L’Autorità Nazionale Palestinese sta perdendo il controllo sulla Cisgiordania

Manifestanti palestinesi e forze di sicurezza dell'AP si scontrano a Ramallah dopo una marcia che ha condannato la morte di Nizar Banat il 26 giugno 2021 (AFP)
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Lubna Masarwa, Dania Akkad

30 agosto 2021 – Middle East Eye

Mesi di crescente repressione e di arresti portano a interrogarsi sul suo imminente collasso persino i sostenitori dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Il 23 agosto, vedendo che le forze di sicurezza arrestavano circa una trentina di manifestanti che esigevano risposte riguardo alla morte di Nizar Banat, un oppositore di Mahmoud Abbas deceduto dopo un’irruzione di agenti della sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in casa sua, un membro dell’ANP si è ricordato di quello che era avvenuto in Egitto quarant’anni fa.

“Ciò mi ricorda gli ultimi giorni di (Anwar) Sadat,” ha confidato a Middle East Eye, a condizione di rimanere anonimo per una questione di sicurezza personale. Nelle settimane che nel 1981 precedettero l’assassinio del presidente egiziano, Sadat aveva fatto arrestare 1.600 egiziani di ogni orientamento politico. “Avevano cominciato ad arrestare tutti quanti, come giornalisti e scrittori, e chiunque si ribellasse a Sadat.”

I suoi membri e alcuni osservatori affermano che la fragilità dell’ANP è al centro dell’attenzione da mesi. Ciò è iniziato in aprile, quando il presidente Mahmoud Abbas ha rinviato le elezioni politiche. In maggio l’ANP è rimasta ai margini quando Israele ha bombardato Gaza.

Durante l’estate l’ANP ha reagito con l’arresto di decine di attivisti alle manifestazioni che criticavano le sue iniziative, e persino quelle in solidarietà con i palestinesi di Gaza, rimanendo nel contempo in silenzio mentre le forze di sicurezza israeliane uccidevano una quarantina di palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Per gli attivisti e il membro dell’ANP gli arresti dello scorso fine settimana sono l’ultimo segnale in ordine di tempo dell’indebolimento dell’ANP, il che li porta a chiedersi se non stia per perdere il controllo della Cisgiordania.

Sul piano politico sono finiti”

Qualche ora dopo le dimostrazioni, cui hanno partecipato studenti universitari, registi e poeti, durante una veglia di protesta contro gli arresti le forze dell’ordine dell’ANP hanno arrestato un altro manifestante, Khader Adnan, celebre per i suoi scioperi della fame senza uguali durante le sue varie incarcerazioni in detenzione amministrativa nelle prigioni israeliane.

Fadi Quran, difensore dei diritti umani ed esperto di diritto internazionale che era tra gli arrestati, ha detto di essere stato interrogato sulla ragione per la quale ha distribuito bandiere palestinesi e, durante un’udienza, ha chiesto al giudice di condannarlo per essere il primo palestinese sanzionato per il possesso della bandiera nazionale.

L’assurdità della situazione e l’inasprimento dell’ANP di fronte alle critiche portano molti a chiedersi se si tratti di un ultimo attacco disperato: “Ci sono tutti gli elementi per un collasso dell’Autorità Nazionale Palestinese,” afferma Jamal Juma’a, direttore della campagna Stop the Wall [Stop al muro, ndtr.], con sede a Ramallah.

“Sul piano politico sono finiti. Come progetto nazionale, sono finiti. Aggiungi a questo la corruzione generalizzata e ci sono tutte le condizioni per un crollo dell’ANP.” Da parte sua il membro dell’ANP afferma: “Non posso dire se l’Autorità Nazionale Palestinese collasserà a breve, ma sicuramente attraversa una crisi profonda e non sono sicuro di sapere dove questo porterà.”

Jenin è un buon punto di partenza per vedere a cosa potrebbe assomigliare un’ANP che perde il controllo della Cisgiordania.

