Miko Peled
21 luglio 2021 – MPN NEWS
Quando Naftali Bennett, il primo leader israeliano ad indossare lo yarmulke [o kippah, copricapo circolare usato dagli ebrei maschi, ndtr.], fa riferimento alla Bibbia per giustificare le sue pretese sulla Terra d’Israele non si riferisce alle scritture ebraiche ma alla dottrina religiosa protestante.
GERUSALEMME — Una volta Naftali Bennett ha dichiarato in un’intervista a Mehdi Hassan [giornalista politico, televisivo e scrittore britannico-americano, ndtr.] che, secondo la Bibbia, la Palestina – o, come la chiama lui, Israele – appartiene al popolo ebraico. Da alcuni la Palestina viene definita “La Terra di Israele” e in questa intervista del 2017 Bennett insiste che se Hassan vuole affermare che “la Terra non ci appartiene, dovrebbe modificare la Bibbia”.
In seguito Bennett è diventato primo ministro di Israele (un incarico che probabilmente non ricoprirà per molto tempo) e, per quanto molti siano in sintonia con questa affermazione, uno sguardo più attento a ciò che le scritture ebraiche effettivamente dicono mostra molto chiaramente che ciò che ha detto non è vero.
Secondo la Torah (le scritture ebraiche) e i discorsi di generazioni di saggi ebrei, la Terra Santa appartiene all’Onnipotente che le conferisce la grazia della santità. Al popolo ebraico fu concesso di risiedere nella Terra Santa e di godere della sua grazia purché si comportasse con rettitudine e osservasse le leggi che l’Onnipotente prescrisse nella Torah. Quando il popolo ebraico si allontanò dal sentiero della Torah, incorse nell’ira dell’Onnipotente e fu espulso dalla Terra Santa, con il divieto di tornare fino al momento della venuta del Messia e del ritorno di re David sul trono.
La Terra di Israele non ha valore in sé e per sé, ma solo come tramite per servire l’Onnipotente e seguire la Torah. Inoltre neanche la venuta del Messia ha a che fare con la sovranità ebraica sulla Terra d’Israele; è un concetto che racchiude molti significati. Soprattutto, però, si riferisce ad una trasformazione del mondo in un luogo pacifico in cui agli ebrei sarà ancora una volta permesso di risiedere pacificamente nella Terra Santa, con l’intento di seguire le leggi dell’Onnipotente in quella terra che ha ricevuto la grazia della santità. È un’idea religiosa che non ha nulla a che fare con le nozioni di conquista, nazionalità o sovranità.
Si potrebbe pensare che ciò che la Bibbia afferma riguardo alla Palestina non sia importante, ma dobbiamo riconoscere che molte persone ritengono importanti le parole delle scritture ebraiche e le riconoscono come vere parole di Dio. Pertanto, vale la pena dare un’occhiata da vicino a ciò che effettivamente sostengono la Torah e gli antichi saggi.
Dovremmo anche ricordare che il sionismo è un’ideologia laica e razzista e ai fondatori del sionismo importava poco della Bibbia o dell’ebraismo. Israele – la mostruosa creazione del movimento sionista – è un regime di apartheid che sta commettendo crimini orrendi. Israele afferma di parlare e agire in nome e per il bene del popolo ebraico. Tuttavia sarebbe bene dimostrare che Israele e le rivendicazioni sioniste sulla Palestina non hanno nulla a che fare con l’ebraismo; infatti l’affermazione che la legittimità del sionismo possa essere trovata nella Bibbia è completamente falsa.
Il sionismo come idolatria
Secondo le scritture ebraiche gli ebrei furono trasformati in un popolo, il popolo ebraico, quando fu loro consegnata la Torah sul monte Sinai, una montagna nel deserto del Sinai lontana dalla Terra Santa. La trasformazione degli ebrei in una nazione non aveva nulla a che fare con l’acquisizione di terra o sovranità, né con nessuno degli altri simboli associati all’idea moderna di nazionalità. Fu realizzata attraverso un impegno religioso verso l’Onnipotente.
