L’eroe sionista progressista Barak si vanta che la sinistra israeliana ha “liberato” i territori occupati per gli ebrei

image_pdfimage_print

Jonathan Ofir

 30 settembre 2017, Mondoweiss

Questa settimana l’ex-primo ministro israeliano ‘di sinistra’ Ehud Barak ha seriamente vuotato il sacco riguardo all’occupazione del 1967 da parte di Israele, esprimendo in termini non ambigui che non si tratta di una questione esclusivamente della destra, come i suoi critici spesso amano dire. Barak ha dimostrato che è qualcosa di cui la “sinistra” è integralmente partecipe. E lo abbiamo sentito dalla bocca del diretto interessato – il diretto interessato chiamato ‘fulmine’ (in ebraico ‘Barak’ vuol dire fulmine).

Nel suo articolo su Haaretz, Barak ha lamentato il fatto che nella recente manifestazione che ha festeggiato i 50 anni dell’occupazione (pubblicizzata con lo slogan “Siamo tornati a casa”), non ci fossero abbastanza esponenti di ‘sinistra’. Barak ha detto che non c’era una rappresentanza sufficientemente nazionale: “Una cerimonia nazionale avrebbe sottolineato quello su cui siamo d’accordo e che ci unisce, piuttosto che quello che ci divide e separa,” ha scritto.

Sì, Barak sente che la ‘sinistra’ è esclusa, e non le viene riconosciuto a sufficienza il merito per la sua parte nell’occupazione e nel progetto di colonizzazione!

Una commemorazione nazionale avrebbe dovuto sottolineare che le persone che hanno costruito l’esercito israeliano e guidato la guerra per la liberazione di quelle parti della terra erano Yitzhak Rabin, Haim Bar-Lev, Motta Gur ed altri (che in seguito si rivelarono essere ‘di sinistra’, dio ce ne scampi), e che il partito che consolidò e guidò l’impresa di colonizzazione per un decennio, soprattutto in base a considerazioni relative alla sicurezza, furono l’odiato ‘Allineamento’ [significato della parola ebraica “Maarakh”, nome della coalizione israeliana di centro sinistra al potere in Israele dal 1969 al 1991, ndt.], il precursore del partito Laburista,” ha scritto.

Ah! L’ironia non potrebbe essere maggiore. Barak, nel suo patetico tentativo di giocare un ruolo centrale in qualunque cosa sia “nazionale”, in realtà finisce per sentirsi escluso, in quanto ‘di sinistra’, dai festeggiamenti. Nel suo sproloquio finisce per confermare che non c’è una reale differenza tra destra e sinistra sioniste – né storicamente, né nell’attualità.

Ciò è quello che il giornalista di “Haaretz” Gideon Levy sta sottolineando ormai da un po’ di tempo, e la sua risposta è arrivata il giorno dopo con l’articolo intitolato “Quale opposizione? Ehud Barak si adegua a Netanyahu ed ai coloni”, sottotitolato “Il valoroso ‘campo della pace’ di Israele è orgoglioso del numero di colonie che ha costruito, un tasso di costruzione all’anno che Netanyahu potrebbe solo sognarsi.”

Levy nota come Barak stia utilizzando lo stesso linguaggio degli estremisti di destra del governo, con frasi come “noi siamo orgogliosi del nostro ruolo nel ritorno in ogni parte della terra e nell’ impresa di colonizzazione che è indispensabile alla nostra sicurezza”, e Levy conclude che “questo è il segno distintivo di sinistra del partito Laburista, praticamente l’unica opposizione che Netanyahu abbia. Eppure è dubbio che Netanyahu si esprimerebbe in modo diverso.”

Di certo, come conclude Levy, l’articolo di Barak è “sorprendente” e dovrebbe essere ricordato e sottolineato in futuro come il vero volto della sinistra israeliana senza maschera. Barak nel suo articolo entra in dettagli per suggerire quali oratori avrebbero potuto essere scelti per rappresentare la ‘sinistra’:

Una commemorazione nazionale avrebbe dovuto includere sul palco il generale (della riserva) Elad Peled, un uomo che ha liberato Safed all’età di 21 anni, come capo di un’unità del Palmach [brigata d’elite facente parte dell’Haganah, milizia sionista durante il mandato britannico, ndtr.], e poi ha liberato tutta la Samaria [zona settentrionale della Cisgiordania nella denominazione ebraica, ndt.] all’età di 40, come capo della 36ima divisione,” scrive.

