Luis Bruschtein
6 giugno 2018, Página 12
L’annullamento della partita che la Selezione nazionale [argentina] avrebbe dovuto giocare questo sabato a Gerusalemme est è stato il culmine di decisioni assurde di una politica estera da sciocchi. Il Medio Oriente è una zona di conflitti infiniti, ma che anche così ha conservato determinate regole del gioco. Non sarebbe stata la prima volta che la Selezione avrebbe giocato in Israele. Prima di ogni Mondiale la squadra nazionale ha giocato in quel Paese, qualcosa che aveva cominciato a diventare una specie di fatto scaramantico anche se aveva provocato proteste e discussioni. Però tutte le precedenti partite erano state ad Haifa o a Tel Aviv. Giocare a Gerusalemme est rompe tutti i precari equilibri che reggono le relazioni internazionali con le parti in conflitto. Implica prendere una posizione, impegnarsi come parte del conflitto a fianco di Israele.
Risulta quanto meno sospetto che il ministero degli Esteri non abbia cercato di impedire la realizzazione della partita per garantire per lo meno l’integrità fisica dei giocatori. Pur essendo alleati incondizionati di Israele, i presidenti degli Stati Uniti avevano resistito allo spostamento dell’ambasciata di questo Paese a Gerusalemme, come esigeva il governo di destra israeliano. Alla fine il 14 maggio Donald Trump ha spostato l’ambasciata, il che ha determinato il fatto che migliaia di palestinesi siano scesi in piazza per protestare. Ci sono stati circa 60 morti e migliaia di feriti a causa della repressione. Sono passate solo due settimane da quegli scontri. In quello scenario volevano che si giocasse una partita che di “amichevole” non aveva niente, e che semmai si poteva interpretare come un’aperta provocazione contro i palestinesi.
Israele ha occupato Gerusalemme est nel 1967. L’ONU non riconosce questa situazione dato che i trattati internazionali non ritengono Gerusalemme come parte di Israele, ma condivisa con la Palestina. In seguito all’occupazione di Gerusalemme est nel 1967, i governi e la destra israeliani hanno promosso una campagna di colonizzazione di quei territori occupati e hanno cercato di ottenere il riconoscimento internazionale. Anche all’interno di Israele questa politica espansionistica è messa in discussione da settori della popolazione. E a livello internazionale gli Stati Uniti hanno spostato la propria ambasciata dopo quasi 50 anni. Dopo l’iniziativa nordamericana il governo del Guatemala ha annunciato che seguirà i suoi passi e Washington gli ha promesso di pagare le spese.
Il governo israeliano ha promosso la colonizzazione di questi territori e l’espulsione dei cittadini palestinesi. A quelli che sono rimasti ha concesso lo status di residenti. Non sono neppure cittadini, abitanti che sono nati in quei territori così come il loro padri, i loro nonni e i loro antenati sono “stranieri”.
Ma la decisione unilaterale dei governi espansionisti israeliani non aveva avuto nessuna conseguenza internazionale finché pochi giorni fa Trump ha deciso di spostare la sua ambasciata. L’invito del governo di destra di Netanyahu alla squadra nazionale argentina non ha avuto niente di innocente perché dopo la sanguinosa repressione ci sarebbe stata la festa con una partita internazionale che Israele e Argentina avrebbero giocato nei territori occupati.