Nella sua dettagliata opera The Empty Wagon: Zionism’s journey from identity crisis to identity theft [Il carro vuoto: il viaggio del sionismo dalla crisi di identità al furto di identità] il rabbino Yaakov Shapiro discute a lungo di questo problema. Cita il venerato rabbino Shlomo Ephraim ben Aaron Luntschitz del XVII secolo, noto come Kli Yakar (o Vaso Prezioso) per il suo commento alla Torah. Il rabbino Luntschitz ha scritto nel suo commento ai cinque libri della Torah che il popolo ebraico è semplicemente inquilino della Terra d’Israele e che l’Onnipotente è l’unico proprietario della Terra Santa. Rabbi Shapiro continua con una citazione dal Libro del Levitico [il terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, ndtr.] 25:23, dove l’Onnipotente dice al popolo ebraico: “La terra non deve essere venduta perché la terra è mia e voi risiedete nella mia terra come stranieri e forestieri”.
C’è una storia ancora antecedente nel Libro della Genesi, capitolo 23, dove viene chiarito che anche il patriarca Abramo si considerava uno straniero nella Terra d’Israele. Abramo vuole seppellire sua moglie Sarah nella città di Hebron e si avvicina a un uomo del posto chiedendo di poter acquistare un appezzamento di terreno da utilizzare per la sepoltura. L’uomo è d’accordo e Abramo acquista il fondo. Se la terra fosse stata sua in virtù della promessa divina non avrebbe avuto bisogno di acquistarla. In questa storia Abramo si definiva in quella terra come uno “straniero”.
Rabbi Shapiro prosegue spiegando che la sola devozione alla terra d’Israele, senza l’osservanza delle leggi della Torah e la devozione all’Onnipotente, è idolatria. Non c’è alcun valore nella Terra di per sé, dice. “L’amore per Eretz Yisroel [terra d’Israele in ebraico, ndtr.] dovrebbe essere parte dell’amore per Hashem (l’Onnipotente) e la Torah”.
Come quasi tutti sanno i Dieci Comandamenti, che fanno parte della Torah, proibiscono l’omicidio, il furto e il desiderio della casa di qualcun altro. Ciò significa che i sionisti – anche quelli come Naftali Bennett, che indossa un yarmulke – commettono idolatria, poiché il loro desiderio per la Terra deriva dalla brama, e fanno uso dell’omicidio e del furto come mezzo per ottenere quella terra. Sono ben lontani da un’onesta osservanza della Torah.
Ammonizioni, avvertimenti e proibizioni
Nelle preghiere quotidiane c’è una riga che gli ebrei ripetono regolarmente che dice “Siamo stati esiliati a causa dei nostri peccati”. Nei ventiquattro libri dell’Antico Testamento sono innumerevoli gli avvertimenti e gli ammonimenti dati dall’Onnipotente al popolo di Israele. Questo è messo ripetutamente sull’avviso che se si allontanerà dal sentiero assegnatogli dalle leggi della Torah verrà bandito dalla Terra. Ci sono numerosi passaggi in cui l’Onnipotente avverte gli ebrei che se gli voltano le spalle la Terra stessa li “vomiterà” proprio come aveva vomitato altre nazioni che vi erano vissute prima di loro. Forse il passaggio più noto proviene dal Libro del Levitico, capitolo 18, versetto 28: “Che non ti vomiti il Paese per averlo contaminato, come ha vomitato le nazioni che sono venute prima di te”.
Dopo che il popolo d’Israele fu esiliato per aver voltato le spalle alla Torah e alle sue leggi, gli fu proibito di tornare. Il grande rabbino Yoel Teitelbaum – noto come il rabbino di Satmar [movimento di ebrei principalmente ungheresi e rumeni sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale, ndtr.], che ha ottenuto un seguito senza precedenti negli Stati Uniti e in tutto il mondo – cita questo divieto nel suo libro Vayoel Moshe. Rabbi Teitelbaum parla dei tre giuramenti che furono fatti dal popolo ebraico davanti all’Onnipotente. Questi giuramenti comprendono: non tentare mai di affrettare la fine dell’esilio (devono aspettare il Messia prima di poter tornare in Terra Santa); non tornare mai con l’uso della forza; e non ribellarsi alle altre nazioni, nazioni dove il popolo ebraico vive in esilio.
Un’interpretazione cristiana
L’idea che le scritture ebraiche promettano la Terra d’Israele agli ebrei come “patria” è una nozione cristiana che i sionisti hanno adottato. Secondo le scritture ebraiche, la Terra d’Israele non è la patria del popolo ebraico. L’Onnipotente fece degli ebrei una nazione sul monte Sinai quando impartì loro la Torah. Ciò non avvenne nella Terra d’Israele ma, come già detto, molto, molto lontano da essa. La nozione di connessione di un popolo con una patria è un’idea moderna, che coinvolge il nazionalismo e non è in alcun modo un’idea ebraica.
