Facebook disattiva decine di account di giornalisti e attivisti palestinesi

AFP/File photo
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Akram Al-Waara, Betlemme, Cisgiordania occupata

6 maggio 2020 – Middle East Eye

Secondo i dati raccolti da Middle East Eye almeno 52 palestinesi sono stati colpiti da un’ondata di disattivazioni da parte di Facebook

Decine di palestinesi che il 4 maggio cercavano di accedere al loro profilo Facebook hanno scoperto che le pagine non erano più attive. 

Nel corso della giornata, Facebook ha cancellato i profili di 50 giornalisti e attivisti palestinesi a cui è stato anche notificato che le loro pagine erano state disattivate per “non aver seguito gli standard della nostra comunità.”

“Noi abbiamo già riesaminato questa decisione, che non può essere annullata,” continuava il messaggio, invitando gli utenti a informarsi meglio circa gli standard della comunità di Facebook. 

“Non hanno fornito alcun motivo specifico, un post o una foto per esempio, che avesse violato le loro linee guida” ci ha detto Imad Jibreen, 40 anni, giornalista freelance residente nel villaggio di Tuqu, nella Cisgiordania occupata.

“Hanno semplicemente eliminato le nostre pagine e detto che non potevamo farci nulla.”

Secondo i dati raccolti da Middle East Eye, Jibreen era uno degli almeno 52 palestinesi colpiti dalle disattivazioni, anche se ci si aspetta che i numeri salgano perché anche altri hanno raccontato che i loro account sono stati disattivati. 

“Ho tre pagine Facebook diverse: due account ufficiali per lavoro in arabo e in inglese e uno personale. Sono stati tutti rimossi,” ha detto Jibreen a MEE, aggiungendo che era successo anche ad alcuni suoi amici e colleghi. 

Facebook non ha risposto alla richiesta da parte di MEE di un commento. 

“Sono frustrato e arrabbiato,” dice Jibreen a MEE, aggiungendo che Facebook è una delle molte piattaforme social che usa per lavoro e nella vita personale. “Adesso ho perso tutti i miei contatti e le mie reti: amici, famiglia e lavoro. E non ho nessuna idea del perché.”

Su richiesta del governo israeliano’

I palestinesi non sono nuovi alla censura sulle reti sociali, particolarmente su Facebook. 

Per anni Facebook, in accordo con il governo e le agenzie di sicurezza di Israele, ha disattivato gli account dei palestinesi il pretesto di prevenire “l’incitamento alla violenza” da parte dei palestinesi sulla sua piattaforma. 

La pratica è iniziata nel 2016, alla vigilia di un’ondata di attacchi su piccola scala a soldati israeliani nel territorio occupato. Israele all’epoca sosteneva che gli attacchi dei “lupi solitari” erano stati incitati alla violenza dai social media, cosa che l’aveva spinta a collaborare con Facebook.

All’epoca la documentazione indicava che Facebook ottemperava a circa il 95% delle richieste presentate dal governo israeliano di rimuovere gli account di civili palestinesi, la maggioranza dei quali attinge ai notiziari e ottiene informazioni da piattaforme di reti sociali come Facebook. 

La collaborazione di Facebook con il governo israeliano che continua fino ad oggi ha attirato da anni numerose critiche dai gruppi di sostegno dei diritti, che sostengono che la pratica “dimostra il loro coinvolgimento con il governo israeliano per zittire i contenuti relativi alla solidarietà con i palestinesi o le critiche contro Israele.”

“Questa non è la prima volta che io e i miei colleghi abbiamo avuto dei problemi con Facebook,” racconta Jibreen a MEE, aggiungendo che i suoi post sono stati frequentemente rimossi dal sito.

“Che io stia condividendo i miei video o post originali, o persino solo qualcosa che è stato ampiamente riportato da Facebook, loro rimuovono il mio post,” ci dice. “Qualsiasi testo che contenga la parola ‘martire’ o persino la frase ‘riposi in pace’ viene tolto.”

‘Proteggere il mondo dalla realtà dell’occupazione’

Samer Khweira, 39 anni, un reporter della stazione radio Al-Haya a Nablus il cui account è stato rimosso lunedì, ci ha detto di avere problemi con Facebook da anni. 

“Qualsiasi cosa io postassi correva il rischio di essere tolta,” dice Khweira. “Che fossero video di attacchi dei coloni contro contadini o scontri con i soldati israeliani.”

Anche un semplice post che annunciava la notizia che un palestinese era stato ucciso dall’esercito israeliano veniva rimosso dalla sua pagina per aver violato gli “standard della comunità.”

Sia Jibreen che Khweira hanno denunciato problemi per aver postato una diretta streaming su Facebook e hanno detto che a loro e a parecchi colleghi era stato spesso impedito di andare in diretta, un “problema tecnico” che non erano riusciti a correggere. 

“Siamo certi che la disattivazione di tutti i nostri account sia stata fatta su richiesta del governo israeliano,”  afferma Jibreen a MEE. 

“Israele non vuole che la gente, specialmente la comunità internazionale, veda cosa succede in Palestina,” continua. 

“Censurando giornalisti e attivisti palestinesi non solo violano la nostra libertà di parola, ma si rendono anche complici degli sforzi israeliani di nascondere al mondo la realtà dell’occupazione.”

Traduzione di Mirella Alessio