Non sarebbe la prima volta che il bellicoso governo di Netanyahu cerca di utilizzare l’Argentina per i suoi fini politici. Sia l’annullamento dell’accordo con l’Iran che la morte del procuratore Alberto Nisman [pubblico ministero molto discusso che stava facendo un’inchiesta sull’attentato contro un centro ebraico AMIA a Buenos Aires, che nel 1994 fece 85 morti e centinaia di feriti, e trovato ucciso in circostanze misteriose nel 2015. Nisman accusò Iran ed Hesbollah e la presidentessa Kirchner di complicità nell’insabbiamento delle prove, ndt.] sono stati usati da Netanyahu nella sua campagna internazionale contro l’accordo di pace che all’epoca stava firmando l’allora presidente nordamericano Barak Obama con il governo iraniano. E in questi due fatti ha lasciato il segno il servizio segreto israeliano, il Mossad, nel lavoro che ha fatto insieme all’ex SIDE diretto da Jaime Stiuso [collaboratore della dittatura militare e poi direttamente implicato nelle indagini di Nisman e con CIA e Mossad, ndt.]. Sono dettagli oscuri dietro le quinte, che includono viaggi, finanziamenti e informazioni false. In quell’occasione Netanyahu viaggiò negli Stati Uniti invitato dai Repubblicani e nel suo discorso a Washington usò la situazione argentina per mettere in dubbio il trattato di pace firmato da Obama.
È stato inusuale che un presidente straniero parlasse negli Stati Uniti contro il presidente di quel Paese. Netanyahu ha dimostrato di non avere scrupoli per intervenire nelle questioni interne di altri Paesi. Dopo gli attentati contro la rivista “Charlie Hebdo”, a Parigi, il governo francese gli chiese di non partecipare alla grande manifestazione di ripulsa che vi si tenne. La presenza del capo israeliano di destra era una provocazione per la popolazione islamica francese, al di là degli attentati. Il governo voleva abbassare la pressione di una situazione molto tesa. Però Netanyahu volle approfittare degli attentati a Parigi per la sua campagna elettorale e non gli importarono né le vittime né la situazione che provocava nel Paese ospite.
Anche i sostenitori di Macri durante la campagna elettorale hanno utilizzato l’accordo con l’Iran e la morte di Nisman. Sulla base di queste coincidenze il governo di Mauricio Marci ha rafforzato i rapporti con Benjamin Netanyahu con l’acquisto di materiale bellico israeliano per la repressione interna. Ci sono stati viaggi di protocollo della vice-presidentessa Gabriela Michetti e poi della ministra della Sicurezza Patricia Bullrich.
Nel contesto di questa relazione è emersa questa grave decisione diplomatica che poneva la squadra nazionale in un contesto di guerra a favore di una delle due parti in conflitto. È stata una decisione politica, oltre ai milioni di dollari che si è fatta pagare la AFA [Federación Futbolística Argentina, ndt.]. E nessuno ne ha discusso con i giocatori e con l’allenatore, né ha chiesto loro se fossero disposti ad assumersi questo impegno di carattere politico in mezzo a un conflitto.
I giocatori hanno cominciato a rendersi conto che li avevano messi in un gioco pericoloso quando hanno percepito il forte tono delle proteste che aveva provocato l’annuncio della partita. L’intenzione, inoltre, era chiara, perché gli stadi di Haifa e di Tel Aviv sono più grandi del “Teddy” di Gerusalemme. Il malessere, che già si era sentito in qualche commento, si è trasformato in preoccupazione. Ci sono state richieste perché si garantisse che nello stadio non fosse presente nessun politico israeliano. Però, quando si sono resi conto del carattere della partita, i giocatori e l’allenatore hanno dichiarato il proprio rifiuto.
È ovvio che non si è trattato solo dell’AFA e che c’è stato un intervento della presidenza e del ministero degli Esteri su richiesta del governo israeliano. Netanyahu è comparso solo quando è stata annullata la partita, però quelli che conoscono le sue ambizioni politiche danno per certo che è stata una sua idea. Prima non ha voluto che apparisse che stava facendo pressioni sul governo argentino e poi ha voluto presentare di fronte ai suoi elettori la cancellazione della partita come un atto antiebraico. Non è stato un atto contro gli ebrei, ma la reazione di fronte alla prepotenza di Netanyahu e ad una iniziativa irresponsabile del governo e del ministero degli Esteri argentino.
(traduzione dallo spagnolo di Amedeo Rossi)