Tamara Nassar
9 dicembre 2023 – The Electronic Intifada
Israele ha assassinato lo scrittore e docente Dr. Refaat Alareer.
Euro-Mediterranean Human Rights Monitor [ONLUS per la protezione dei diritti umani, ndt.] ha concluso che l’attacco aereo israeliano che il 6 dicembre ha ucciso Refaat e diversi membri della sua famiglia è stato “verosimilmente intenzionale”.
Refaat ha lavorato in stretta collaborazione con The Electronic Intifada ed era tra i più importanti oppositori della guerra genocida di Israele contro Gaza.
Era rifugiato nell’appartamento di sua sorella Asmaa nella zona di al-Daraj, a Gaza City. Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, citando accertate testimonianze oculari e resoconti familiari, ha dichiarato che intorno alle 18 di mercoledì l’intero edificio in cui si trovava è stato “bombardato chirurgicamente”.
Refaat è stato ucciso insieme a suo fratello Salah e uno dei figli di lui, Muhammad. Anche sua sorella Asmaa con tre dei figli, Alaa, Yahya e Muhammad, sono stati uccisi insieme a uno dei loro vicini.
Inoltre nell’attacco israeliano sono rimasti feriti altri membri della famiglia.
“L’attacco aereo ha colpito chirurgicamente l’appartamento al secondo piano, dove si trovava Refaat, in un edificio di tre piani, e non l’intero palazzo: ciò indica che l’appartamento era l’obiettivo e non si è trattato di un danno collaterale”, afferma l’organizzazione Euro-Med.
Refaat era stato sfollato più volte all’interno della Striscia di Gaza in seguito all’attacco contro la sua casa durante la seconda settimana dell’assalto genocida israeliano contro l’enclave costiera iniziato il 7 ottobre.
Qualche giorno prima di essere ucciso Refaat si era trasferito con la moglie e i figli in una scuola gestita dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) nel quartiere al-Tuffah di Gaza City.
Un caro amico di Refaat ha detto all’organizzazione per i diritti umani che nel corso della sua permanenza nella scuola potrebbe essere stato contattato dall’esercito israeliano.
“Aveva ricevuto una telefonata anonima da qualcuno che si era identificato come un ufficiale israeliano e aveva minacciato Refaat affermando di conoscere esattamente la scuola in cui si trovava”, riferisce l’organizzazione nel citare l’amico intimo. E aggiunge che i soldati israeliani “con l’avanzata delle truppe di terra erano sul punto di raggiungere la sua posizione”.
Sebbene Euro-Mediterranean Human Rights Monitor affermi che “la credibilità della minaccia in sé non è sicura“, è stata certamente una delle ragioni che hanno spinto Refaat a trasferirsi a casa di sua sorella, “credendo che fosse meno esposta di una scuola aperta e sovraffollata dove sarebbe stato difficile nascondersi”.
L’organizzazione è giunta alle conclusioni che Refaat era probabilmente un obiettivo dell’esercito israeliano.
“Tutto è intenzionale”
Una recente indagine di +972 Magazine e Local Call [versioni rispettivamente in inglese ed ebraico di una rivista progressista online, ndt.] ha rivelato come l’esercito israeliano stia utilizzando l’intelligenza artificiale per generare più obiettivi da colpire a Gaza.
Nel citare fonti dell’intelligence il rapporto afferma che “l’esercito israeliano dispone di archivi sulla stragrande maggioranza dei potenziali obiettivi a Gaza, comprese le case, che stabiliscono il numero di civili che potrebbero essere uccisi in un attacco contro un particolare obiettivo”.
““Niente accade per caso”, sostiene una fonte.
“Quando in un’abitazione a Gaza una bambina di 3 anni viene uccisa è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che la sua uccisione non costituisce un grosso problema, che si tratta di un prezzo che vale la pena pagare per colpire [un altro] obiettivo”, aggiunge la fonte.
“Noi non siamo Hamas. Questi non sono razzi con bersagli casuali. Tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa”.
Il fatto che quella sera l’abitazione della sorella di Refaat sia stata l’unico appartamento attaccato nell’edificio contribuisce a concludere che Refaat fosse stato preso di mira deliberatamente.
Bersaglio di precedenti attentati
Non era la prima volta che dopo il 7 ottobre Refaat venisse preso di mira da un bombardamento.
Il 19 ottobre l’esercito israeliano ha bombardato senza alcun preavviso l’edificio in cui viveva Refaat a Gaza City. Due appartamenti furono completamente distrutti e altri cinque, compreso quello della famiglia di Refaat, gravemente danneggiati.
