212 (3) .

[83] .Ibid, articoli 299-301.

[84] Ibid, articolo 242(A) .

[85] Defense (Emergency) Regulations [Regolamente difensivi (emergenziali)], 1945, art.li 84 (1)(a), (f), e (j) .

[86] MO 1827 (2020), art. 237(a) .

[87] MO 1651 (2009), Art. 238.

[88] Defense (Emergency) Regulations 1945, art. 84.

[89] Israel’s Ministry of Defense, Unlawful associations and terrorist organizations [Accessed April2023] [Minsitero della difesa israeliano, Aossociazioni illegalie organizzazioni terroristiche (accesso in aprile 2023)].

[90] Adalah, “Israel’s 2016 Counter-Terrorism Law and 1945 Emergency Regulations Regarding the Outlawing of Six Palestinian Human Rights and Civil Society Groups” (November 2021), [Legge israeliana antiterrorism e i regolamenti d’emergenza del 1945 riguadanti la messa fuorilegge di 6 organizzazioni palestiensi per i diritti umani e associazioni della società civile (novembre 2021)], p. 14.

[91] E.g. the “intention of promoting” a “threat” to commit a “political act” posing an “actual risk” of

“serious harm to property”. Counter-terrorism Law [Ad esempio l’“intenzione di promuovere” una “minaccia” di commettere un’“azione politica” che ponga un “rischio concreto” di “grave danno alla proprietà”. Legge antiterrorismo] (2016), Capitolo 1, articolo 2.

[92] Counter-terrorism Law [Le gge antiterrorismo] (2016); sezioni 20-24.

[93] A/77/356 (2022), paragrafo 60.

[94] Law for Palestine, Israel’s Arrest Policy Against Palestinian University Students [Legge per la Palestina, la politica israeliana di arresti contro studenti universitari palestinesi] (2023),p. 23.

[95] Israel’s Ministry of Defense [Ministero della DIfesa israeliano] fn90; Defence Emergency Regulations [Regolamenti d’emergenza della difesa] (1945), articoli 84-85.

[96] HRW (2018), p. 23.

[97] In Cisgiordania essa è regolata dall’ordinanza militare 1651 (2009), articolo 285(A); nella Striscia di Gaza dall’illegale legge di detenzione dei combattenti (2002); a Gerusalemme est dalla legge sui poteri straordinari (arresti) (1979).

[98] Media calcolata in base a B’Tselem (Administrative Detention Statistics ) [statistiche sulla Detenzione Amministrativa] (last updated: 2023)[Ultimo aggiornamento 2023]. Addameer, Violations of Palestinian Prisoners Rights in Israeli Prisons 2017 (2018), pp. 23, 30, 38 GC IV, articles 42, 78.

Media calcolata in base alle statistiche sulla detenzione amministrativa di B’Tselem (ultimo aggiornamento: 2023).

[99] Addameer, Violations of Palestinian Prisoners Rights in Israeli Prisons 2017 (2018), pp. 23, 30, 38; Addameer, Violations of Palestinian Prisoners Rights in Israeli Prisons [Violazione dei Diritti dei Prigionieri Palestinesi nelle Prigioni Israeliane] 2017 (2018), pp. 23, 30, 38 GCIV, articoli 42, 78.

[100] GC IV, articoli 42, 78.

[101] Supra sezione 3.

[102] Ordinanza militare 1651, articole 285(A) (sottolineatura aggiunta).

[103] Langford, Peter e Triestino Mariniello,  Israel’s Administrative Detention in the Occupied Palestinian Territories: an Assessment of the Applicable Norms of International Law and Possibilities for Enforcement [Detenzione amministrativa di Israele nei Territori Palestinesi Occupati: un’analisi delle norme del diritto internazionali applicabili e delle possibilità di applicazione] (2019), pp. 17-18.

[104] Langford and Mariniello, (2019), p. 13.

[105] CCPR/C/ISR/CO/3, paragrafo 11.

[106] Khaled El Araj e al. v. The Military Commander in the West Bank [Il comando militare in Cisgiordania] , HCJ 2775/11 (2013).

[107]  Addameer, Administrative Detention in the Occupied Palestinian Territory. A Legal Analysis Report [Detenzione amministrativa nei Territori Palestinesi Occupati. Rapporto di analisi giuridica (2016), pp. 33-34.

[108] MO 1651, articolo 291(A).

[109] Tra il 2000 e il 2012 è stato accettato solo un ricorso da parte di un tribunale, eppure questa decisione è stata sospesa e nessun detenuto è stato rilasciato.  Krebs, Shiri. ” Lifting the veil of secrecy: Judicial review of administrative detentions in the Israeli Supreme Court.”[Svelare il segreto: revision giudiziaria delle detenzioni amministrative da parte della Corte Suprema Israeliana] Vand. J. Transnat’l L. 45 (2012): 639, p. 673.