Negli ultimi due mesi ci sono state parecchie sparatorie nel campo profughi di Jenin tra giovani abitanti armati e le forze di sicurezza israeliane che fanno regolarmente irruzione nel campo.

Dopo due incidenti a luglio e agosto, durante i quali le forze di sicurezza israeliane hanno ferito due palestinesi a Jenin, la scorsa settimana hanno ucciso quattro palestinesi quando un’irruzione nel campo si è trasformata in uno scontro a fuoco.

In risposta il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh ha criticato le forze israeliane e chiesto all’ONU e alle organizzazioni internazionali di fornire una protezione al popolo palestinese.

Ma Shatha Hamaysha, giornalista freelance di Jenin che collabora con MEE, racconta che la sparatoria della scorsa settimana era stata scatenata dai maldestri tentativi dell’ANP di cercare di controllare la situazione a Jenin.

Secondo lei l’ANP ha proposto di fare da intermediaria tra gli israeliani e i giovani combattenti armati e poco prima dello scontro a fuoco ha arrestato parecchi abitanti che avevano rifiutato di adeguarsi a questo piano.

Quelli che hanno combattuto respingono l’ingerenza dell’ANP, soprattutto alcuni giovani che recentemente si sono uniti ai combattenti a causa della frustrazione provocata dall’ANP.

Precisa che l’ANP ha cercato di risolvere la situazione a Jenin “a modo suo”, diffondendo l’immagine secondo cui controlla la situazione, ma la realtà in città è molto diversa. “A Jenin l’Autorità ha perso la sua presenza sociale e tenta in vari modi di controllare la sicurezza, di imporre l’ordine e di ripristinare la calma,” afferma Hamaysha.

Un’opinione pubblica che non ha più paura

Precisa comunque che si continua a gettare benzina sul fuoco. La settimana scorsa le forze israeliane hanno messo in atto esercitazioni militari nei posti di controllo che circondano Jenin “per inviare un velato messaggio a Jenin e ai suoi giovani.”

A livello locale queste esercitazioni sono considerate come vane dimostrazioni di forza. Per il membro dell’ANP l’incapacità delle forze di sicurezza a proteggere gli abitanti dagli israeliani o di controllare i gruppi armati nel campo profughi è un chiaro segnale. “L’ANP è sempre molto debole. Non può entrare in un luogo come Jenin,” sostiene. Quello che succede a Jenin si estenderà? È la domanda che molti si pongono in Cisgiordania.

MEE ha chiesto all’ANP se ha fatto da intermediaria tra i giovani armati e gli israeliani; se ha arrestato persone ricercate dagli israeliani; se ha svolto attività prima della sparatoria della settimana scorsa e se ha perso il controllo di Jenin. Al momento della pubblicazione [di questo articolo] l’ANP non aveva ancora risposto.

Altro segnale che indica che all’ANP sfugge il controllo sono le persone che sono state arrestate. Non si tratta di sostenitori di Hamas, bersaglio abituale dell’ANP, ma di attivisti laici, persino di alcuni che fino a poco tempo fa sostenevano l’ANP.

Mazin Qumsiyya, docente di biologia alle università di Betlemme e Bir Zeit e attivista politico, era tra i manifestanti di Ramallah. Durante le proteste sono stati arrestati 17 suoi amici, racconta.

Secondo lui questi arresti riflettono un’ANP che non sa cosa deve fare, perché le sue solite strategie sono inefficaci con un’opinione pubblica che non ha più paura.

“Pensavano che quella di Nizar Banat sarebbe diventata una storia vecchia, ma non è stato così. Si sta allargando,” sostiene. “La gente non sta zitta e reagisce sempre di più.”

“Penso che ci si avvii verso il collasso dell’ANP, in particolare riguardo alla sicurezza. Le persone non hanno più paura dell’ANP. Nemmeno quelli che vengono arrestati hanno paura. Quando si supera l’ostacolo della paura tutto è possibile.”

Hani al-Masri, direttore generale di Masarat (Centro Palestinese di Ricerche Politiche e di Studi Strategici) a Ramallah, afferma che il recente comportamento dell’ANP è il riflesso di un’istituzione che reprime perché non sa che altro fare dopo aver perso il sostegno popolare.