In quel momento Refaat ospitava quattro famiglie sfollate. Tutti gli ospiti erano donne e bambini.
All’epoca la casa di Refaat aveva un generatore di corrente, carburante per un paio di mesi e pannelli solari.
“Da quando è iniziato l’attacco di Israele abbiamo aiutato innumerevoli persone a pompare acqua, caricare i loro dispositivi elettronici e mantenere funzionanti i loro freezer”, ha scritto Refaat il 22 ottobre su The Electronic Intifada.
“Credo che questo sia il motivo per cui il nostro edificio è stato colpito.”
Altri nella famiglia allargata di Refaat hanno ritenuto che fosse stato preso di mira proprio per aver parlato apertamente.
“Non sappiamo perché l’edificio sia stato preso di mira. Mia suocera insiste che è perché parlo con i media”, ha scritto Refaat.
“Anche mia madre ha espresso la stessa preoccupazione.”
Da quel giorno Refaat e la sua famiglia sono rimasti sfollati. Si erano rifugiati in un ospedale e poi in una scuola.
Ad un certo punto la famiglia si è stabilita all’ospedale pediatrico Rantisi di Gaza City, ma ha dovuto evacuare quando i soldati israeliani sono giunti nelle vicinanze.
Ha scritto un articolo per The Electronic Intifada in cui denunciava la menzogna secondo cui Hamas conducesse le sue operazioni nei pressi dell’ospedale.
In passato Refaat e la sua famiglia erano stati presi di mira dai soldati israeliani numerose volte, con l’uccisione di decine di parenti.
Diffamazione
Come se ucciderlo non fosse abbastanza, i troll [individui che svolgono attraverso internet azioni di provocazione e diffamazione, ndt.] che sostengono Israele e la sua ideologia di Stato, il sionismo, hanno cercato di diffamarlo, prima e dopo la sua uccisione.
“Per settimane dall’inizio di questa guerra Refaat ha ricevuto numerose minacce di morte e messaggi di odio da account israeliani sui social media dopo che personaggi pubblici di spicco lo hanno preso di mira accusandolo di molestie e istigazione”, dice Euro-Med.
Uno di questi personaggi pubblici è Bari Weiss.
Weiss ha citato un tweet che Refaat aveva scritto su una bufala completamente sfatata secondo cui il 7 ottobre i miliziani palestinesi avrebbero bruciato vivo un bambino israeliano dentro un forno.
“Ecco Refaat Alareer che scherza sul fatto che un bambino israeliano, bruciato vivo in un forno, sia stato cucinato ‘con o senza lievito’”, ha scritto Weiss.
Successivamente Refaat ha ricevuto sui social media minacce di morte e messaggi di odio.
“Molti soldati israeliani deliranti che stanno già bombardando Gaza prendono sul serio queste bugie e calunnie e agiscono di conseguenza”, ha scritto Refaat in quella circostanza.
I troll sionisti stanno ora usando la stessa tattica per cercare di diffamare Refaat, accademico di fama internazionale amato e rispettato da generazioni di palestinesi e da persone di tutto il mondo.
Prendere di mira il mondo accademico
Alcuni giorni prima che Refaat venisse ucciso Israele ha assassinato il dottor Sufyan Tayeh, presidente dell’Università islamica di Gaza dove Refaat era docente di letteratura inglese.
Questo mese le forze israeliane hanno anche piazzato esplosivi e fatto saltare in aria la facoltà di medicina dell’Università islamica di Gaza.
Il commentatore di destra Yinon Magal ha celebrato quell’attacco definendolo un “regalo di Hanukkah” [Hanukkah è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle luci, ndt.] da parte di una divisione dell’esercito israeliano.
Il fatto che l’edificio non sia stato colpito da aerei da guerra ma da soldati che vi hanno piazzato personalmente le bombe, suggerisce che non vi fosse alcun “rischio” per la loro vita e che non stessero prendendo di mira la resistenza palestinese all’interno dell’edificio.
Una foto raffigura un soldato israeliano in posa accanto all’edificio della facoltà di medicina con una menorah [lampada ad olio a sette bracci usata durante l’Hanukkah, ndt.] gigante all’esterno in segno di conquista.
Il cartello con il nome dell’edificio e del donatore che ha contribuito a costruirlo appare vandalizzato con la scritta “ours now” [adesso nostro, ndt.] in inglese.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)