Un’uccisione pianificata e calcolata di pecore in Cisgiordania

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Amira Hass

5 marzo 2018,Haaretz

Lo scorso mese l’aggressione, come centinaia di altre prima di questa, è stata chiaramente finalizzata ad un obiettivo.

La storia di “Haaretz” su ebrei mascherati che hanno aggredito un pastore palestinese e ucciso le sue pecore – nel villaggio di Einabus, a sud di Nablus – ha ottenuto 96 condivisioni su Facebook. Cosa esprimono queste condivisioni, stupore o sostegno all’attacco?

In ogni modo il ricordo del crimine commesso circa due settimane fa, il 21 febbraio, sicuramente è stato completamente cancellato dagli sguaiati titoli di giornale sulle inchieste per corruzione contro il primo ministro Benjamin Netanyahu ed i suoi amici, e messi da parte nel deposito nazionale dell’amnesia ebraica.

Una settimana dopo l’attacco il ventisettenne Zafar Ryan è ancora sotto shock. Suo padre, Mahmoud e i suoi fratelli dicono che non è più lo stesso. Anche lui annuisce quando gli viene chiesto se è ancora sconvolto per quanto successo.

Ma per mettere le cose in chiaro: l’aggressione non gli ha impedito di tornare quasi subito a pascolare il gregge della sua famiglia con qualcuno dei suoi fratelli. Di solito i fratelli vanno al pascolo insieme. Il recinto delle pecore è a poche decine di metri sopra la loro casa, sulla montagna.

Ma quel giorno Zafar è uscito da solo con le pecore. Era mezzogiorno. Le persone dell’avamposto [ebraico] non autorizzato ed illegale in cima alla montagna ne hanno approfittato, afferma suo padre. Sono scese di corsa verso di lui. Cinque di loro, con il volto mascherato, lo hanno colpito con dei randelli sulla testa e sulle mani.

Aveva un bastone da pastore; ha cercato di difendersi e di restituire i colpi, ma loro erano troppi. Altri sconosciuti hanno attaccato il gregge, hanno letteralmente sgozzato qualche pecora, ne hanno colpite e disperse altre.

Un cugino che stava facendo dei lavori di edilizia lì vicino ha visto quello che stava succedendo e ha chiamato immediatamente aiuto. Giovani del villaggio sono corsi per risalire la montagna, da cui stavano scendendo soldati e poliziotti israeliani. Zafar era preoccupato delle pecore che erano scappate. Non era ancora chiaro quante fossero morte, quante ferite e quante scomparse e dove fossero andate.

Zafar è stato portato all’ospedale a Nablus e vi è rimasto fino a sera. La tumefazione sulla sua testa si è ridotta. Aveva lividi sulle mani. La maggior parte delle pecore del gregge era incinta, comprese alcune di quelle che gli aggressor hanno ucciso e alcune di quelle scomparse. Una delle pecore ferite ha partorito un agnellino morto. Non sappiamo se la polizia israeliana ha arrestato i sospetti.

L’attacco non è stato perpetrato da teste calde, né si è trattato di uno sbaglio momentaneo di giovani ebrei altrimenti virtuosi, assolutamente anonimi, che sono stati improvvisamente travolti dal ricordo dei pogrom commessi dai cristiani contro gli ebrei. Questa aggressione contro palestinesi e i loro mezzi di sussistenza, come centinaia di altri che l’hanno preceduta, è stata molto ragionata e calcolata, diretta ad ottenere un obiettivo.

Ogni attacco è caratterizzato da una chiara divisione del lavoro tra tutti quelli che entrano in scena: gli aggressori, l’esercito, il cui compito è di proteggere ogni ebreo, chiunque sia, coloni o visitatori della colonia, compresi quelli che commettono pogrom, ispettori dell’Amministrazione Civile [il governo militare israeliano nei territori palestinesi occupati, ndt.] in Cisgiordania, in cui lavoro consiste nell’emettere ordini di blocco dei lavori per strutture ebraiche non autorizzate in Cisgiordania, ma il cui dovere è, nella maggior parte dei casi, di non mettere in pratica questi ordini.

Poi c’è la “Suprema Commissione per la Pianificazione” dell’Amministrazione Civile, la cui responsabilità è di mettere attentamente in atto la politica in base alla quale ai palestinesi è proibito costruire, fare un’escursione, piantare e arare sulla loro terra; allora la commissione si impossessa della terra e ne fa omaggio agli ebrei, che costruiranno e prolificheranno su di essa. In seguito ci sono i coloni che non attaccano nessuno ma chiedono una maggiore protezione, anche per gli avamposti. E c’è la polizia, il cui dovere è di ignorare gli attacchi precedenti, e gli ebrei israeliani, la cui responsabilità è di non mettere in relazione un attacco con l’altro o di considerare e quindi difendere la sacralità delle colonie e dei blocchi di colonie. (Secondo la legge internazionale tutti sono illegali).

L’avamposto non autorizzato ed illegale da cui sono scesi gli aggressori è uno dei nove che sono nati nel corso degli anni dalla colonia illegale e autorizzata di Yitzhar. Ogni avamposto è un ulteriore mattone di un altro blocco di colonie. Porta gli ebrei più vicino ai villaggi, agli orti e ai pascoli dei palestinesi.

Un importante livello nella strategia difensiva dell’esercito è l’ordine del comando generale che impedisce ai palestinesi di entrare nelle loro terre, per evitare frizioni con quelli che commettono i pogrom. È così che [si forma] il cerchio territoriale che i nostri ebrei, a testa alta, possono ottenere e quindi seminare o arare o costruire o espandersi ancora un po’ di più. E ancora un po’. E un po’ di più.

Nella fase successiva arriveranno anche vicino alle case dei palestinesi. E allora l’esercito e la polizia di frontiera sono obbligati ad arrivare e ad attaccare con granate lacrimogene e assordanti, e persino con proiettili ricoperti di gomma, i palestinesi che stanno difendendo se stessi, le proprie famiglie e i propri averi.

Tutto è calcolato. La divisione del lavoro ha già dato risultati in tutta la Cisgiordania. Un centimetro qui, un quarto di dunam [unità di misura dei terreni in Palestina, ndt.] o una zona militare di tiro là – ed i palestinesi sono spinti sempre più nelle loro zone urbane.

A proposito, le origini della famiglia Ryan sono nel villaggio palestinese distrutto di Majdal Yaba o Majdal al-Sadiq (a sud dell’attuale Rosh Ha’ayin). Possedeva circa 26.000 dunam (2.600 ettari). Nel XIX° secolo Sheikh Sadiq Ryan costruì un palazzo sulle rovine di una fortezza crociata del luogo. Il palazzo abbandonato tuttora sovrasta la strada.

Il nonno di Zafar aveva un fratello che viveva a Einabus all’inizio della guerra del 1948 [contro gli arabi e da cui nacque lo Stato di Israele, ndt.]. Alcuni dei suoi fratelli si unirono a lui invece di andare in un campo di rifugiati. Ma il nonno morì di crepacuore e di pena per la sua casa.

Il padre, Mahmoud, aprì una tipografia. I suoi figli si formarono come ingegneri meccanici e grafici. Ma la tipografia non è sufficiente per mantenere la famiglia. Circa un anno fa hanno comprato le pecore.

(traduzione di Amedeo Rossi)