Le difficoltà di diventare medico a Gaza

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Fouad Jaber

11 gennaio 2021 – We are not numbers

Cosa hai detto? Cosa è successo? Perché nessuno me l’ha detto” chiedevo ansiosamente. “Non volevamo che ti preoccupassi,” replicò mia madre.

Mio padre aveva avuto un infarto e la mia famiglia non me l’aveva detto per risparmiarmi paura e tristezza. Fortunatamente i dottori erano intervenuti appena in tempo e dio l’aveva salvato. Solo dopo mia madre mi chiamò per dirmi: “Negli ultimi giorni tuo padre è stato in un reparto di terapia intensiva.”

In questo periodo l’assedio ha limitato enormemente i miei movimenti dentro e fuori dalla Striscia di Gaza e per me è stato difficile. Durante i sette anni in cui ho studiato medicina in Egitto, mi è stato impedito di ritornare, eccetto alcune volte. A un certo punto non ho potuto viaggiare per quattro anni di fila.

Mi sono perso il matrimonio del mio miglior amico Abdullah. È stata dura guardarlo sullo schermo di un computer e fare le mie congratulazioni solo virtualmente. Finalmente nel 2015 il confine si è aperto e ho colto l’occasione di ritornare a Gaza. Ero felicissimo di essere vicino ai miei cari e alla mia comunità. Sono stati giorni felici, era bellissimo stare con i miei genitori e i miei fratelli. Abbiamo visto vecchi amici e mangiato cibo tradizionale. Finalmente potevo mangiare di nuovo falafel e shawarma.

Il confine si chiude

Gaza è un posto dove la felicità dura solo un attimo. Sono rimasto bloccato a Gaza perché le autorità militari, senza alcun preavviso, hanno chiuso il confine. La nostra università in Egitto ha riaperto i cancelli, ma noi non siamo potuti ritornare per completare i nostri studi. Immagina l’interruzione senza speranza dei nostri sogni. In quei giorni mi sembrava di camminare in una foresta e di aver smarrito la via. Il mio amico mi ha detto: “Non possiamo fare niente e possiamo perdere l’anno. E se restiamo bloccati qui svanirà il sogno che stiamo inseguendo.”

Allora io ho suggerito: “Ragazzi, perché non creiamo una pagina Facebook per far arrivare le nostre voci ai responsabili?” Ci siamo resi conto che avremmo dovuto fare tutto quello che potevamo e che non avevamo nulla da perdere, ma tutto da guadagnare. Almeno avremmo avuto una possibilità di salvare futuri dottori, pensavo fra me e me. Così abbiamo lanciato una pagina per farci sentire e ottenere i nostri diritti elementari come altri studenti in giro per il mondo.

Abbiamo invitato tutti gli studenti “bloccati” a una riunione pacifica per reclamare i nostri diritti all’educazione. Più di 100 studenti si sono riuniti a Al-Jondi Al-Majhol, una piazza molto conosciuta nel centro di Gaza. Abbiamo portato molti manifesti e cartelli sulla nostra catastrofe. Quel giorno molti canali televisivi hanno trasmesso l’evento. Personalmente ho rilasciato due interviste, una a una stazione locale e l’altra a un canale internazionale. Dopo una lotta di quattro mesi, nonostante i rischi, siamo riusciti a viaggiare.

Carenza di opportunità

Nel 2019, sono andato a Gaza per passare il Ramadan con la mia famiglia: per molti anni non avevo potuto condividere questo momento spirituale con loro. L’altro scopo di questa visita era di valutare le opportunità di fare il tirocinio medico a Gaza.

Quello che ho scoperto è stato uno shock. La carenza di risorse mediche mi avrebbe impedito di imparare quello che volevo nei nostri ospedali locali e di guadagnare uno stipendio soddisfacente. I miei sogni erano svaniti. Mi sentivo come sprofondare negli abissi dell’oceano senza riuscire a respirare.

Ihab, uno dei miei amici, faceva turni di 8 ore e guadagnava $300 al mese. Sebbene il suo sia un impiego temporaneo per sei mesi, l’esempio mi ha rivelato la dura realtà che i neo-laureati devono affrontare se vivono a Gaza. “Questo stipendio basta appena per coprire i costi del trasporto,” mi ha detto Ihab. Anche il mio fratello maggiore Ahmed stava facendo tirocinio all’Ospedale Europeo di Gaza, nel sud della Striscia, e aveva lo stesso basso salario di Ihab.

Dolore per Gaza e determinazione

Dopo aver scoperto tutte queste difficoltà, ho deciso che avrei sepolto le mie aspirazioni di fare il tirocinio nella Striscia di Gaza. Sono invece stato stimolato ad andare negli USA nella speranza di trovare opportunità di studio. Fortunatamente, alla fine di gennaio 2020, sono stato ammesso a un tirocinio di due mesi alla Cleveland Clinic in Ohio. Ero elettrizzato dal sistema prestigioso che offrivano. Questo sentimento, ovviamente, era in contraddizione con la tristezza suscitata dal nostro sistema sanitario. Israele controlla le risorse mediche che entrano a Gaza e questa enorme carenza di equipaggiamento si nota molto chiaramente (per esempio, la carenza di un numero sufficiente di ventilatori durante la pandemia da COVID).

Dopo due mesi di intenso tirocinio mi sono trasferito in California. Ora faccio parte di un progetto di ricerca con un professore molto famoso. Sono negli USA da nove mesi e il sogno di aiutare gli altri e di sviluppare le mie potenzialità è appena cominciato.

Io credo al fatto di non porre limiti alle sfide, ma piuttosto nello sfidare i tuoi limiti. Il mio sogno di lavorare e vivere a Gaza un giorno si realizzerà. Mi sforzo di essere un buon esempio e un modello di riferimento per chi verrà dopo di me, voglio mostrare loro che perseveranza e fiducia possono portare lontano. Il mio obiettivo finale è di passare la mia competenza clinica e le mie capacità alle generazioni future e di aiutare i meno privilegiati nella mia comunità. Voglio essere in grado di aiutare i pazienti là con la mia abilità di medico e questo sogno finalmente sembra a portata di mano.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)