[110] FnX(AI Apartheid), p. 241.

[111] Statuto di Roma, articolo 8(2)(a)(vii).

[112] A/HRC/37/42 (2018), paragrafo 17.

[113] Langford e Mariniello. (2019), p. 165.

[114] Esperti dell’ONU: “Israeli deportation of Salah Hammouri could constitute war crime” [La deportazione di Salah Hammouri potrebbe rappresentare un crimine di guerra], 2 dicembre 2022.

[115] BtS, Medici per i Diritti Umani–Israele e Yesh Din, A Life Exposed: Military Invasions of Palestinian Homes in the West Bank [Una vita a rischio. Irruzioni militari di case palestinesi in Cisgiordania] (2020), p. 31.

[116] OCHA, Rapporti sulla Protezione dei Civili, 2022-2023.

[117] Military Court Watch [MCW], Rapporto Annuale 021/2022, p. 8.

[118] BtS, ““We were told: you have to listen to them” [Ci è stato detto: dovete dargli ascolto] (2014).

[119] FnX L4P(2023), p. 21 ; FnX Amnesty International(2022), p. 17.

[120] OCHA, Rapporto sulla Protezione dei Civili, 10 gennaio – 15 maggio 2023.

[121] FnX(A life exposed), pp.7, 10.

[122] FnXMO (2009), articolo 31.

[123] BtS, “To create a sense of the IDF’s presence in the villages” [Per creare nel villaggio la sensazione della presenza dell’IDF] (2017).

[124] Solo lo 0,87%. Vedi Yesh Din, “Law enforcement against Israeli soldiers suspected of harming Palestinians” [Applicazione della legge contro soldati israeliani sospettati di aver danneggiato palestinesi] (2022).

[125] FnX(A life exposed), p. 57.

[126] FnX (HRW2018), pp. 1-5.

[127] Commissione congiunta di HRW e Giuristi per la Giustizia [CAT], 30 giugno 2022.

[128] FnX, (GCIV) articolo 49, 66.

[129] FnX (Statuto di Roma), articolo 7(1)(d).

[130] Sfard, Michael, The wall and the gate: Israel, Palestine, and the legal battle for human rights [Il muro e la porta: Israele, Palestina e la battaglia legale per i diritti umani], Metropolitan Books, 2018, pp. 254-256.

[131] PCATI e FIDH, Communication to the Office of the Prosecutor of the [ICC], Situation in the State of Palestine, War Crimes in the Interrogation Chambers – The Israeli Systematic Policy of Torture, Inhuman and Degrading Treatment, Unlawful Deportation, and Denial of Fair Trial of Palestinian Detainees [Comunicazione all’ufficio del pubblico ministero della CPI, Situazione nello Stato di Palestina, “Crimini di guerra nelle stanze degli interrogatori. La sistemarica politica israeliana di tortura, trattamento inumano e degradante, deportazione illegale e negazione di un giusto processo ai detenuti palestinesi] (giugno 2022), p. 35.

[132] Ibid, pp. 18, 42.

[133] Addameer, I’ve Been There: A Study of Torture and Inhumane Treatment in Al-Moscobiyeh Interrogation Center [Sono stato là: uno studio su tortura e trattamenti inumani nel centro per interrogatori di Al-Moscobiyeh] (marzo 2018).

[134] FnX(PCATIFIDH), pp. 38-39.

[135] FnX(PCATI e FIDH), pp. 20, 27.

[136] Ramati, Nery e Karin Hibler. The Cooperation between the Police and the Israeli Security Agency in Investigating Security Offenses [La collaborazione tra la polizia e l’agenzia israeliana per la sicurezza nelle indagini su minacce alla sicurezza] (in ebraico), Novembre 2021.

[137] HRC, General Comment [Commento generale], No. 32 (2007), paragrafo 30.

[138] Yesh Din, Backyard Proceedings: The Implementation of Due Process Rights in the Military Courts in the Occupied Territories [Processi dietro le quinte: l’applicazione di un giusto processo nei tribunali militari dei Territori Occupati] (2007).

[139] MO 1651 (2009), articolo 37.

[140] Ibid., articolo 38.

[141] Ibid. Gli articoli 57-58, garantiscono al detenuto l’accesso all’avvocato difensore dopo 15 giorni. Eppure raramente l’avvocato viene ammesso prima che il detenuto compaia per la prima volta in tribunale. Vedi PCATI & FIDH (2022), p. 54.

