Per i giornalisti palestinesi, gli attacchi violenti delle forze israeliane fanno parte del lavoro

AFP
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Juman Abu Arafeh 

4 luglio 2020 Middle East Eye

Gli abusi nei confronti dei giornalisti, che comprendono aggressioni e arresti, sono aumentati negli ultimi mesi specialmente nella Gerusalemme occupata.

Messa alle corde e impaurita, Sondus Ewies, giornalista palestinese di 23 anni, parlava nervosamente con un gruppo di agenti israeliani radunatisi intorno a lei mentre stava girando un film il mese scorso nella moschea di Al-Aqsa.

“Non ho fatto nulla. Stavo solo filmando e facendo il mio lavoro”, ricorda di avergli detto.

Ewies ha poi tirato fuori il suo tesserino internazionale di giornalista, sperando di evitare la detenzione, ma è accolta con una scrollata di spalle da un agente che le ha risposto: “Questa è una carta fasulla che non riconosciamo.”

Gli agenti israeliani hanno arrestato Ewies e sequestrato il suo telefonino. È stata quindi sottoposta a interrogatorio e le è stato imposto il divieto di visitare il complesso della moschea, situato nella Gerusalemme est occupata, per tre mesi.

Non era il suo primo incontro con le autorità israeliane. Ewies è stata interrotta più volte mentre era in onda ed è stata anche picchiata mentre copriva varie proteste.

A Middle East Eye ha detto di temere più il temporaneo divieto che l’effettiva detenzione.

Ewies vive nel quartiere palestinese di Ras al-Amoud, appena a sud del complesso della moschea Al-Aqsa, avendo fatto di quest’ultima una parte centrale del suo lavoro giornalistico. Dice di aver contato le ore per entrare nel complesso della moschea dopo che era stato chiuso per due mesi a causa della pandemia di coronavirus.

Molti giornalisti palestinesi affrontano arresti e divieti temporanei di accesso al complesso per avervi filmato incursioni dei coloni o forze israeliane che aggredivano i fedeli.

Nel 2016, le autorità israeliane hanno redatto liste nere con i nomi dei palestinesi, giornalisti compresi, a cui è vietato entrare nel complesso.

Dall’inizio di giugno, le autorità israeliane hanno emanato circa 10 mandati di comparizione a giornalisti e fotografi per interrogarli su come informano riguardo ad eventi politici.

Divieti alle agenzie stampa palestinesi

Ewies è una delle tante giornaliste che hanno subìto molestie da parte delle forze israeliane mentre erano in servizio.

La nota giornalista locale Christine Rinawi, di 31 anni, lavorava da 10 anni per Palestine TV, una stazione che opera nell’ambito dell’emittente palestinese pubblica dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), quando è stata incarcerata nel dicembre 2019.

Il mese prima l’allora Ministro della Pubblica Sicurezza israeliano Gilad Erdan aveva emanato un decreto per chiudere gli uffici della TV palestinese per sei mesi, sostenendo che la sua attività costituiva una violazione agli accordi di Oslo che vietano la presenza dell’ANP nella Gerusalemme est occupata da Israele. L’ordine è stato rinnovato nel maggio 2020.

Subito dopo la chiusura, il personale dell’emittente di Gerusalemme ha deciso di contestare la decisione e di proseguire il proprio lavoro.

A dicembre, durante la trasmissione del terzo episodio di un programma in diretta, le forze israeliane hanno arrestato la presentatrice Dana Abu Shamsia e il cameraman Amir Abed Rabbo. Rinawi e un altro cameraman, Ali Yassin, furono anch’essi poco dopo arrestati e portati in un centro di interrogatori.

Per Rinawi, la chiusura della Palestine TV fa parte delle restrizioni imposte da Israele sulla documentazione degli abusi israeliani da parte dei media palestinesi.

“Hanno cercato di aggredirci e ci hanno trattati come criminali”, dice a MEE.

L’ufficiale mi ha detto: ‘Vai a lavorare a Betlemme o Ramallah. Ti è proibito lavorare a Gerusalemme, sia in strada che sottoterra o vicino al bagno o in salotto’ “.

Durante l’iniziale chiusura di sei mesi della Palestine TV, i servizi segreti israeliani hanno convocato Rinawi cinque volte per interrogarlo.

La Palestine TV non è il solo centro di informazione palestinese ad essere bandito da Gerusalemme dalle autorità israeliane. Negli ultimi anni, Al Quds, Palestine Today, Qpress e l’Elia Youth Media Foundation [associazione giovanile non profit, ndtr.] sono stati tutti sottoposti a divieti.

