I minori palestinesi temono per il loro futuro in quanto Israele intende chiudere scuole

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Zena Tahhan

29 gennaio 2019, Middle East Eye

Le strutture educative per i palestinesi a Gerusalemme est sono già tutt’altro che adeguate. Ora potrebbero essere molto peggiori

Campo profughi di Shuafat, Gerusalemme est occupata –Nel trascurato campo profughi di Shuafat, nella Gersualemme est occupata, l’atmosfera è sempre tesa.

Qui i bambini giocano nelle strade piene di spazzatura e acque reflue, mentre giovani adolescenti sono obbligati ad abbandonare la scuola per lavorare in autorimesse e ristoranti per aiutare in casa ad arrivare a fine mese.

Almeno 24.000 persone – la maggioranza delle quali profughi le cui famiglie vennero espulse nel 1948 – vivono in questo angolo di illegalità, rinchiuso tra due posti di controllo e un muro di cemento altro 8 metri che circonda il campo.

Notizie riguardo ai progetti di Israele di chiudere qui le due scuole per rifugiati delle Nazioni Unite hanno solo soffiato sul fuoco.

Le scuole, benché carenti come organizzazione e qualità necessarie, sono gratuite e offrono un piccolo ma significativo barlume di speranza in un contesto difficile.

“Tutte le mie amiche sono nella mia scuola. Amo i miei insegnanti. Passiamo più tempo a scuola che a casa,” dice Zuhoor al-Tawil, una studentessa quattordicenne della scuola femminile di Shuafat, gestita dall’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, UNRWA.

“Perché non aspettano che ci diplomiamo e poi la chiudono?” chiede a Middle East Eye.

Con l’ennesimo colpo ai profughi palestinesi e al sistema educativo nella Gerusalemme est occupata, la scorsa settimana i media israeliani hanno informato che Israele chiuderà le scuole dell’ONU che forniscono servizi ai campi profughi palestinesi in tutta la città.

Secondo i mezzi di informazione israeliani, dall’inizio del prossimo anno scolastico il Consiglio della Sicurezza Nazionale di Israele revocherà i permessi alle scuole gestite dall’UNRWA.

Le scuole dirette dall’agenzia ONU verrebbero sostituite da scuole alle dipendenze del Comune di Gerusalemme, e seguirebbero il curriculum di studi del ministero dell’Educazione di Israele.

In attività dal 1949, l’UNRWA gestisce sei scuole a Gerusalemme, fornendo servizi a circa 3.000 studenti. L’agenzia gestisce anche centri sanitari e associazioni di donne e giovani, e offre anche servizi di assistenza e protezione.

In merito alla questione, l’UNRWA ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di non essere informata della decisione di chiudere le scuole.

“In nessun momento dal 1967 le autorità israeliane hanno contestato le basi su cui l’agenzia mantiene e gestisce strutture a Gerusalemme est,” afferma la dichiarazione.

Ipotesi B’

Sebbene l’UNRWA sia preoccupata, sta cercando di non parlare di un’“ipotesi B” se Israele decidesse di chiudere le scuole o di limitare l’operatività dell’agenzia, ha detto il portavoce Sami Mshasha a MEE.

“Ci sono 60.000 rifugiati palestinesi a Gerusalemme. Gran parte di loro vive al di sotto del livello di povertà. C’è un altissimo tasso di disoccupazione, la qualità della vita di queste persone si ridurrà drasticamente e ne soffriranno.”

Mohannad Masalameh, direttore esecutivo del Comitato Popolare del campo di Shuafat, afferma che, mentre le scuole dell’ONU stanno affrontando una grave riduzione del personale a causa dei recenti tagli [ai finanziamenti all’UNRWA, ndtr.] da parte del governo USA, le loro strutture rimangono migliori di altre scuole.

L’amministrazione comunale israeliana di Gerusalemme gestisce una serie di scuole nel campo, dove, nonostante ripetuti tentativi da parte del governo israeliano di introdurre il proprio programma, vengono seguiti i programmi dell’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania.

“Tu vai in una scuola municipale e non c’è neppure un’atmosfera da scuola. Le scuole dell’UNRWA sono molto più grandi e migliori. C’è un grande cortile. La maggior parte delle scuole municipali è in edifici affittati,” dice Masalameh a MEE.

“Sebbene non sia stata presa nessuna decisione, se un simile progetto venisse messo in pratica avrà conseguenze molto negative. L’UNRWA ha fornito lavoro a circa 85 dipendenti nelle scuole: perderanno il loro lavoro.” E aggiunge: “Penso che la gente si rifiuterà di mettere i propri figli nelle scuole municipali con un programma di studi israeliano. In quanto palestinesi, alcuni potrebbero rifiutarsi di imparare un programma di un altro Paese che è in conflitto con il proprio patriottismo.”

Strutture fatiscenti

Il fatto che Israele prenda di mira le scuole dell’UNRWA è solo uno dei modi in cui le sue politiche hanno un impatto negativo sull’educazione dei palestinesi a Gerusalemme.

In base alle leggi israeliane e internazionali, Israele ha l’obbligo di fornire un’educazione adeguata a tutti i bambini palestinesi della città.

