Sicurezza e dilemma demografico di Israele

Gaza sotto attacco. Foto: Ashraf Amra – Anadolu Agency
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Nabil Al-Sahli

19 marzo 2024 – Middle East Monitor

Ci sono state gravi ripercussioni in Israele dall’Operazione Diluvio Al-Aqsa il 7 ottobre incluse delle perdite economiche. Lo Stato di occupazione ha assistito a gravi divisioni nella società e nei partiti politici. Inoltre è quasi certo che l’operazione continuerà una tendenza di inversione della migrazione ebraica dalla Palestina occupata in un momento in cui la demografia dello Stato è una questione fondamentale per i governi israeliani e gli strateghi sionisti.

Questa tendenza è cominciata prima di Diluvio Al-Aqsa, con ebrei israeliani che emigravano negli USA e in Europa per una stabilità economica e una sicurezza maggiori. Questa è l’alternativa più popolare che migliaia di giovani ebrei israeliani devono affrontare trovandosi davanti Benjamin Netanyahu alla guida del governo più a destra della storia dello Stato canaglia con una combinazione di partiti ultraortodossi, movimenti religiosi ed estrema destra.

L’immigrazione ebraica è sempre stata importante per Israele e il progetto sionista. I fattori che attraggono gli ebrei a trasferirsi nella Palestina occupata includono sicurezza, benessere economico e i falsi slogan sionisti che all’inizio hanno avuto successo, ma col tempo hanno fallito. Con la contrazione dell’economia israeliana, la sicurezza è diventata la ragione più importante per potenziali immigrati ebrei da tutto il mondo. Questo è il motivo per cui l’ebraicità di Israele è stata popolarizzata e sancita nella costituzione israeliana nel serio tentativo per attrarre più ebrei a “fare aliyah” [emigrare, ndt.] nello “Stato ebraico”. Sia il movimento sionista che il suo Stato canaglia considerano tutti gli ebrei potenziali risorse umane per i loro obiettivi espansionisti e un pilastro della continuazione dell’intero progetto nella regione araba a spese del popolo palestinese.

Nonostante siano passati circa 76 anni dall’istituzione di Israele nella Palestina occupata, solo il 41% della popolazione ebraica globale è stata tentata dal trasferirsi nello Stato di occupazione. I leader israeliani hanno cercato di approfittare di ogni possibile opportunità per convincere altri ebrei a trasferirsi.

In cooperazione e coordinamento con l’Agenzia Ebraica per Israele si prevede di finanziare grandi campagne per convincere 200.000 ebrei a trasferirsi dall’Argentina, parecchie migliaia dall’Etiopia e circa 80.000 da India e Sudafrica. Per attrarre immigrati si offrono incentivi finanziari e lavorativi. Nel complesso l’immigrazione ebraica da Europa e Nord America ha toccato il suo livello più basso, mancando fattori che espellano gli ebrei dai loro Paesi di origine e il colpo che l’immagine e la reputazione di Israele hanno subito a causa del genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Nonostante le affermazioni di Israele che ci sia stato un “interesse crescente nell’immigrazione” da parte di ebrei in Occidente, i numeri veri sono stati molto ridotti.

La strategia sionista di sostituire la popolazione palestinese ed ebraizzare la terra è sempre dipesa da quattro elementi: attrarre gli ebrei del mondo a trasferirsi nella Palestina occupata; ebraizzare la terra araba impadronendosene o espropriandola in qualche modo e poi insediandoci gli immigrati; creare le giuste condizioni politiche per espellere quanti più arabi palestinesi possibile e costruendo colonie illegali per cambiare la geografia e la demografia a favore del progetto sionista violando il diritto internazionale. L’attenzione si è concentrata sulla creazione di un’economia vivace per attrarre più ebrei grazie all’alto livello di vita e ai tassi di crescita.

L’ebraizzazione della terra palestinese ne ha richiesto il controllo con vari mezzi. La terra è stata svuotata della sua popolazione palestinese grazie a massacri ed espulsioni forzate, e il pretesto di tematiche di sviluppo e sicurezza è stato usato per mandare via i palestinesi dalle loro terre. Istituzioni sioniste come il Jewish National Fund [Fondo Nazionale Ebraico] (JNF) e la Jewish Agency [Agenzia Ebraica], così come l’occupazione del Mandato britannico hanno giocato un ruolo importante nel trasferire la proprietà di terre arabo palestinesi anche prima della fondazione dello Stato di apartheid nel 1948.

Tuttavia è un fatto che quando Israele dichiarò la propria “indipendenza” in quell’anno fatale, gli ebrei sionisti possedevano appena il 9,1 % della Palestina.

Oggi Israele controlla il 100% della Palestina storica indipendentemente da quanto detto dai famigerati accordi di Oslo su quello che sarebbe dovuto succedere dopo e lo Stato, oltre ai territori occupati presi per coloni e colonie, occupa il 78% della terra.

L’operazione Diluvio Al-Aqsa è considerata una delle operazioni di guerriglia di maggior successo nella storia della lotta palestinese dal 1948, poiché ha rivelato la fragilità di Israele a ogni livello e posto fine al mito dell’invincibilità dell’“esercito più morale al mondo”. Motiverà la resistenza palestinese in tutte le forme nella Palestina storica quale risposta legittima all’occupazione israeliana.

Data l’importanza di sicurezza e stabilità economica per attirare e trattenere gli immigrati ebrei in Israele, probabilmente vedremo un incremento dei numeri di ebrei israeliani che lasciano il Paese. I dati dell’immigrazione netta sono probabilmente negativi per lo Stato. Ciò accadde durante la Seconda (Al-Aqsa) Intinfada (settembre 2000-febbraio 2005), sebbene i dati ufficiali cercano di mascherare la realtà.

Ciò non scoraggerà i sionisti dal continuare a cacciare i palestinesi in tutti i modi possibili e cercare di attirare nuovi immigrati ebrei. Questa resterà come un’importante strategia in un momento in cui lo Stato sta vivendo un dilemma demografico rappresentato dalla crescita della popolazione palestinese nella Palestina storica, la sua dedizione alle proprie terre e il suo rifiuto al trasferimento, combinati con il declino dell’immigrazione ebraica, cosa che renderebbe possibile che gli ebrei diventino una minoranza nel cosiddetto Stato ebraico. Questa è la più grande paura del progetto sionista.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)