Asa Winstanley –
5 settembre 2020 – MiddleEastMonitor
Il rilascio un mese fa di Mahmoud Nawajaa, dirigente palestinese del BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), è stato un gradito promemoria del fatto che il potere delle persone può essere efficace.
Quando alla fine di luglio Nawajaa è stato rapito da una banda di soldati israeliani nel cuore della notte, il Comitato Nazionale Palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni ha mobilitato i suoi sostenitori in tutto il mondo.
L’appello è partito e in tutto il mondo le persone hanno risposto, chiedendo il suo rilascio. È stato liberato dopo 19 giorni di prigione senza accusa né processo.
“L’occupazione israeliana e il regime dell’apartheid coloniale e dei coloni mi hanno arrestato per ostacolare il movimento BDS, distorcerne l’immagine e intimidire gli attivisti”, ha affermato Nawajaa.
“Le pressioni funzionano. Una forte pressione internazionale funziona ancora meglio. Sono profondamente grato a tutti coloro che hanno fatto pressione sull’apartheid Israele perché mi liberasse, la vostra solidarietà mi ha dato forza e ha mantenuto viva la speranza di riunirmi alla mia amata famiglia e alla più grande famiglia del BDS.”
Per quanto questo sia stato un risultato felice, Nawajaa è solo uno delle migliaia di prigionieri politici palestinesi detenuti in gravissime condizioni nelle prigioni israeliane.
L’associazione per i diritti dei prigionieri palestinesi Addameer afferma che attualmente i detenuti sono 4.500, tra cui 160 bambini, e 360 “detenuti amministrativi”, cioè prigionieri a tempo indeterminato senza accusa o processo.
Uno di loro era Daoud Talat Al-Khatib, morto mercoledì all’età di soli 45 anni per quello che pare sia stato un infarto.
Il Palestinian Prisoners Club ha accusato Israele di incuria sanitaria nei confronti di Al-Khatib. Mancavano solo pochi mesi alla fine della sua condanna a 18 anni.
La sua morte ha amaramente ricordato che i prigionieri politici palestinesi continuano a soffrire sotto l’occupazione, anno dopo anno, mese dopo mese. Il mondo fuori dimentica i loro nomi, ma il popolo palestinese ha la massima stima di chi venga fatto prigioniero nella lotta di liberazione.
Questa lotta assume molte forme.
Ricordate il nome di Mohammed El-Halabi?
Da quattro anni è chiuso nelle carceri israeliane per il “crimine” di aver operato nella beneficenza.
El-Halabi è il direttore di programma dell’associazione di beneficenza cristiana World Vision a Gaza. Secondo i suoi familiari, El-Halabi è stato torturato perché “confessasse” di aver finanziato il “terrorismo” a Gaza.
Suo padre, Khalil El-Halabi, è da lungo tempo un dipendente dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Aveva dichiarato a The Electronic Intifada di aver insistito perché nelle scuole dell’agenzia fossero inclusi l’insegnamento dei diritti umani e gli studi sull’Olocausto.
“Educhiamo i nostri figli a rispettare le persone indipendentemente dalla razza o dalla religione”, ha spiegato. “Questo rispetto non è garantito a mio figlio, che è in prigione e viene torturato fisicamente e psicologicamente per qualcosa che non ha fatto. È questa la pace di cui parla Israele? “
Il giornalista palestinese Amjad Ayman Yaghi ha riferito da Gaza che “Khalil è convinto che Israele stia usando suo figlio per prendere di mira i programmi umanitari a Gaza”.
Sarebbe molto più facile per Israele bloccare i programmi di aiuto internazionale a Gaza se avesse la “confessione” di El-Halabi (non importa quanto forzata) di essersi appropriato indebitamente dei fondi di un importante ente di beneficenza internazionale.
Le accuse di Israele contro El-Halabi sono evidentemente false e non sono state provate in tribunale. Negli ultimi quattro anni è stato costretto a quasi 150 udienze in tribunale – per lo più segrete – e il suo avvocato è stato sottoposto a restrizioni senza precedenti. Gli è stato offerto un patteggiamento, ma ha rifiutato.
Amnesty International ha condannato il suo imprigionamento e ha detto: “I processi segreti sono la più flagrante violazione del diritto a un’udienza pubblica. Tenere procedimenti giudiziari a porte chiuse renderebbe infondate le condanne emanate “.
Le accuse contro El-Halabi sono state inventate senza nemmeno grande sforzo. Si vede chiaramente che sono fittizie e sono state costruite ad arte.
È stato accusato di aver stornato decine di milioni di dollari di aiuti finanziari a favore di Hamas, il partito politico palestinese al governo nella Striscia di Gaza che ha anche un’ala armata.
Ma c’è una grossa falla in questa storia: secondo World Vision, l’importo che è stato accusato di aver rubato sarebbe in realtà più del doppio dell’intero budget del programma di beneficenza a Gaza.
Non sarebbe stato possibile che una tale somma “scomparisse”.
Sia World Vision che il governo australiano (che ha fornito i fondi all’ente di beneficenza) hanno condotto approfondite indagini di polizia e hanno dichiarato infondate le accuse israeliane.
Nel 2017, il ministero degli Affari esteri australiano ha scagionato World Vision ed El-Halabi. “Il nostro costante monitoraggio legale non ha scoperto alcun denaro sottratto e secondo DFAT [il ministero] la loro indagine non è stata e non è fondata, e questa è un’ottima notizia”, ha rivelato il capo di World Vision Australia.
Che El-Halabi stia resistendo così a lungo alla pressione dei torturatori israeliani è un atto di resistenza al regime di occupazione israeliano non meno eroico della resistenza armata.
Le opinioni espresse in questo articolo sono all’autore e non riflettono necessariamente la politica redazionale di Middle East Monitor.
(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)