Tuttavia” Ir Amim”, una Ong israeliana che monitora la vita dei palestinesi in città, informa che sarebbero necessarie più di 2.500 aule per fornire servizi adeguati ai minori palestinesi.

Oltretutto si stima che circa 70 aule dovrebbero essere costruite ogni anno per rispondere all’aumento della popolazione palestinese, ma in media Israele ne costruisce annualmente 37.

“Fino a poco tempo fa il Comune di Gerusalemme e il ministero dell’Educazione attribuivano la crescente mancanza di aule alla carenza di terreni disponibili su cui costruire strutture scolastiche a Gerusalemme est,” affermava un rapporto dell’associazione pubblicato nel 2017.

“Di fatto, la scarsità in questione non è una reale mancanza di terreni, quanto piuttosto una mancanza di aree edificabili destinate a edifici pubblici – un risultato diretto della pianificazione urbanistica discriminatoria a Gerusalemme est.”

Israele conquistò Gerusalemme est, l’annesse e mise i suoi quartieri sotto la giurisdizione israeliana nel 1967, con un’iniziativa che violava le leggi internazionali e che non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale.

Da allora ha destinato il 2,6% di tutta la terra a Gerusalemme est per strutture pubbliche. Al contrario, circa l’86% di Gerusalemme est è stato destinato ad uso dello Stato di Israele e dei coloni.

La mancanza di spazi per l’espansione naturale e la ghettizzazione dei quartieri palestinesi a Gerusalemme est hanno gravemente soffocato il settore dell’educazione.

Ziad al-Shamale, presidente dell’Unione dei Comitati dei Genitori a Gerusalemme est, afferma che la mancanza di spazio è il problema maggiore, con il muro israeliano di separazione tra la città e la Cisgiordania occupata che blocca lo sviluppo.

“Gerusalemme è chiusa dal muro, e le scuole sono già sovraffollate. Il governo israeliano non concede nessun permesso o autorizzazione per costruire una scuola – né lo fa l’Autorità Nazionale Palestinese, né il Waqf [ente religioso musulmano che gestisce i luoghi sacri, ndtr.] islamico di Gerusalemme – nessuno,” dice Shamale a MEE.

“Israele non vuole che il nostro settore educativo si sviluppi. Vogliono persone senza educazione, gente che abbandona la scuola,” continua. “Le persone non possono trovare case in cui abitare, per cui come ci si può aspettare che trovino scuole?”

Almeno il 33% degli studenti palestinesi di Gerusalemme abbandona prima di aver completato i 12 anni di scuola. Secondo il rapporto di “Ir Amir”, ogni anno più di 1.000 studenti lasciano le scuole

L’alta percentuale di abbandoni, dice Shamale, è in parte dovuta alla mancanza di strutture adeguate nelle scuole palestinesi di Gerusalemme.

“Ci sono più di 40 o 45 studenti in ogni classe, con un solo insegnante. C’è una grave carenza di campi sportivi, zone per giocare, aule con i computer e persino libri da leggere per i bambini,” dice.

Una guerra contro i programmi palestinesi

Dopo decenni di disinteresse per la scolarità dei palestinesi, nel maggio 2018 il governo israeliano ha deciso di investire 450 milioni di shekel (oltre 100 milioni di €) nell’educazione a Gerusalemme est.

Tuttavia il denaro è prevalentemente destinato a migliorare la tecnologia e le lezioni di ebraico e per convincere le scuole pubbliche municipali a passare ai programmi israeliani.

Zaid al-Qiq è un insegnante in una scuola privata e ricercatore su questioni educative. Dice che il governo israeliano sta già cercando di convincere i genitori palestinesi e i loro figli a studiare nelle scuole municipali con programmi israeliani.

“Il Comune vuole convincerli a prendere il Bagrut (esami di diploma nelle scuole superiori israeliane) o a fare esami psicometrici (esami di ingresso all’educazione superiore) invece degli esami palestinesi,” dice Qiq a MEE.

Per i palestinesi della città fare gli esami di diploma israeliani significa essere in grado di andare alle università israeliane e l’accesso ad un mercato del lavoro più vasto. Fino a poco tempo fa, quelli che volevano studiare all’Università Ebraica di Gerusalemme dovevano sottoporsi a un programma pre-univesritario di due anni con un esame psicometrico.

Nel contempo il principale campus dell’unica università palestinese di Gerusalemme – la “Al Quds” – è tagliato fuori dalla città dal muro di separazione. Chi desidera accedervi deve viaggiare per una distanza doppia e attraversare un checkpoint.

Qiq afferma che sotto l’occupazione israeliana il settore educativo palestinese è tutt’altro che indipendente: “Persino nelle scuole private il Comune interferisce sull’assunzione di alcuni insegnanti e sugli argomenti che insegniamo,” sostiene.

“Oggi stanno facendo una guerra contro i programmi palestinesi e ora vi stiamo assistendo con le scuole dell’UNRWA.”

Shamale, presidente del comitato dei genitori, è d’accordo.

“Temiamo che un domani il settore educativo ricada tutto sotto i programmi israeliani. Impartiranno ai nostri figli la narrazione israeliana. Dopo 10 o 15 anni questa generazione sarà palestinese di nome, ma non per la sua identità,” dice. “Gli studenti palestinesi sono le vittime di questo sistema.”

(traduzione di Amedeo Rossi)

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