4 dicembre 2020 – Chronique de Palestine
Mays Abu Ghosh, una studentessa di giornalismo, parla delle torture psicologiche e fisiche che ha subito durante il suo interrogatorio da parte delle forze israeliane di occupazione.
Abu Ghosh, studentessa di giornalismo all’università di Birzeit, è stata sequestrata nell’agosto 2019 ed accusata di far parte del Polo studentesco progressista democratico, un’organizzazione studentesca vietata dalle forze israeliane di occupazione, e di partecipare ad attività studentesche contro l’occupante.
È stata anche accusata di “comunicazione con il nemico” – ha partecipato ad una conferenza sul diritto al ritorno dei palestinesi – e di lavorare per un’agenzia di stampa che si ritiene affiliata al movimento Hezbollah (organizzazione della resistenza libanese).
Abu Ghosh è stata condannata ad una multa di 2.000 shekel (circa 500 euro) e rilasciata dal carcere di Damon al posto di controllo di Jalameh, a nord della città di Jenin in Cisgiordania illegalmente occupata, dove è stata accolta dalla famiglia e dagli amici.
Diverse associazioni di difesa dei diritti umani hanno dichiarato che Abu Ghosh ha rivelato loro le torture fisiche e psicologiche subite durante più di un mese nel tristemente celebre centro di interrogatori Maskobiyeh a Gerusalemme.
Queste associazioni hanno aggiunto che Mays è stata costretta a restare in diverse posizioni costrittive per lunghe ore ed è stata minacciata di tornare a casa paralizzata o disturbata mentalmente. È stata inoltre costretta ad ascoltare le grida e le urla di altri prigionieri sottoposti a interrogatorio ed è stata ripetutamente presa a schiaffi mentre i soldati israeliani le gridavano delle oscenità.
“Voglio dire a tutti ciò che mi è successo durante la fase di interrogatorio e di tortura.”, ha dichiarato Abu Ghosh a Al Jazeera il giorno dopo la sua liberazione. “Non perché è qualcosa che è capitata personalmente a me, ma perché ogni palestinese sappia che cosa aspettarsi quando Israele lo arresterà.”
I tribunali militari israeliani, davanti ai quali vengono giudicati i palestinesi dei territori occupati, hanno un tasso di condanne del 99,74%.
“La procura militare ha incriminato Ghosh per azioni legate alle sue attività sindacali studentesche all’università, oltre alla sua attività sui media”, ha dichiarato Addameer, un’associazione di difesa dei diritti dei prigionieri.
“Tale prassi dimostra la criminalizzazione dei diritti umani più fondamentali da parte delle autorità di occupazione, attraverso ordini militari.”
Abu Ghosh ha aggiunto che il messaggio che vuole trasmettere da parte delle altre donne detenute è quello dell’“unità nazionale”.
“Hanno anche richieste relative alle condizioni di vita, in particolare quelle che scontano lunghe pene”, ha dichiarato. “Le videocamere nel cortile del carcere funzionano in permanenza e violano la loro privatezza personale.”
La famiglia presa di mira
Nel gennaio 2016 il fratello maggiore di Abu Ghosh, Hussein, era stato ucciso dalle forze israeliane perché avrebbe compiuto un attacco all’arma bianca.
In seguito le forze israeliane avevano demolito la casa della famiglia.
Nell’agosto 2019 la casa di Abu Ghosh è stata oggetto di un’incursione all’alba da parte delle forze israeliane con cani dell’esercito.
Quella volta Mays era stata condotta in un luogo separato e le è stato ordinato di accendere il suo computer portatile e il suo telefono. In seguito al suo rifiuto le sono stati bendati gli occhi, è stata ammanettata e letteralmente presa in ostaggio.
Un mese dopo suo fratello Suleiman, di 17 anni, è stato arrestato per fare pressione su Abu Ghosh perché confessasse. Ha trascorso quattro mesi in detenzione amministrativa, incarcerato da Israele senza capi d’accusa né processo.
Anche i suoi genitori sono stati convocati per un interrogatorio.
Secondo Addameer sono detenute da Israele 40 donne palestinesi. La popolazione carceraria totale arriva attualmente a 4.500 persone, di cui 170 minori e 370 in detenzione amministrativa.
Nel carcere di Damon sette prigionieri hanno seguito corsi universitari, ma la scorsa settimana un’incursione nelle loro celle da parte del servizio penitenziario israeliano ha portato al sequestro dei loro libri.
Dopo la sua liberazione Abu Ghosh ha dichiarato di voler terminare i propri studi e proseguire la formazione professionale nell’ambito della comunicazione.
“Le autorità penitenziarie hanno minacciato di mettere in isolamento i prigionieri che proseguono gli studi”, ha affermato Mays.
“Insieme ad altri prigionieri abbiamo creato un piccolo programma per studiare filosofia, letteratura araba e poesia. Avevamo anche certi rituali che svolgevamo insieme, come prepararsi prima di una visita dei familiari”
(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)