Tareq S. Hajjaj
31 marzo 2025 – Mondoweiss
Una squadra di operatori della Difesa Civile e della Mezzaluna Rossa palestinese a Gaza è scomparsa dopo essersi recata a Rafah per una missione di salvataggio. Una settimana dopo i corpi di 14 soccorritori sono stati trovati morti e sepolti nella sabbia dall’esercito israeliano.
All’ospedale Nasser di Khan Younis Taghreed al-Attar siede accanto al corpo del marito, ritrovato venerdì scorso a Rafah. Anwar al-Attar era partito la settimana prima per Rafah con altri soccorritori, ma nessuno è tornato.
Sua moglie racconta che quando hanno perso i contatti con suo marito le persone le hanno detto che era stato imprigionato dall’esercito israeliano. Ma afferma che lui le è apparso in sogno e lo ha visto in paradiso circondato da fiumi e frutteti. Non poteva credere che si trovasse in un carcere.
“Non ha mai perso un momento di lavoro da quando è iniziata la guerra. È stato ferito tre volte e tutti gli chiedevano di smettere di lavorare e di riposarsi”, racconta Taghreed in una testimonianza video a Mondoweiss. “Ma lui diceva sempre che doveva essere un modello per i suoi colleghi e che non avrebbe mai smesso di lavorare e servire la sua gente. Ha rischiato la vita penetrando tra le macerie e tirando fuori i martiri. Sono orgogliosa di lui e spero che i nostri figli saranno come lui”.
Ricorda che lui le parlava sempre dei pericoli che correva, a volte dicendole che i droni quadricotteri li inseguivano sempre e a volte sparavano. Lei gli chiedeva se aveva paura e lui le rispondeva che Dio era con lui.
“Anwar lascia tre figlie, la più piccola delle quali ha quattro anni”, dice la moglie.
La scorsa settimana Al-Attar era stato inviato con i suoi colleghi della Protezione Civile in una missione per salvare una squadra di paramedici della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) scomparsa, ma l’unico risultato è stato il blocco delle comunicazioni anche con lui e la squadra di soccorso.
Il corpo di Anwar è stato trovato qualche giorno dopo sepolto sotto la sabbia. Questo è stato il primo segno evidente che l’esercito israeliano aveva preso di mira la Difesa Civile e gli equipaggi della PRCS a Rafah, ha detto un portavoce della Difesa civile a Mondoweiss.
Pochi giorni dopo aver trovato il corpo di al-Attar le squadre della Protezione Civile che hanno scavato nella zona dopo aver ottenuto il permesso dall’esercito israeliano hanno trovato 14 cadaveri.
In una dichiarazione del 30 marzo il Ministero della Salute di Gaza ha affermato che i corpi appartenevano a 8 paramedici del PRCS, 5 membri della Difesa Civile e una persona la cui identità rimane sconosciuta.
Si specificava che gli equipaggi erano stati “giustiziati” e “alcuni sono stati trovati con le mani legate”.
Il Ministero ha aggiunto che i corpi dei componenti delle squadre di soccorso mostravano i segni di un’azione deliberatamente mirata. “Alcuni di loro sono stati colpiti alla testa e al torace e sono stati sepolti in buche profonde per evitare che venissero trovati”, ha affermato il Ministero.
Al funerale di al-Attar la scorsa settimana i membri della Difesa Civile che hanno salutato il loro collega caduto con le lacrime agli occhi hanno raccontato a Mondoweiss tramite una testimonianza video la dedizione di al-Attar al suo lavoro. “Ha svolto un lavoro umanitario durante la guerra e la sua missione era quella di recuperare i feriti e i martiri dalle macerie”, ha affermato Abdul Rahman Ashour, uno dei membri della Difesa Civile che ha riportato il corpo di al-Attar da Rafah.
“Il giubbotto e l’elmetto di Anwar, che lo identificano come un operatore della Protezione Civile, sono stati perforati da oltre 20 fori di proiettile”, ha dichiarato Ashour a Mondoweiss. “È stato colpito alla testa, al torace e nella parte inferiore del corpo. È stato brutalmente assassinato”.
Ashour dice che l’ambulanza del PRCS inviata a Rafah per rispondere alle chiamate di soccorso ha preso fuoco dopo essere stata colpita dall’esercito israeliano. È stato allora che al-Attar e la sua squadra sono stati inviati a bordo di un’autopompa e un’altra ambulanza.
“Gli equipaggi dell’ambulanza e dell’auto dei pompieri sono stati presi di mira subito”, ha aggiunto Ashour, dicendo che al-Attar e i suoi colleghi sono stati “giustiziati sul campo”.
Come si è svolto il massacro dei primi soccorritori
Nella scorsa settimana l’esercito israeliano ha fatto irruzione in varie zone della Striscia di Gaza, tra cui il quartiere Tal al-Sultan a Rafah, in particolare in un’area della parte occidentale comunemente nota come “al-Baraksat”. Durante i primi giorni dell’irruzione gli abitanti hanno condiviso storie orribili di esecuzioni di massa, giovani uomini raggruppati dentro dei fossati e fucilati a bruciapelo e bambini uccisi davanti alle loro madri.
Diversi sopravvissuti che sono riusciti a lasciare la zona hanno ripetuto questi racconti a Mondoweiss, ma al momento il giornale non è stato in grado di verificarli dato che a nessun soccorritore è stato permesso di raggiungere la zona a causa del rigido blocco imposto dall’esercito israeliano. Da allora sono emerse sempre più testimonianze di sopravvissuti e soccorritori provenienti dalla zona.
