Il Congresso ha applaudito il genocidio di Gaza, ma il discorso di Netanyahu ha dimostrato che il consenso politico di cui ha goduto Israele è finito

Netanyahu mentre parla al Congresso americano. Foto: CALEB SMITH
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Mitchell Plitnick

28 Luglio 2024 – Mondoweiss

L’appello di Benjamin Netanyahu a mantenere il sostegno al genocidio di Gaza può aver ricevuto scroscianti applausi al Congresso, ma il discorso ha rivelato una situazione di incertezza politica per Israele sia tra i democratici che tra i repubblicani.

Mercoledì 24 luglio, in uno degli episodi più vergognosi della sua storia, il Congresso ha ospitato a camere riunite un discorso del Primo Ministro israeliano.

Il discorso grondava militarismo, razzismo e bugie così sfacciate che persino i media americani tradizionali ne hanno rilevate alcune. In un grossolano tentativo di dimostrare che Israele non è uno Stato razzista in cui si pratica l’apartheid Netanyahu ha esibito due soldati dell’esercito israeliano, uno musulmano e uno etiope, vantandosi di quanti palestinesi hanno ucciso.

Ha mentito sul fatto che Israele prende di mira i civili palestinesi (oggi più di quanto abbia mai fatto prima), sul rapporto tra il numero di civili e il numero di combattenti uccisi a Gaza e sul bilancio delle vittime a Rafah. Sono tutte oscenità, un’ostentata negazione del genocidio nelle sale del Congresso, degna dei peggiori negazionisti dell’Olocausto. Ancora peggio, questa negazione è stata fatta dall’assassino stesso mentre ancora commetteva questi atroci crimini e le bugie sono state accolte con standing ovation e applausi da membri del Congresso intervenuti per assistere a tutto ciò.

Netanyahu ha persino riesumato bugie sul 7 ottobre smentite da tempo: storie di bambini bruciati vivi e di bambini uccisi mentre si nascondevano in una soffitta. Queste storie sono state smentite da fonti israeliane, ma ciò non ha impedito a Netanyahu di ripeterle a Washington di fronte a una plaudente folla di islamofobi e razzisti anti-palestinesi.

Come previsto, ha anche affermato che i manifestanti radunatisi in gran numero per contestarlo in occasione del suo discorso sono stati finanziati dall’Iran, corroborato dalla recente testimonianza falsa e del tutto priva di fondamento della Direttrice dell’Intelligence Nazionale statunitense Avril Haines.

Il discorso di Netanyahu aveva lo scopo di consolidare il sostegno del Congresso al genocidio di Gaza e di ribadire l’idea sciovinista e militarista che Israele stia combattendo la prima linea della battaglia americana contro la barbarie musulmana. Ogni sua parola trasudava razzismo ed è stata accolta con grandissimo calore e apprezzamento sia dai repubblicani che dai falchi democratici presenti.

Ma al di là dell’enfasi c’era poca sostanza nel suo discorso: esso non conteneva nulla di nuovo, soltanto i soliti triti argomenti, falsità e puro razzismo. In definitiva è stato un riflesso dell’evento stesso: un tentativo di protagonismo da parte del presidente della Camera Mike Johnson, nazionalista cristiano, che i leader democratici con la loro tipica codardia non hanno voluto contrastare.

Gli obiettivi di Netanyahu

La sostanza del discorso non era tuttavia il punto centrale per Netanyahu. Con questa apparizione egli perseguiva due obiettivi principali. Il primo era quello di consolidare il sostegno americano, soprattutto da parte dei repubblicani, ma il più possibile da entrambi gli schieramenti. Il secondo era che gli israeliani vedessero il modo in cui era stato acclamato al Congresso.

Sul primo obiettivo ha avuto un discreto successo, con alcuni dei democratici più spregevoli come John Fetterman, Kyrsten Sinema e Steny Hoyer in prima fila insieme ai loro colleghi repubblicani nel loro zelante sostegno a un criminale di guerra. Mentre metà del caucus democratico del Congresso ha boicottato il discorso (Rashida Tlaib ha partecipato tenendo un cartello con scritto “criminale di guerra” da un lato e “colpevole di genocidio” dall’altro), Netanyahu se lo aspettava e non avrebbe potuto chiedere di più del sostegno che ha ampiamente ottenuto da quei democratici che erano presenti.