[142] Hajjar, Lisa, Courting conflict: The Israeli military court system in the West Bank and Gaza [Conflitto in tribunale: il sistema dei tribunali militari israeliani in Cisgiordania e Gaza], University of California Press, 2005.

[143] HRC, General Comment No. 32 (2007), paragrafo 22.

[144] FnX(AI2022), p. 18.

[145] B’Tselem, Presumed Guilty: Remand in Custody by Military Courts in the West Bank (2015), p.61.

[146] Addameer, Military Courts in the Occupied Palestinian Territory [Tribunali militari nei territory palestinesi occupati] (2018), [Accesso maggio 2023].

[147] Ibid.; FnX(Hajjar), p. 3.

[148] Law for Palestine, Israel’s Arrest Policy against Palestinian University Students [Politiche israeliane di arresti contro studenti universitari palestinesi], (2023).

[149] Addameer, Deterioration in Detention Conditions: Suffocating Prisoners [Peggioramento delle condizioni detentive: prigionieri oppressi] (2018); Medical Negligence [Incuria sanitaria] (2016).

[150] Addameer, Opened – Books on Cuffed – Hands. The Cultural and Educational Life of Palestinian Political Prisoners in Israeli Prisons and Detention Centers [Libri aperti su mani ammanettate: la vita culturale ed educative dei prigionieri politici palestinesi nelle prigioni e nei centri detentivi israeliani]. (2020).

[151] FnX(PCATI e FIDH,(2022)), p. 6.

[152] Addameer, In the case of The Palestinian People vs. Military Courts [Nella causa del popolo palestinese contro i tribunali militari] (2021).

[153] Addameer, Administrative Detention [Detenzione amministrativa] (2022).

[154] Comunicazione di HRW e Avvocati per la Giustizia alla Commissione contro la Tortura (30 giugno 2022).

[155] FnX(PCHR Rapporto Annuale), pp. 67-69.

[156] B’Tselem, Minor Matter: Violations of the Rights of Palestinian Minors Arrested by Israel on Suspicion of Stone Throwing [Non è un fatto minore: violazioni dei diritti dei minori palestinesi arrestati da Israele sospettati di aver lanciato pietre]  (2011).

[157] DCI-P, Numero di minori palestinesi (12-17) in detenzione militare israeliana (aggiornato al 14 aprile 2023).

[158] DCI-P, Military Detention [Consulted May 2023].

[159] UNICEF, Children in Israeli Military Detention: Observations and Recommendations [Minori nelle carceri militari israeliane: osservazioni e raccomandazioni] (2013), p. 10.

[160] FnX(MCW,AnnualReport( 2021/2022), p. 14; CRC/C/15/Add.195 (2002), para 35; Save the Children, Defenceless: Impact of the Israeli military detention system on children [Senza difesa:  l’impatto del Sistema di detenzione militare isrealiana sui minorenni (2020), p 15-18.

[161] FnX(MCW,AnnualReport(2021/2022), pp. 15-16.

[162] Convenzione sulla sparizione forzata (2010), articolo 2.

[163] FnX((MCW, Rapporto Annuale (2021/2022), p. 18.

[164] Ibid., p. 19.

[165] FnX B’Tselem (2011), p. 50.

[166] DCI-Palestine, Recruitment and Use of Palestinian Children in Armed Conflict [Reclutamento e uso di minori palestinesi in conflitti armati] (2012).

[167] Viterbo, Hedi. Problematizing Law, Rights, and Childhood in Israel/Palestine [Problematizzare leggi, diritti e infanzia in Israele/Palestina] Cambridge University Press, 2021.

[168] Gwyn, Daniel. “‘The strong do what they can and the weak suffer what they must’: Palestinian families under occupation” [I forti fanno quello che possono e i deboli soffrono quello che devono: famiglie palestinesi sotto occupazione], Context 164, 2019, p. 49.

[169] Save the Children, Isolated (2022), pp. 12-13.

[170] Esperti dell’ONU sollecitano Israele a rilasciare Ahmad Manasra, 14 July 2022

[171] Shalhoub-Kevorkian, Nadera. Incarcerated childhood and the politics of unchilding [Infanzia incarcerata e politica della negazione dell’infanzia]. Cambridge University Press, 2019, pp.16-17.

[172] OMCT e PCATI, Violence Against Palestinian Women [Violenza contro le donne palestinesi] (2005), pp. 26-30.

[173] CEDAW/C/ISR/CO/5 (2011), paragrafo 40.

[174] Alqaisiya, Walaa. Decolonial Queering in Palestine, [Queering decoloniale in Palestina] Routledge: London, 2023, pp. 30, 31.

