Rapporto OCHA del periodo 24 novembre – 7 dicembre 2020

Il ragazzo Ali-Abu Aalya ucciso il 4 cicembre dalle forze israeliane
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In Cisgiordania, in quattro separati episodi, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese 15enne e ferendone gravemente altri tre di 16 anni.

Il quindicenne è stato ucciso il 4 dicembre, nei pressi del villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), in scontri scoppiati durante una protesta contro la realizzazione di un avamposto colonico israeliano. Le autorità israeliane hanno annunciato l’apertura di un’indagine. Due dei ragazzi feriti sono stati colpiti al petto, con armi da fuoco, durante lanci di pietre avvenuti il 28 e 29 novembre, vicino ad Al Bireh e Silwad (Ramallah), e sono stati ricoverati in unità di terapia intensiva. Il quarto ragazzo è stato colpito alla testa da un proiettile gommato, il 27 novembre, durante la manifestazione settimanale contro l’espansione degli insediamenti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), ed è stato ricoverato in ospedale con il cranio fratturato. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, nonché l’Ufficio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno invitato Israele a condurre indagini rapide, trasparenti e indipendenti e a fare in modo che i responsabili rendano conto.

Le forze israeliane, in due distinti episodi verificatisi a posti di blocco che controllano gli ingressi in Gerusalemme Est da altre parti della Cisgiordania, hanno sparato e ucciso un palestinese e ne hanno ferito gravemente un altro [seguono dettagli]. Il 25 novembre, al checkpoint di Az Za’ayyem, un autista palestinese, i cui documenti erano in fase di controllo, secondo fonti ufficiali israeliane, ha improvvisamente accelerato la sua auto, ferendo leggermente un poliziotto israeliano; successivamente l’uomo si è fermato ai bordi della strada, ma le forze israeliane che avevano rincorso il veicolo hanno aperto il fuoco, uccidendolo. Un’indagine di B’Tselem, organizzazione israeliana per i Diritti Umani, ha accertato che, nel momento in cui è stato ucciso, l’uomo non costituiva una minaccia. Il 7 dicembre, le forze israeliane hanno sparato e ferito un palestinese disarmato che stava camminando verso il checkpoint di Qalandiya e, secondo quanto riferito, si era rifiutato di fermarsi all’intimazione di alt.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, sono complessivamente rimasti feriti 206 palestinesi, inclusi dieci minori, e sei soldati israeliani [seguono dettagli]. 148 palestinesi sono stati colpiti nel corso di proteste contro attività di insediamento colonico: a Salfit, a Ein as Samiya e Al Mughayyir (entrambi in Ramallah), a Beit Dajan (Nablus) ed a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Altri 25 palestinesi sono rimasti feriti al checkpoint di Tayasir, nella valle del Giordano settentrionale, durante una protesta contro la demolizione di case. Scontri con forze israeliane, scoppiati nella città di Nablus in seguito all’ingresso di un gruppo di israeliani al sito religioso della Tomba di Giuseppe, hanno provocato il ferimento di 13 palestinesi. Cinque palestinesi e sei soldati israeliani sono rimasti feriti durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo Profughi di Qalandiya (Gerusalemme). I restanti 15 feriti sono stati registrati nel Campo Profughi di Ad Duheisheh (Betlemme), durante operazioni di ricerca-arresto e nel quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est (compreso un giovane colpito al volto), durante episodi di lancio di pietre e tentativi, da parte di palestinesi, di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera. Dei palestinesi feriti, 9 sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco e 78 da proiettili gommati; 110 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno e la maggior parte dei rimanenti è stata aggredita fisicamente.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 182 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 149 palestinesi. Il maggior numero di operazioni è stato registrato nei governatorati di Gerusalemme (52) e Hebron (46). Delle 52 operazioni condotte a Gerusalemme, 40 sono state effettuate in Gerusalemme Est, e 9 di esse nel quartiere di Al ‘Isawiya. Sempre a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno emesso ordini di divieto di ingresso nei confronti di tre palestinesi; costoro precedentemente erano stati arrestati nel complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per “disturbi all’ordine pubblico”. Sono oltre 150 le persone bandite da tali ordini dall’inizio del 2020.

In almeno 18 occasioni le forze israeliane hanno aperto il fuoco [di avvertimento] verso palestinesi presenti in aree di Gaza adiacenti alla recinzione israeliana e, in mare, al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso. Non sono stati registrati feriti. In altre due occasioni, bulldozer israeliani, entrati in Gaza, hanno spianato il terreno in prossimità della recinzione perimetrale. Le forze israeliane hanno arrestato, e successivamente rilasciato, due palestinesi che, a quanto riferito, erano entrati in Israele, a est di Deir al Balah, attraverso la recinzione.

A causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, 52 strutture di proprietà palestinese (49 in Area C e 3 in Gerusalemme Est) sono state demolite o sequestrate, sfollando 67 persone e creando ripercussioni su circa 860 [seguono dettagli]. Il 25 novembre, in sette Comunità dell’area di Massafer Yatta, a sud di Hebron, le autorità israeliane hanno demolito dieci strutture, compresi circa quattro chilometri di condutture idriche fornite come assistenza umanitaria. La maggior parte di quest’area è designata [da Israele] come “area chiusa” e destinata all’addestramento militare, mettendo i suoi 1.400 residenti a rischio di trasferimento forzato. Tredici delle strutture sono state demolite sulla base di “Ordini Militari 1797”, che consentono di effettuare la demolizione entro 96 ore dall’emissione di un “ordine di rimozione”. A Gerusalemme Est, due delle tre demolizioni di strutture residenziali sono state eseguite dagli stessi proprietari per evitare multe e oneri aggiuntivi.

Nei pressi di Qalqiliya, due palestinesi sono stati feriti e almeno 300 alberi di proprietà palestinese ed altre proprietà sono state danneggiate da persone ritenute coloni israeliani [seguono dettagli]. Gli alberi sono stati vandalizzati nei villaggi di Turmus’ayya (Ramallah), As Sawiya (Nablus) e Kafr ad Dik, Bruqin, Yasuf e Haris in Salfit ed includono 150 viti e circa 140 tra ulivi ed alberelli. A titolo di riepilogo consuntivo [parte dei dati sono già stati riportati in Rapporti precedenti]: nei mesi di ottobre e novembre sono stati vandalizzati almeno 1.750 ulivi ed il prodotto di oltre 1.800 è stato rubato da sospetti coloni. In due dei rimanenti episodi sono stati danneggiati un vivaio nel villaggio di As Sawiya ed un negozio nella città di Hebron, nella zona controllata da Israele. Un altro episodio, in Tubas, ha riguardato l’aggressione contro pastori palestinesi ed il ferimento di una mucca. A Gerusalemme Est, la polizia israeliana ha arrestato un israeliano che stava tentando di dare alle fiamme una chiesa.

Le forze israeliane hanno sradicato circa 200 ulivi e viti piantate da agricoltori palestinesi del villaggio di Al Khader (Betlemme) su terreno dichiarato [da Israele] “terra di Stato” nel 2014. Il terreno è situato vicino all’insediamento colonico di Neve Daniel.

Secondo fonti israeliane, due israeliani sono rimasti feriti e 19 veicoli israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre, bottiglie di vernice e bottiglie incendiarie, ad opera di aggressori ritenuti palestinesi.

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