Ha liberato tutta la Samaria” – è chiaro?

Barak continua suggerendo persone come Dalia Rabin, la figlia del “capo di stato maggiore dell’esercito israeliano che ha presieduto alla vittoria”, Isaac Herzog, “leader dell’opposizione e figlio dell’ex capo dell’intelligence militare ed ex presidente Chaim Herzog, che dissipò i timori dell’opinione pubblica prima e durante la guerra con apparizioni in televisione – all’epoca un nuovissimo mezzo di comunicazione – e ricoprì il ruolo di primo governatore di Gerusalemme unificata,” così come Hila Elazar- Cohen, “la figlia maggiore del generale David Elazar, che pretese l’attacco e la conquista delle Alture del Golan fin dal primo giorno di guerra, e lo guidò dal quarto.”

Barak poi plaude al “Piano Allon”, proposto dal dirigente di sinistra Yigal Allon in seguito alla guerra del 1967 per conservare grandi parti della Cisgiordania e colonizzarle:

Una cerimonia statale avrebbe profuso elogi alla lungimiranza del “Piano Allon” e alla logica interna della fondazione di blocchi di colonie, di costruire quartieri ebraici a Gerusalemme est e di stabilire colonie lungo il fiume Giordano –una dimensione imposta da una seria prospettiva per la sicurezza e condivisa da tutti gli strati della società,” scrive.

Barak ha assolutamente ragione – il progetto di occupazione e di colonizzazione non è cosa che sia successa solo a causa di qualche colono messianico di destra – è stato un progetto premeditato in cui la destra e la sinistra sono state coinvolte fin dall’inizio.

La differenza tra Barak e i coloni di destra è piuttosto cavillosa a questo riguardo – riguarda le colonie isolate che non si trovano nei ‘blocchi di colonie’, che Barak vede come non utili per la sicurezza, ma che esistono piuttosto solo per rispettare il comandamento religioso di ‘colonizzare la terra’. Barak pensa che quello che realmente unirebbe tutti gli israeliani, piuttosto che separarli, sarebbe “innanzitutto la sicurezza, la convinzione che l’unità del popolo ha la precedenza sull’unità della terra, ed i valori della “Dichiarazione di indipendenza” – al contrario di “un progetto reazionario, nazionalista, macchiato di messianismo che minaccia tutto il nostro futuro.”

****

Barak è un uomo di molti miti, ed ha avuto un ruolo centrale nella creazione di parecchi di essi. Ha uno status mitologico in quanto militare più decorato di Israele, noto come il “signor Sicurezza”, un uomo che venera la ‘sicurezza’ come se fosse un dio. Ha anche creato il mito dell’’offerta generosa’ che avrebbe fatto nel 2000 ad Arafat – un’offerta che era essenzialmente equivalente a bantustan [zone destinate ai neri nel Sudafrica dell’apartheid, ndt.]. Al contempo ha creato il mito correlato che, poiché Arafat ha rifiutato questa ‘offerta generosa’, ciò era la prova che “non c’era nessun interlocutore”.

La nozione di ‘sicurezza’ di Barak è quella classica sionista quando si tratta di palestinesi – controllo, ‘autonomia’, accerchiamento e, cosa più importante, separazione. Separazione oggi è la parola d’ordine della sinistra israeliana, e molti dimenticano che apartheid significa ‘separazione’. Il risultato concreto dei bantustan e della ‘separazione’, come la mette in pratica Israele, è l’apartheid, e lo abbiamo visto per moltissimi decenni. Tutto quello che Barak vuole è conservare la capacità di nasconderlo meglio e quei coloni ‘messianici’ di destra stanno fuorviando la richiesta di ‘sicurezza’.

Ma la richiesta di ‘sicurezza’ di Barak è fuorviata anche dalla sua stessa gente. Il suo stesso ministro degli Esteri nel 1999-2001, Shlomo Ben-Ami, chiama ‘mitica’ la richiesta di sicurezza nella valle del Giordano. Eppure i dirigenti di sinistra confermano la volontà di Barak di ‘legittimare’ i ‘blocchi di colonie’, che è la ragione per cui il leader della sinistra Isaac Herzog si è lamentato della risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dello scorso anno, che ha condannato tutte le colonie (comprese quelle di Gerusalemme est) come “flagranti violazioni” delle leggi internazionali. Herzog era arrabbiato per il danno che questo ha causato ai “blocchi di colonie” – il danno fatto alla loro legittimità.