Marwan al-Hams, direttore degli ospedali da campo a Gaza, ha detto a Mondoweiss nel corso di una testimonianza video di aver ricevuto segnalazioni del ritrovamento a Rafah di “molti corpi e resti umani”. “È quanto rimane di un gruppo di martiri”, ha detto. “Le persone hanno cercato di recuperarli ma non ci sono riuscite. Li hanno semplicemente coperti di sabbia per evitare che venissero mangiati dai cani randagi”.
È stato in questo contesto che la scorsa settimana i civili intrappolati a Tal al-Sultan hanno inviato chiamate di soccorso al PRCS e alla Difesa civile nell’area di Rafah. Sono stati inviati due veicoli, seguiti, dopo la loro scomparsa, dagli altri due guidati da Anwar al-Attar.
Il destino di tutti gli equipaggi è rimasto sconosciuto per oltre una settimana. Durante questo periodo il PRCS e la Difesa Civile hanno tentato di ottenere il permesso di coordinamento dall’esercito israeliano per entrare a Rafah e cercare i loro colleghi scomparsi.
Mahmoud Basal, portavoce della Difesa Civile nella Striscia di Gaza, racconta che non appena la squadra di Attar è arrivata a Rafah, l’esercito israeliano ha chiuso gli ingressi e le uscite della località, assediando di fatto i primi soccorritori. È stato allora che le comunicazioni sono andate perse, dice Basal.
“Abbiamo chiesto alle organizzazioni internazionali e alla comunità internazionale di aiutarci a trovare un accordo con l’occupazione per ottenere l’accesso all’area, così da poter conoscere la sorte delle nostre squadre”, racconta Basal a Mondoweiss. “Per diversi giorni abbiamo tentato di coordinarci, ma l’occupazione ha categoricamente rifiutato”.
Dopo numerose richieste il 27 marzo la Difesa civile, la Mezzaluna Rossa e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) hanno ottenuto il coordinamento dall’occupazione.
“Siamo entrati a Rafah dopo molte difficoltà, solo per rimanere sconvolti dall’entità del massacro che vi si era verificato”, racconta Basal. “Le forze di occupazione hanno aperto il fuoco pesante sui veicoli della Mezzaluna Rossa e della Difesa civile. I bulldozer israeliani hanno persino posizionato barriere di sabbia sull’area [dove erano stati sepolti], alterandone completamente le caratteristiche”.
“Tutte le evidenze sulla scena mostrano che le forze di occupazione israeliane hanno giustiziato gli equipaggi medici”, continua Basal, aggiungendo che durante le ricerche del 27 marzo i team hanno identificato il corpo di Anwar al-Attar. “Abbiamo cercato di localizzare gli altri, ma è calato il buio e ci ha impedito di completare la ricerca”.
Tre giorni dopo le squadre della Difesa Civile hanno trovato il resto degli equipaggi dispersi: 14 persone sepolte, alcune con le mani legate e con segni di colpi di arma da fuoco alla testa e al torace.
Basal sottolinea che le squadre della Difesa Civile e della Mezzaluna Rossa godono dell’immunità internazionale e sono protette dal diritto umanitario internazionale.
“Ma sfortunatamente l’occupazione ha una marcata familiarità con gli eccidi. Stiamo parlando di 105 martiri della Difesa Civile, tutti con l’immunità, ma l’occupazione li ha uccisi”, afferma Basal. “Questo dimostra che l’occupazione non ha linee rosse e non rispetta il diritto internazionale o umanitario”.
Una dichiarazione dell’esercito israeliano all’AFP [agenzia di stampa francese, ndt.] ha affermato che “pochi minuti” dopo che i soldati “hanno eliminato diversi terroristi di Hamas” aprendo il fuoco sui loro veicoli, “altri automezzi sono avanzati in modo sospetto verso le truppe”. La dichiarazione ha aggiunto che l’esercito ha sparato “verso i veicoli sospetti, eliminando diversi terroristi di Hamas e della Jihad islamica”.
L’esercito ha ammesso che un’indagine appena avviata ha rivelato che “alcuni” dei veicoli erano ambulanze e camion dei pompieri, aggiungendo che l’esercito condanna l’uso di tali veicoli da parte di “organizzazioni terroristiche” per “scopi terroristici”.
Mahmoud Basal smentisce queste accuse, affermando che l’occupazione ha voluto coprire il crimine sostenendo che si trattava di combattenti di Hamas e della Jihad islamica. Afferma che la Difesa Civile ritiene l’occupazione israeliana pienamente responsabile per l’uccisione degli equipaggi, la violazione del diritto umanitario internazionale e il massacro di personale medico e soccorritori, identificabili per i loro giubbotti arancioni.
“[L’uso di] questo giubbotto è coordinato con l’occupazione israeliana”, afferma Basal. “L’operazione di ingresso [delle squadre di soccorso a Rafah] era chiara, ma l’occupazione ha commesso il massacro e ora vuole liberarsi dal peso dell’onta”.
“Quello che è successo ai nostri equipaggi è un massacro a tutti gli effetti e un crimine per il quale l’occupazione deve essere ritenuta responsabile dal mondo libero e dalle organizzazioni umanitarie”, aggiunge Basal. “Ciò ha gravi ripercussioni e il mondo deve rendersi conto che quanto è successo a Gaza costituisce una flagrante violazione del diritto umanitario internazionale”.
Tareq S. Hajjaj è il corrispondente da Gaza di Mondoweiss e membro dell’Unione Scrittori Palestinesi. Ha studiato letteratura inglese all’università Al-Azhar di Gaza. Ha iniziato la sua carriera di giornalista nel 2015 lavorando come scrittore esordiente e traduttore per il giornale locale, Donia al-Watan. E’ stato corrispondente per Elbadi, Middle East Eye e Al Monitor.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)