[175] Al-Haq, Field Report on Human Rights Violations [Rapporto sul campo delle violazioni dei diritti umani] (2020); Jerusalem Legal Aid and Human Rights Centre (JLAC), The Warmth of Our Sons: Necropolitics, Memory and the Palestinian Questo for Closure, il titolo giusto è rights of mourn [Il calore dei nostri figli: necropolitiche, memoria e il diritto dei palestinesi al lutto] (2019), p. 28.

[176] Ad esempio Corte Suprema in udienza supplementare 10190/17, Comando militare israeliano di Giudea e Samaria (Cisgiordania) v. Muhammad Eliyan (2018).

[177] DCI-P, Withheld Bodies: No Closure for Palestinian Families Waiting for Their Child’s Remains [ Corpi trattenuti: nessuna fine per le famiglie palestinesi che attendono i resti del loro figlio] (2020).

[178] FnX(JLAC,2019), p. 47.

[179] Earakat, Noura e Rabea Eghbariah, The Jurisprudence of Death: Palestinian Corpses & the Israeli Legal Process  [La giurisprudenza della morte: i corpi palestinesi e il processo legale israeliano, Jadaliyya (8 febbraio 2023).

[180] UNSCIP, Comunicato di fine missione (6 May 2016).

[181] GC IV, articolo 130; AP I, articolo 34.

[182] FnX(EnforcedDisappearanceConv), articolo 1; UN WGEID, UA ISR 2/2019 (2019).

[183] Veracini, Lorenzo. Settler colonialism: a theoretical overview, [Colonialismo d’insediamento: una panoramica teorica] Houndmills, UK: Palgrave Macmillan, 2010, p. 46; Nethery, Amy. Incarceration, classification and control: Administrative detention in settler colonial Australia, [Incarcerazione, classificazione e controllo: detenzione amministrativa nell’Australia coloniale di insediamento] Political Geography (2021), pp.3-4.

[184] FnX(Nashif).

[185] Foucault, Michel, Discipline and Punish. The Birth of the Prison [Sorvegliare e punire. La nascita della prigione, Einaudi, Torino, 1976], Vintage books, 1995, p. 297.

[186] Anthony, Thalia, and Harry Blagg. Hyperincarceration and indigeneity. [Ipercarcerazione e condizione indigena] Oxford Research Encyclopedias criminology and criminal justice (2021).

[187] FnX(AI,2022), pp. 28.

[188] OCHA oPt, West Bank Firing Zones [Zone di tiro in Cisgiordania] (2012).

[189] H2: The Occupation Lab [Il laboratorio dell’occupazione] (2023), documentario di Idit Avrahami e Noam Sheizaf.

[190] B’Tselem, Hebron City Center [Il centro città di Hebron] (aggiornato al maggio 2019).

[191] Al-Haq, Occupying Jerusalem’s Old City: Israeli Policies of Isolation, Intimidation and Transformation [Occupare la Città Vecchia di Gerusalemme: politiche israeliane di isolamento, intimidazione e trasformazione] (2019), pp. 7-12, 15.

[192] BerdaFnX, p. 162.

[193] FnXBtS(2022), p. 15.

[194] Ibid., p. 22 e testimonianza 4.

[195] HRW, A Threshold Crossed: Israeli Authorities and the Crimes of Apartheid and Persecution [“Una soglia superata: le autorità israeliane e i crimini di apartheid e persecuzione”] (2021), p. 174.

[196] FnXBtS(2022), p. 23.

[197] COGAT, Procedure for Entry and Residence of Foreigners in the Judea and Samaria Area [Procedure per l’ingresso e la residenza di stranieri nella zona di Giudea e Samaria], 21 dicembre 2022.

[198] ICCPR, articolo 17; HRC General comment No. 16; A/HRC/39/29, para. 10.

[199] Dichiarazione di Yuval Noval Harari, World Economic Forum (2018).

[200] Santos, Madalena. Settler colonial surveillance and the criminalization of social media: contradictory implications for Palestinian resistance. [Sorveglianza nel colonialismo d’insediamento e la criminalizzazione delle reti sociali: implicazioni contraddittorie per la resistenza palestinese] In Protests in the Information Age [Proteste nell’epoca dell’informazione], Routledge, 2018, p. 102.

[201] Amnesty International, Automated Apartheid [Apartheid automatizzato] (2023), p. 75.

[202] 7amleh, What is the Facebook Bill?  [Cos’è la legge Facebook?] (2022).

[203] FnX (Automated Apartheid) [Apartheid automatizzato], pp. 40-45, 69.