Barghouthi: lo sciopero della fame segna un ‘punto di svolta’ per i palestinesi detenuti da Israele

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30 maggio 2017,Ma’an

RAMALLAH (Ma’an) – Martedì, per la prima volta dopo la fine dello sciopero alcuni giorni fa, Marwan Barghouthi, il leader di Fatah incarcerato, che ha guidato uno sciopero della fame di massa di 40 giorni nelle carceri israeliane, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha definito lo sciopero un “punto di svolta” nel rapporto dei prigionieri palestinesi con la dirigenza carceraria ed ha avvertito le autorità israeliane che i prigionieri ricomincerebbero lo sciopero se gli impegni presi non fossero rispettati.

La sua dichiarazione, resa nota dall’Associazione dei Prigionieri Palestinesi (PPS), ha sottolineato il trattamento dei prigionieri palestinesi nel corso dello sciopero della fame, che comprendeva il loro trasferimento tra diverse prigioni israeliane e in isolamento in “condizioni brutali e crudeli”.

Barghouthi ha aggiunto che le autorità israeliane hanno confiscato “tutti gli averi personali, compresa la biancheria. I prigionieri sono stati privati di tutti gli oggetti sanitari ed igienici, la loro vita è stata resa un inferno e sono state diffuse vergognose dicerie e menzogne.”

Ha aggiunto: “Eppure tra i prigionieri si è registrata una risolutezza senza precedenti nella storia del movimento dei prigionieri palestinesi e la repressione israeliana non è riuscita a spezzare la loro determinazione.”

Centinaia di prigionieri in sciopero della fame hanno invocato la fine del divieto delle visite dei familiari, il diritto ad accedere ad un’istruzione superiore, cure e trattamenti medici adeguati, la fine dell’isolamento e della detenzione amministrativa – incarcerazione senza accuse né processo – tra le altre richieste di diritti fondamentali.”

Dopo aver ringraziato tutti coloro che si sono impegnati nel sostegno allo sciopero della fame, Barghouthi, che è stato una figura decisiva nel corso dei colloqui con il Servizio Penitenziario Israeliano (IPS) che hanno messo fine allo sciopero, ha detto che i leader dello sciopero sono stati capaci di “ottenere parecchi risultati equi ed umanitari” dalle autorità carcerarie, incluso il ripristino di una seconda visita mensile dei familiari dei prigionieri, e sono riusciti a costringere le autorità israeliane a considerare questioni relative alla “vita quotidiana” nelle prigioni, come le modalità di trasferimento, e le “condizioni delle donne, dei minori e dei malati detenuti.”

Mentre i leader palestinesi hanno affermato che l’80% delle richieste dei prigionieri sono state esaudite da Israele, i dirigenti del Servizio Penitenziario Israeliano (IPS) hanno duramente smentito tali affermazioni, dicendo che non sono state fatte concessioni ai prigionieri e che l’accordo che ha posto fine allo sciopero ha garantito solamente il ripristino di una seconda visita mensile dei familiari ai prigionieri, che sarà finanziata dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

Tuttavia, Barghouthi ha aggiunto che i prigionieri hanno accettato la creazione di un “comitato di alti dirigenti del Servizio Penitenziario” per proseguire il dialogo con i rappresentanti dei prigionieri palestinesi nei prossimi giorni, “per discutere di tutti i problemi senza eccezioni.”

Alla luce di ciò e in vista dell’inizio del sacro mese del Ramadan, abbiamo deciso di interrompere lo sciopero per dare l’opportunità di condurre queste discussioni con il Servizio Penitenziario, sottolineando la nostra ferma intenzione di riprendere lo sciopero se il Servizio Penitenziario non rispetterà gli impegni assunti verso i prigionieri”, ha detto.

Ha poi aggiunto che lo sciopero ha rappresentato un “punto di svolta” nel rapporto tra i prigionieri palestinesi e il “sistema dell’amministrazione penitenziaria”, dicendo che i prigionieri “non consentiranno più nessuna violazione delle loro conquiste e dei loro diritti.”

Lo sciopero, ha affermato Barghouthi, aveva anche lo scopo di unificare il movimento dei prigionieri palestinesi e di porre le basi di una “leadership nazionale unificata”, che nei prossimi mesi possa ottenere il riconoscimento dei palestinesi “nelle carceri dell’occupazione israeliana” come prigionieri di guerra e prigionieri politici.

Lo sciopero inoltre ha cercato di mettere in luce le violazioni israeliane del diritto internazionale nel sistema carcerario, in particolare in quanto il trasferimento di prigionieri palestinesi fuori dai territori occupati in carceri all’interno di Israele viola la quarta Convenzione di Ginevra.

Barghouthi ha anche fatto appello al presidente palestinese Mahmoud Abbas, all’OLP e alle fazioni palestinesi nazionaliste ed islamiche perché adempiano ai loro obblighi nazionali e lavorino per la liberazione dei palestinesi sottoposti a detenzione israeliana, ed ha diffidato dal proseguire qualunque negoziato prima che siano poste le condizioni per la “completa liberazione di tutti i prigionieri e detenuti palestinesi.”

Barghouthi è stato tenuto in isolamento per tutta la durata dello sciopero, mentre le autorità israeliane tentavano di screditare il leader diffondendo un video di Barghouthi che nella sua cella di isolamento si sarebbe alimentato durante lo sciopero della fame, video prontamente denunciato dai leader palestinesi come “falso” e un tentativo da parte delle autorità israeliane di delegittimare Barghouthi.

Le autorità israeliane avevano rifiutato di negoziare con Barghouthi fino all’undicesima ora delle trattative tra IPS, ANP e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), mentre gli scioperanti avevano ribadito che qualunque trattativa che non includesse Barghouthi era illegittima e “finalizzata a interrompere lo sciopero della fame in cambio di vuote promesse.”

Lunedì la Commissione per gli affari interni del parlamento israeliano, la Knesset, ha tenuto una riunione riguardo allo sciopero, durante la quale un dirigente dell’IPS ha asserito che “in nessun momento l’IPS ha negoziato con i prigionieri di sicurezza in sciopero della fame e non ha accettato nessuna delle loro richieste.”

L’IPS ha affermato che, poiché l’ANP ha accettato di finanziare la seconda visita mensile (dei familiari), dopo che lo scorso anno era venuto a mancare il finanziamento dell’ICRC, non è stata fatta nessuna nuova concessione ai prigionieri.

Durante la riunione, diversi deputati israeliani di destra hanno criticato le richieste dello sciopero, ed uno di loro ha detto: “A loro (i prigionieri) dovrebbero essere concesse le condizioni minime in base al diritto internazionale”, mentre un altro ha detto: “Se facessimo la cosa giusta, ogni terrorista prenderebbe una pallottola in testa. C’è spazio sufficiente sottoterra.”

Secondo l’associazione Addameer per i diritti dei prigionieri, fino ad aprile nelle prigioni israeliane erano detenuti 6.300 palestinesi.

Mentre le autorità israeliane definiscono i palestinesi “prigionieri di sicurezza”, gli attivisti e le associazioni per i diritti hanno a lungo considerato i palestinesi detenuti da Israele come prigionieri politici ed hanno sistematicamente condannato l’uso israeliano delle carceri come mezzo per destabilizzare la vita politica e sociale palestinese nei territori occupati.

Addameer ha riferito che il 40% della popolazione maschile palestinese è stata detenuta dalle autorità israeliane in un certo momento della sua vita.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)