Arrestare arabi e persone di sinistra: ecco come Israele intende reprimere il dissenso interno sulla guerra contro Gaza

Meir Baruchin detenuto per 5 giorni e licenziato dall'insegnamento per avere criticato l'azione di Israele A Gaza e in Cisgiordania. Foto: Emil Salman
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Editoriale di Haaretz

14 novembre 2023 – Haaretz

Anche se alcune di queste affermazioni sono sgradevoli da ascoltare per gli israeliani, esse dovrebbero essere consentite purché non costituiscano vero incitamento

Lunedì un tribunale ha liberato, sottoponendolo ad alcune condizioni, Meir Baruchin, docente di educazione civica e storia, che aveva passato cinque giorni in carcere senza un atto di accusa. Solo pochi giorni fa la polizia aveva chiesto che fosse tenuto in prigione per “aver indicato la decisione di commettere tradimento,” un reato che prevede una condanna massima di 10 anni di carcere. Ma quello che in un post su Facebook è cominciato con un boato, citando “tradimento” e “giustificare le azioni di Hamas” in pochi giorni è finito in un sussurro.

Sia chiaro: Barichin è stato usato come strumento politico per mandare un messaggio politico. Il motivo del suo arresto è la deterrenza: mettere a tacere tutte le critiche o ogni accenno di protesta contro le politiche israeliane. Baruchin ha pagato un prezzo personale, è stato licenziato dalla scuola superiore dove insegnava e ha passato 5 giorni in carcere senza motivazioni.

La polizia aveva chiesto al pubblico ministero il permesso di indagarlo perché sospettato di incitamento. Ma dopo che questa richiesta è stata respinta, il reato è stato derubricato a decisione di commettere tradimento, un’accusa gravissima usata molto raramente.

La denuncia contro Baruchin è stata presentata dal comune di Petah Tikva che l’ha licenziato. Il pretesto sono i post in cui protestava contro l’operazione militare di Israele nella Striscia di Gaza e in cui parlava delle morti dei civili gazawi. È stato interrogato su circa 15 post, alcuni risalenti a prima dell’inizio della guerra del 7 ottobre. I post includevano foto di palestinesi morti, tra cui bambini piccoli, spesso accompagnate dalla didascalia “Questo agli ebrei non interessa.” E, a parte poche eccezioni, ha ragione. Persino in tempo di pace, l’opinione pubblica israeliana non ha quasi alcun interesse per le vittime palestinesi. In tempo di guerra l’opinione prevalente è che cose simili non succedono.

In un altro post dell’8 ottobre Baruchin ha elencato i nomi di sei palestinesi uccisi in Cisgiordania e la loro l’età, compresa fra i 14 e i 24 anni. “Sono nati e vissuti per tutta la vita sotto occupazione,” ha scritto. “Non hanno mai conosciuto un solo giorno di vera libertà … Sono stati ammazzati dai nostri fantastici ragazzi.” Venerdì scorso il giudice Oren Silverman ha giustificato il trattenimento in carcere per altri quattro giorni citando queste frasi. Secondo Silverman sono sufficienti per “stabilire un ragionevole sospetto.”

Ma il giudice Zion Saharay non è stato così convinto dalle argomentazioni della polizia. Nella sua decisione di liberare Baruchin ha anche ignorato un’altra affermazione della polizia che si basava su messaggi in un gruppo WhatsApp in cui l’esperto insegnante avrebbe giustificato gli stupri commessi dai terroristi di Hamas. 

Baruchin non è il solo. Durante lo scorso mese decine di arabi israeliani sono stati arrestati per supposto incitamento. Sia la polizia che il pubblico ministero fanno parte di questo movimento che limita in modo significativo la libertà di espressione in Israele. Anche se alcune di queste affermazioni sono sgradevoli da ascoltare per gli israeliani, esse dovrebbero essere permesse fintantoché non costituiscono vero incitamento.

In un momento in cui il governo sta cercando di zittire la gente, la polizia e il pubblico ministero non dovrebbero essere d’accordo mettere in atto tali persecuzioni. I tribunali le devono impedire per proteggere gli israeliani e le loro libertà.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)