Analisi: Gaza sarà la Stalingrado di Israele?

Dopo un bombardamento a Rafah il 17 ottobre. Foto: Fatima Shbair/AP
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Zoran Kusovac

18 ottobre 2023 – Al Jazeera

Nonostante potenzialità militari molto superiori, a Gaza Israele potrebbe trovarsi in trappola.

Il micidiale bombardamento martedì notte dell’Al-Ahli Arab Hospital nella città di Gaza, che secondo funzionari sanitari ha ucciso almeno 500 persone, ha seminato indignazione in tutto il mondo e scatenato un’altra serie di accuse reciproche.

I palestinesi sono convinti che l’esplosione sia stata provocata da una bomba intelligente sganciata da un aereo militare israeliano, ma Israele si è affrettato ad accusare i combattenti palestinesi sostenendo che l’esplosione è stata causata da un razzo lanciato da Gaza che non è riuscito a raggiungere una traiettoria di volo corretta.

Le scarse prove a disposizione subito dopo il fatto sono insufficienti per stabilire conclusioni definitive. Solo un’attenta analisi dei detriti lasciati presso l’ospedale che possa rilevare frammenti dell’involucro esterno dell’ordigno esploso potrebbero dare come risultato un’identificazione chiara.

Anche prima di quest’ultimo attacco c’era un crescente numero di prove che indicavano il fatto che i raid aerei israeliani contro i palestinesi a Gaza sono stati in buona misura indiscriminati. La maggioranza delle attente analisi dei bersagli non riesce a svelare le chiare caratteristiche militari degli incessanti bombardamenti aerei, imponendo una domanda: quale logica ha motivato la scorsa settimana la richiesta israeliana ai palestinesi di evacuare la parte settentrionale di Gaza?

Dalla prospettiva della strategia militare ci sono due risposte possibili. Per Israele entrambe sarebbero potenzialmente un errore.

La prima potrebbe essere quella di creare un tale caos sulle strade della Striscia di Gaza che ai combattenti del movimento Hamas risulterebbe difficile o quasi impossibile muoversi. Questa logica seguirebbe un classico pensiero militare, verificato molte volte in differenti guerre. Ma questa non è una guerra classica con due parti uguali, né i combattenti di Hamas sono una classica formazione militare. Nessun approccio israeliano che non ne tenga conto può garantire un successo neppure limitato.

Nel corso degli anni in cui Israele ha bloccato l’enclave, i combattenti di Hamas hanno creato una ragnatela di tunnel scavati sotto la Striscia di Gaza. Per ovvie ragioni militari la loro stessa esistenza è stata un segreto palestinese gelosamente custodito, e persino quando la loro presenza non poteva più essere negata, si è permesso che filtrasse solo un’informazione molto generica, per cui essi sono ancora avvolti nel mistero.

Pare che la pratica di scavare passaggi sottoterra sia iniziata per la necessità di prevalere sull’occupazione israeliana del territorio durata fino al 2005. Le prime congetture riguardo al fatto che i palestinesi di Gaza facessero entrare di nascosto beni, forniture militari e il classico contrabbando comparvero negli anni ’90, quando la Striscia era ancora sotto il controllo politico di Fatah.

Inizialmente si presumeva che questi tunnel fossero molto rudimentali, lunghi quel tanto da passare sotto le barriere di confine con l’Egitto con ingressi da entrambi i lati nascosti dalle case. Correvano per qualche centinaio di metri ed erano così piccoli che le persone dovevano percorrerli accovacciate. Chiunque abbia visitato il Tunnel di Sarajevo, una struttura frettolosamente scavata dall’esercito della Bosnia Erzegovina a metà del 1993 per alleviare l’assedio della città, può immaginare come fossero probabilmente i primi tunnel tra Egitto e Gaza: un cunicolo stretto, angusto e scavato a mano con il soffitto basso sostenuto da travi e pali.

Con il tempo i tunnel che attraversavano il confine divennero mezzi molto efficaci per contrabbandare rifornimenti a Gaza. La rete si estese anche all’interno del territorio palestinese, consentendo di spostarsi liberamente al riparo da cittadini indiscreti che potessero essere informatori del nemico e da sistemi di sorveglianza israeliani che vanno dai satelliti agli aeroplani ed elicotteri fino ai droni senza pilota. Nel frattempo gli scavatori divennero molto esperti e migliorarono la qualità delle strutture sotterranee.