“L’Autorità Nazionale Palestinese si è trovata impreparata dopo aver perso le fonti di legittimità interne: legittimità rivoluzionaria, legittimità della resistenza e del consenso nazionale, legittimità delle urne e legittimità dei risultati raggiunti,” elenca.

“Non le restano che le fonti di legittimità esterne: legittimità del potere e della sicurezza. Dopo il fallimento del suo progetto politico, non ne ha adottato uno nuovo.”

Continua: “Ha abbandonato la direzione del suo popolo in tutte le manifestazioni dell’Intifada di Gerusalemme ed ha l’impressione che gli avvenimenti l’abbiano sopraffatta. Ha voluto prendere l’iniziativa arrestando più di 120 persone dal maggio scorso, per inviare un messaggio forte: nessuno, qualunque sia la sua età, può sfuggire agli arresti.”

Un peso per il popolo palestinese

Un sondaggio dei primi di giugno del Palestinian Center for Policy and Survey Research [Centro Palestinese per la Politica e la Ricerca] e della fondazione Konrad-Adenauer appena dopo il rinvio delle elezioni da parte di Abbas mostra che più del 56% dei palestinesi ritiene che l’ANP sia un peso per il popolo palestinese.

Secondo il membro dell’ANP non è nell’interesse degli Stati Uniti o degli israeliani lasciare che l’ANP collassi. Ma dice di prevedere un periodo molto confuso per l’organizzazione, divorata da lotte intestine.

“La sostituzione di Abu Mazen (Mahmoud Abbas) è fonte di conflitti, ma ci sono anche diatribe riguardanti gli incarichi ministeriali,” afferma questa fonte. “Oggi Fatah [principale organizzazione dell’ANP, ndtr.] è disunito. Ci sono divisioni e molti non sono d’accordo con quello che succede sul terreno, in particolare con gli arresti.”

Nel frattempo, avverte, in Cisgiordania circolano dappertutto armi sulle quali l’ANP non ha alcun controllo.

Come Qumsiyya, Juma’a è convinto che i palestinesi abbiano bisogno di un’alternativa politica forte per sostituire l’ANP, di alternative prima di metterla seriamente in discussione.

“Succede di tutto e l’ANP arresta dei palestinesi. Ma dove sono le fazioni politiche? Cosa fanno per porvi termine?” si interroga Juma’a.

“L’Olp deve agire e intervenire. Le fazioni politiche nell’ANP devono dare le dimissioni [dagli incarichi governativi, ndtr.] invece di servire da copertura.”

Secondo Qumsiyya il problema è che i palestinesi pensano di non avere che due possibilità davanti a sé: Hamas o Abbas.

“Ma non è vero. Abbiamo numerose scelte. Molti gruppi si presentavano alle elezioni e in uno di essi c’era lo stesso Nizar Banat. Non faceva parte né di Fatah né di Hamas,” continua.

“La gente vuole un cambiamento profondo, non solo superficiale. Vuole che Abu Mazen e tutto il suo sistema spariscano.”

Tra i manifestanti arrestati il 23 agosto si preparano già piani per nuove dimostrazioni.

Dopo essere stato liberato, sulla sua pagina Facebook il regista Mohammed Alatar ha ringraziato le persone che hanno inviato messaggi di solidarietà al momento del suo arresto.

“Di fatto mi vergogno, perché in Palestina eravamo soliti festeggiare quando eravamo (liberati) dalle prigioni dell’occupazione. Ormai festeggiamo l’uscita dalle nostre stesse prigioni,” scrive.

“Spero che presto tutto questo caos finisca e che ci concentriamo di nuovo sulla nostra fondamentale missione, che consiste nel sbarazzarci dall’occupazione ed essere liberi.”

Poi invita le persone a tornare in piazza Manara a Ramallah, teatro degli arresti di sabato, per una nuova manifestazione.

(traduzione dal francese di Amedeo Rossi)