Si tratta di un sostegno sufficiente a Netanyahu per garantire che il Congresso continui ad aprire il libretto degli assegni per l’esercito di Israele e le sue azioni genocide.

Ma rispetto al secondo obiettivo non ha ottenuto risultati altrettanto positivi.
Gli israeliani noteranno che non solo il presidente del Senato, Kamala Harris, ha evitato l’evento, ma anche il leader della maggioranza del Senato Chuck Schumer, pur avendo partecipato, ha rifiutato di presiedere l’evento – cosa che avrebbe significato sedersi proprio dietro Netanyahu, con la telecamera puntata costantemente addosso. Un’immagine che non voleva. Schumer è stato sostituito
dal senatore Ben Cardin, presidente uscente del Comitato per le relazioni estere del Senato, che non intende ricandidarsi.

Netanyahu ha cercato di parlare di appoggio trasversale agli schieramenti, ma ha dimostrato ai suoi elettori di aver gravemente danneggiato il sostegno “bipartisan” che per decenni, insieme ai gruppi di pressione americani pro-Israele, i suoi predecessori hanno lavorato instancabilmente per mantenere.

Molti ritengono che la più grande risorsa strategica di Israele sia stata la trasversalità del sostegno di cui ha goduto. Ebbene, tale sostegno non è più così generalmente condiviso e tende anzi sempre più a diventare una questione divisiva. Questa non può che essere una buona notizia per i sostenitori dei diritti dei palestinesi.

Inoltre, mentre Netanyahu ha parlato in termini altisonanti della forza militare di Israele e di come intende riportare a casa gli ostaggi israeliani, gli israeliani noteranno sicuramente che non ha menzionato nemmeno una volta la diplomazia o un accordo per il rilascio degli ostaggi. Poiché è proprio un accordo che ha consentito la restituzione di quasi tutti gli ostaggi che sono stati liberati, egli stava dicendo al pubblico israeliano che si rifiuta ancora di rinunciare a perseguire la loro liberazione con mezzi militari – mezzi che hanno ucciso più ostaggi israeliani di quanti ne abbiano salvati. Questa è ormai una posizione largamente impopolare in Israele, tanto che persino la stessa squadra di Netanyahu per i negoziati sugli ostaggi lo sta denunciando per aver bloccato un accordo.

Quale sarà il prossimo passo dei Democratici?

Dopo il suo discorso, giovedì Netanyahu ha incontrato separatamente sia Joe Biden che la candidata democratica Kamala Harris. Biden ha avuto poco da dire, lasciando i riflettori ad Harris, e il rapporto della Casa Bianca sul suo incontro con Netanyahu corrisponde nel merito con la dichiarazione pubblica di Harris sul loro incontro.

Il tono di Harris è stato tuttavia leggermente diverso da quello di Biden. Ha parlato più a lungo e con più convinzione delle “sofferenze di Gaza” di quanto abbia mai fatto Biden. Ha anche dichiarato di aver detto a Netanyahu che l’accordo per il cessate il fuoco deve essere completato, ma non ha affermato, come hanno fatto ripetutamente – mentendo – sia Biden che il Segretario di Stato Antony Blinken, che è Hamas a bloccare l’accordo.

Harris ha però parlato delle sofferenze di Gaza come se gli Stati Uniti non fossero coinvolti in alcun modo. Ha riciclato la stanca e subdola frase “il modo in cui Israele si difende è importante”, ma ha parlato delle condizioni di Gaza come se si fossero create senza alcun intervento esterno, senza gli enormi crimini di guerra di Israele e senza assumersi alcuna responsabilità per il fatto che gli Stati Uniti hanno fornito la maggior parte degli armamenti e tutta la protezione politica per quei crimini.

I funzionari israeliani hanno criticato Harris anche solo per il lieve rimprovero che ha avanzato, accusandola orwellianamente di aver in qualche modo reso più difficile con le sue parole la conclusione di un accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani. Si tratta di una tipica mossa israeliana, alla quale Harris ha risposto chiedendo: “Di cosa stanno parlando?”, proprio come ha fatto Biden quando Netanyahu lo ha accusato, in modo ancora più assurdo, di non averli armati a sufficienza.

Harris non ha dato nessun segno di essere pronta a prendere provvedimenti, una volta in carica, per fare pressione su Israele affinché cessi il suo comportamento, che la Corte internazionale di giustizia ha appena confermato essere criminale. Netanyahu l’ha certamente notato, e le critiche rivolte a Harris dal suo team per il suo piccolo rimprovero erano semplicemente un test per vedere come avrebbe risposto.

