Editoriale di Haaretz
12 maggio 2025 – Haaretz
L’indifferenza dell’opinione pubblica [israeliana, ndt.] verso ciò che Israele sta facendo nella Striscia di Gaza non è solo il risultato di una mancanza di attenzione, ma anche della guerra che Israele sta conducendo contro la possibilità di sapere.
Israele sta nascondendo le immagini delle distruzioni, dei bambini feriti, delle donne morte, della portata della carneficina, della fame, delle malattie, dello stato degli ospedali e dell’entità del disastro umanitario a Gaza.
Non si tratta solo di occultamento, ma anche di mettere a tacere gli oppositori della guerra, persino coloro che esprimono preoccupazione per ciò che sta accadendo.
Eden Solomon (Haaretz in ebraico, 11 maggio) ha rivelato come lo Stato abbia messo a tacere le voci dei beduini del Negev. Circa 20 persone intervistate hanno testimoniato che dal 7 ottobre il servizio di sicurezza dello Shin Bet ha svolto la funzione di censura, principalmente sui social media.
Qualsiasi critica al governo, soprattutto riguardo alla guerra a Gaza, può comportare essere convocati per un interrogatorio. Uomini, donne, minori e anziani hanno ricevuto un mandato di comparizione dallo Shin Bet, minacciati e sottoposti a perquisizioni umilianti.
La polizia ha arrestato una giovane beduina per aver condiviso un post in cui affermava: “Conosco persone i cui parenti sono stati uccisi a Gaza e hanno paura di parlarne e naturalmente di mostrare le loro foto in pubblico”. Un attivista politico racconta come, a causa della persecuzione, “nessuno parli, attacchi i ministri o il governo o esprima opinioni”.
Allo stesso tempo il governo sta portando avanti la legge sulle ONG, che mira a porre limiti alle azioni delle organizzazioni della società civile fino a sopprimerle.
In base al disegno di legge verrebbe applicata un’aliquota d’imposta draconiana dell’80% su qualsiasi donazione proveniente da uno Stato straniero; in altre parole, ad esempio donazioni provenienti da Gran Bretagna, Germania, Nazioni Unite o Unione Europea a organizzazioni no-profit israeliane che operano per la promozione dei diritti umani, dei diritti delle donne, della tutela ambientale o dei diritti dei palestinesi. La legge stabilisce inoltre che un’organizzazione no-profit che fa affidamento su tali donazioni perderà il diritto di ricorrere in tribunale – una misura senza precedenti persino rispetto ai regimi autocratici.
L’obiettivo è chiaro: eliminare gli elementi di critica da parte della società civile e dare alla coalizione [di governo] il controllo completo sul dibattito pubblico.
Tutto ciò avviene nel contesto di un prolungato blocco mediatico imposto da Israele alla Striscia di Gaza. Da 19 mesi ai giornalisti stranieri non è permesso entrare nell’enclave e fare reportage in modo indipendente. Dall’inizio della guerra i giornalisti stranieri sono entrati a Gaza solo una decina di volte e in condizioni restrittive, accompagnati da un portavoce dell’esercito.
Questa non è libertà di stampa, ma una falsificazione della realtà. In ogni caso Israele continua senza sosta a mettere in discussione le informazioni che provengono dall’interno di Gaza, sostenendo che si tratti di propaganda di Hamas da non prendere in considerazione.
È così che si costruisce una realtà artificiale. Gli israeliani vivono isolati da ciò che accade al di fuori delle mura della censura. L’unico modo per fermare il degrado è prima di tutto sapere. È ora di porre fine all’occultamento, al silenzio, alla persecuzione politica e alla costruzione artificiosa della conoscenza.
L’articolo sopra riportato è l’editoriale principale di Haaretz, pubblicato sulle edizioni israeliane in ebraico e inglese.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)