*****

Dopo tutto quello che è stato detto e fatto, l’unica differenza tra Barak ‘di sinistra’ e i coloni ‘messianici’ è che egli cerca di mettersi al servizio della vera religione di Stato di Israele – il sionismo – in base alla nozione più laica di ‘sicurezza’, mentre i coloni più di destra sono più interessati alle questioni della promessa divina.

In fin dei conti il “ritorno ad ogni parte della terra” di Barak non è poi così diverso dallo slogan ufficiale della cerimonia: “Siamo tornati a casa”. Il suo “liberata tutta la Samaria” non è poi così diverso dal “questa terra è nostra, tutta è nostra” dell’alta diplomatica israeliana Tzipi Hotoveli [vice-ministra degli Esteri e deputata del Likud, ndt.]. A volte succede che i principali dirigenti della sicurezza di Israele sputino il rospo in questo modo. Uno dei più rappresentativi uomini della sicurezza di Israele, Moshe Dayan, lo ha fatto parecchie volte. Una delle sue ammissioni più gravi è stata sulla guerra del 1967 e sulla fase preparatoria ad essa, che aveva più a che fare con le scaramucce con la Siria sul confine del Golan e nelle zone smilitarizzate. Nel 1976 disse al generale Israel Tal che i siriani il quarto giorno non erano “una minaccia per noi”, e spiegò come avvenne la maggioranza delle schermaglie:

So come iniziò là almeno l’80% degli scontri. Secondo me, più dell’80%, ma parliamo di circa l’80%. Successe così: mandavamo un trattore per arare una certa zona dove non si poteva fare niente, nell’area smilitarizzata, e sapevamo in anticipo che i siriani avrebbero iniziato a sparare. Se non sparavano, avremmo detto al trattore di andare ancora più avanti, finché i siriani si sarebbero infastiditi e avrebbero sparato. E allora avremmo utilizzato l’artiglieria e poi anche le forze aeree, e fu così che andò,” disse Dayan (come documentato da Serge Schmemann sul New York Times nel 1997).

Dayan spiegò anche a Tal che la vera ragione che stava dietro le provocazioni e la successiva conquista era in realtà solo l’avidità – l’avidità di terra:

Là gli abitanti dei kibbutz vedevano terra buona per l’agricoltura,” disse. “E bisogna ricordare che quello era un periodo in cui la terra agricola era considerata la cosa più importante e di valore.”

Tal si stava chiedendo se là non ci fosse veramente un problema di ‘sicurezza’. “Quindi tutto quello che volevano gli abitanti dei kibbutz era la terra?” chiese.

Dayan, pur confermando che naturalmente loro “volevano levarsi di torno i siriani”, tuttavia disse:

Le posso dire con assoluta sicurezza: la delegazione che andò a convincere Eshkol [all’epoca primo ministro israeliano, ndt.] di conquistare le Alture non stava pensando a queste cose. Stava pensando alla terra delle Alture. Senta, anch’io sono un coltivatore. Dopo tutto sono di Nahalal, non di Tel Aviv, e ne so qualcosa. Li vidi e parlai con loro. Non cercarono neanche di nascondere la loro avidità per quella terra.”

Come documentato in “1967” di Tom Segev, p. 388, la delegazione che descrive Dayan era stata inviata su ordine del generale David Elazar, capo del comando settentrionale al tempo della conquista. È lo stesso generale che Barak suggerisce che avrebbe dovuto essere rappresentato dalla sua figlia maggiore.

Barak può continuare a rimproverare quelli di destra perché sono troppo fanatici sulla questione della terra, ma lui è in realtà altrettanto avido di essa. Sta solo nascondendo l’avidità con la ‘sicurezza’, ed è quello che i sionisti hanno fatto da sempre.

Jonathan Ofir

  • Musicista, direttore d’orchestra, scrittore/blogger israeliano residente in Danimarca.

(traduzione di Amedeo Rossi)