Chuck Schumer, che si è rifiutato di presiedere il discorso di Netanyahu, ma ha comunque partecipato e si è seduto in prima fila, ha inviato il suo messaggio. Schumer, che è il più fervente sostenitore di Israele al Congresso, sa bene che Netanyahu ha arrecato un danno senza precedenti alla posizione di Israele nel mondo e persino negli Stati Uniti.

Per Schumer il problema è Netanyahu, con la sua associazione con l’estrema destra israeliana, rappresentata da figure come Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Egli sostiene figure come Benny Gantz e Yair Lapid, nonostante anche Gantz abbia recentemente votato a favore di una dichiarazione della Knesset che si oppone alla fine dell’occupazione e dell’apartheid di Israele. Lapid e il suo partito si sono rifiutati di votare contro quella legge, preferendo abbandonare l’aula.

Schumer non ignora queste realtà. È uno dei principali promotori della strategia democratica di isolare Netanyahu come problema, rifiutando di riconoscere le criticità strutturali di Israele e della società israeliana che danno origine e forza all’estrema destra e che concorrono al rafforzamento del sistema di apartheid e dell’occupazione.

A questo punto, sembra che Harris porterà avanti la politica di questa ala del partito, mentre a parole asseconderà l’ala più progressista.

L’equilibrismo dei repubblicani

Tra i repubblicani ci sono meno sfumature, ma sarebbe un errore pensare che ci sia una completa unità.

L’incontro di Donald Trump con Netanyahu è stato più privato, ma le dichiarazioni di Trump mostrano alcuni dei suoi equilibrismi. Ha criticato Harris per quello che ha definito un incontro “insultante” con Netanyahu. Probabilmente si riferiva alle osservazioni di Harris dopo l’incontro, mentre i funzionari israeliani hanno detto che l’incontro stesso si è svolto senza problemi.

Trump ha ripetutamente parlato della necessità che Israele finisca il lavoro rapidamente. Questo riflette diverse opinioni di Trump.

La più importante è lo scarso valore riconosciuto alla vita dei palestinesi, poiché egli esprime chiaramente il desiderio di una massiccia ondata di attacchi israeliani che rada al suolo Gaza una volta per tutte. Questo riflette anche i desideri e i punti di vista della sua base cristiano-evangelica, la quale ritiene che Israele abbia ogni diritto a rivendicare tutta la Terra Santa e che qualsiasi rivendicazione contraria vada contro alla volontà di Dio e debba essere affrontata con forza e senza compromessi.

Ma Trump vuole una rapida conclusione anche a causa dei settori del partito repubblicano che insistono nel porre fine al sostegno finanziario su larga scala agli alleati stranieri, incluso Israele. Non si oppongono agli aiuti annuali a Israele, ma non vedono altrettanto di buon occhio quelli molto più consistenti elargiti a Israele [dopo il 7 ottobre, n.d.t]. Quest’ala del partito si concentra soprattutto sugli aiuti all’Ucraina, ma gli isolazionisti del partito repubblicano costituiscono una minoranza significativa della base di Trump e si oppongono a ogni aiuto all’estero.

Trump non vuole che gli aiuti a Israele diventino un problema all’interno del suo partito, come potrebbe accadere se il sostegno americano continuasse nel 2025, enormemente aumentato [come è oggi, n.d.t.] e lui fosse alla Casa Bianca a gennaio.

Ma oltre a ciò Trump è desideroso di dipingere i repubblicani come pro-Israele e i democratici come anti-israeliani. Netanyahu, che certamente vuole vedere Trump vincere a novembre, sembra disposto a collaborare in questo sforzo, anche se meno apertamente.

I più accorti tra i sostenitori di Israele non condividono questo approccio, ma molti tra i sionisti ebrei più conservatori e quasi tutti i sionisti cristiani non sono disposti a scendere a compromessi sul diritto di Israele di fare la guerra, uccidere e distruggere all’ingrosso a Gaza, in Cisgiordania, in Libano e oltre. Questo ha già indebolito la tradizionale capacità di Israele di raccogliere consensi trasversali e, se continuerà, nel Partito Democratico ci saranno sempre più opportunità per sostenere i diritti dei palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)