Video di Hamas resi noti la scorsa settimana mostrano tunnel di sorprendenti dimensioni e complessità, costruiti con appositi elementi prefabbricati di cemento, abbastanza alti da consentire di stare eretti e abbastanza larghi che i combattenti vi si possano muovere a passo veloce, e anche abbastanza ampi da fungere come magazzini ben protetti per armi e munizioni, compresi i razzi.

Non si sa quali siano l’estensione e l’esatta ubicazione dei tunnel, ma non ci sono dubbi che la rete sia estesa e che consenta un efficace movimento di truppe e munizioni sottoterra. Per ogni scopo pratico la relativamente piccola forza militare di Hamas potrebbe riposizionarsi da uno scontro a fuoco a quello successivo attraverso i tunnel, sia per operazioni difensive che offensive. Così, se l’ordine israeliano perché la gente nel nord di Gaza se ne vada intendeva rallentare lo spostamento di truppe di Hamas, si tratterebbe di una lettura errata della situazione sul terreno, o meglio, nel sottosuolo.

La seconda linea di pensiero possibile dei comandanti militari israeliani per spiegare questo ordine potrebbe essere il desiderio di svuotare la zona dai non-combattenti e rendere l’offensiva più semplice e più facile da condurre.

In teoria c’è una logica valida in questo: se la maggioranza dei civili se ne va, gli attaccanti possono supporre che chiunque sia ancora presente sul terreno sia un combattente e quindi un bersaglio militare legittimo. Oltretutto questo sviluppo ridurrebbe le vittime civili collaterali e le accuse secondo cui le Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndt.] uccidono indiscriminatamente i civili.

In realtà Israele dovrebbe sapere che, come hanno sottolineato le Nazioni Unite e varie organizzazioni umanitarie, sarebbe impossibile per 1.1 milioni di persone in un territorio già densamente abitato spostarsi di notte, soprattutto se sottoposte a condizioni di assedio in cui scarseggiano cibo, acqua, medicine e carburanti.

Ma anche se tutti i non combattenti seguissero le direttive e miracolosamente riuscissero a lasciare le zone a nord, un’offensiva di terra israeliana non sarebbe affatto una passeggiata, nonostante il vantaggio sproporzionato della forza di una fanteria addestrata, armata ed equipaggiata, il controllo incontrastato dei cieli e il predominio quanto a sofisticati dispositivi altamente tecnologici di ultima generazione.

Una vecchia massima militare afferma che un comandante può considerare di aver conquistato un territorio solo quando le scarpe dei suoi soldati sono sul terreno in ogni angolo e nel centro di quell’area. Un terreno densamente urbanizzato pieno di macerie, in cui gli edifici sono già stati in buona misura distrutti o danneggiati da bombardamenti aerei e dal fuoco di sbarramento dell’artiglieria, è presumibilmente il tipo di terreno più impegnativo e complesso per un’avanzata militare.

Cercando un precedente viene in mente Stalingrado. Là, nonostante l’addestramento ed esperienza militare migliori e la grande superiorità tecnologica, gli eserciti tedeschi combatterono per otto mesi per conquistare la città in rovine per poi essere sopraffatti dalla determinazione e dal sacrificio dei difensori sovietici.

In città semidistrutte gli attaccanti sono in una situazione molto più difficile che in ogni altro terreno, e il classico rapporto 3 a 1 necessario perché l’esercito attaccante abbia una possibilità di successo non è sufficiente, ed è molto più realistico un rapporto di 5 a 1 o superiore.

Paradossalmente, se i civili di Gaza tenessero conto delle richieste di Israele e svuotassero il nord, renderebbero più facile ai miliziani di Hamas combattere, in quanto non avrebbero da preoccuparsi degli effetti delle loro azioni sui loro fratelli e sorelle. Potrebbero colpire chiunque si muova sul terreno senza pensarci, sapendo che i loro compagni utilizzeranno i corridoi sotterranei per sparire da un posto e riapparire altrove in modo inaspettato.

Sicuramente Israele si sta preparando per la fase successiva. Nei prossimi giorni esamineremo le sue opzioni, capacità e possibili tattiche militari.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)