Il rabbino Shapiro scrive: “Il concetto sionista di Eretz Yisroel non deriva dalla Torah”. Questa idea, secondo le innumerevoli fonti che cita in The Empty Wagon, è “un’idea cristiana”. Egli continua col sottolineare che “la percezione di Eretz Yisroel come il ‘diritto di nascita’ o la ‘patria della nazione’ del popolo ebraico appare per la prima volta nelle fonti del restaurazionismo protestante cristiano”. Questa idea è nata con l’avvento del movimento protestante nella seconda metà del passato millennio; si è diffusa in tutto il mondo protestante e continua oggi con Cristiani Uniti per Israele, o CUFI, che è uno dei più significativi [movimenti] sostenitori di Israele nel mondo.
Il concetto che l’Onnipotente abbia dato tutta la Terra d’Israele al popolo ebraico in modo permanente e incondizionato e che gli ebrei alla fine vi torneranno è un concetto protestante, non ebraico. Questa è in gran parte la ragione che sta dietro il sostegno che i sionisti sono stati in grado di ottenere da Paesi per lo più protestanti come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove il sionismo cristiano ha prosperato per diversi secoli.
Dalla fine del XVI secolo a Napoleone, dalla London Society for Promoting Protestant Christianity among Jews [Società londinese per la promozione del protestantesimo cristiano tra gli ebrei] (una missione cristiana sionista che fa parte della Chiesa d’Inghilterra conosciuta oggi come Church’s Ministry Among Jewish People [Ministero della Chiesa tra gli ebrei]), a John Quincy Adams e persino ad Abraham Lincoln, l’idea del ritorno degli ebrei nella loro “patria” è stata molto diffusa tra i protestanti nel mondo.
Anche lo slogan “una terra senza popolo per un popolo senza terra” non è di origine sionista. Sebbene di solito si presume fosse uno slogan sionista, la frase fu usata già nel 1843 da un pastore restauratore cristiano, il reverendo Dr. Alexander Keith, Dottore della Chiesa di Scozia. La frase continuò ad essere usata per quasi un secolo dai restaurazionisti cristiani prima che i sionisti la adottassero. Allo stesso modo, l’idea di trasformare la lingua ebraica nella lingua “nazionale” del popolo ebraico nella loro “patria” era anch’essa un’idea protestante che fu poi adottata dai sionisti.
Quindi quando l’attuale primo ministro israeliano Naftali Bennett, che è anche il primo leader israeliano ad indossare lo yarmulke, fa riferimento alla Bibbia per giustificare le sue pretese sulla Terra d’Israele, non si riferisce alle scritture ebraiche ma alla dottrina religiosa protestante. Quando lui – e altri politici israeliani come l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu – fanno queste affermazioni, non si rivolgono agli ebrei, ma ai sionisti cristiani. Gli alleati più importanti che lo Stato di Israele e i sionisti hanno sono i sionisti cristiani evangelici.
Dichiarazioni come quelle di Bennett sono fatte per assicurarsi che i sionisti cristiani continuino a lavorare per Israele e per il movimento sionista facendo pressioni sui governi e raccogliendo fondi. Questa dottrina protestante, tra l’altro, invita il popolo ebraico a tornare nella Terra d’Israele non per il beneficio del popolo ebraico. Il fine di questo ritorno è che gli ebrei possano convertirsi al cristianesimo e affrettare la seconda venuta di Gesù Cristo.
L’antisionismo non può essere antisemita
Poiché le idee espresse dai sionisti non sono chiaramente idee ebraiche, opporsi al sionismo non può essere antisemita. Una volta chiarito che le rivendicazioni sioniste sulla Terra di Israele, o Palestina, non solo non sono ebraiche, ma provengono dalla teologia protestante cristiana, comprendiamo perché opporsi al sionismo non può essere antisemita. Essere un antisionista non è affatto essere antisemita perché i principi fondamentali del sionismo in realtà non sono affatto ebrei. Sono cristiani.
Miko Peled è uno scrittore che contribuisce con MintPress News [sito di notizie online americano di sinistra, ndtr.] autore di numerose pubblicazioni e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme.
I suoi ultimi libri sono The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine [ Il figlio del generale. Viaggio di un israeliano in Palestina] e Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five [Ingiustizia. Storia dei cinque nella fondazione della Terra Santa].
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di MintPress News.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)