Nel corso degli anni, Rinawi ha subito diverse aggressioni mentre svolgeva il suo lavoro. Nel 2019, è stata spinta e strattonata dai soldati israeliani durante una trasmissione in diretta, che è stata interrotta quattro volte.

Nel 2015, schegge di una granata stordente l’hanno colpita agli occhi mentre copriva la situazione nella moschea di Al-Aqsa.

Un anno prima, lei e il suo cameraman erano stati colpiti con proiettili di gomma mentre riferivano degli eventi verificatisi dopo il rapimento e l’uccisione dell’adolescente palestinese Mohammed Abu Khdeir.

Più pericolosa delle armi

Ata Owaisat, di 50 anni, del quartiere di Jabal al-Mukaber a Gerusalemme, ha iniziato la sua carriera come fotoreporter 19 anni fa. Ha lavorato con l’agenzia di stampa Associated Press e l’organizzazione di notizie israeliana Yedioth Ahronot.

Ha detto di aver perso il conto del numero di volte in cui i soldati israeliani hanno rotto la sua attrezzatura fotografica.

“Uno di loro mi ha detto letteralmente ” la tua macchina fotografica è più pericolosa delle armi “, dice a MEE.

“Sono stato picchiato e umiliato mentre svolgevo il mio lavoro, sono stato ostacolato, fermato, perquisito, interrogato e bandito da Al-Aqsa”.

La carriera giornalistica di Owaisat è stata bruscamente interrotta nel 2013, quando ha subito un grave infortunio e il conseguente trauma psicologico, compreso un disturbo post-traumatico da stress. Ha detto che gli è difficile parlare di quel giorno.

L’8 marzo 2013, Owaisat prese la sua macchina fotografica e andò a seguire gli scontri ad Al-Aqsa, dove le forze israeliane stavano sparando granate stordenti e proiettili di metallo rivestiti di gomma contro i palestinesi che protestavano nel complesso della moschea contro le violazioni israeliane.

Owaisat fu colpito alla bocca da un oggetto metallico che non è stato in grado di identificare, che gli causò una copiosa emorragia.

“Ho perso parte dei miei denti, del labbro superiore e il mio viso era sfigurato”, ha ricordato.

Dopo essere stato colpito, Owaisat ha momentaneamente perso conoscenza ma è stato presto risvegliato da calci e insulti prima di perdere di nuovo conoscenza.

L’equipaggio di un’ambulanza lo portò in ospedale.

“Ho visto la morte negli occhi”, ha detto.

In seguito Owaisat ha avuto difficoltà a mangiare, parlare e persino a sorridere. Ha subito diverse operazioni per ricostruire viso e denti.

Ha anche smesso di lavorare per un anno, dopo di che ha ricevuto un referto medico che specificava il trauma psicologico che gli impedisce di riprendere il suo lavoro.

Restrizioni generalizzate

Oltre ai giornalisti di Gerusalemme, anche i palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza assediata sono sottoposti a una pletora di violenze.

Il Centro Palestinese per lo Sviluppo e la Libertà dei Media (Mada) ha segnalato 18 di tali abusi durante il mese di maggio, inclusi attacchi fisici, arresti e la chiusura di uffici in tutti i territori palestinesi.

Anche un recente rapporto della Commissione per le Libertà del Sindacato Giornalisti Palestinesi ha riscontrato che le autorità israeliane hanno commesso 760 violazioni nel 2019.

Nasser Abu Bakr, il presidente del Sindacato, ha commentato la cosa dicendo che Israele concentra le sue restrizioni e l’ostruzionismo sui giornalisti a Gerusalemme, che considera la propria capitale.

Ha aggiunto che tali incidenti sono aumentati negli ultimi mesi, portando il Sindacato ad avvertire la Federazione internazionale dei Giornalisti (IFJ) dell’elevato numero di infrazioni contro i giornalisti a Gerusalemme e invitandola a intervenire.

Abu Bakr ha dichiarato a MEE che una delegazione della Federazione aveva richiesto al governo israeliano di porre fine alle violenze e di riconoscere la tessera stampa internazionale, senza risultato.

“Forniamo supporto più che possiamo. Abbiamo una riunione al sindacato la prossima settimana e la situazione dei giornalisti a Gerusalemme sarà il primo punto dell’ordine del giorno”, ha detto.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)

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