La guerra a Gaza: come Israele ha ucciso i palestinesi in attesa dei camion alimentari nel nord di Gaza

Padre e figlio trasportano sacchi di farina a Rafah nel sud della Striscia Foto: AFP/Mohammed Abed
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Corrispondente di MEE nel nord di Gaza, Palestina occupata

15 gennaio 2024 – Middle East Eye

L11 gennaio carri armati e droni israeliani hanno aperto il fuoco sui palestinesi in attesa dei camion alimentari in via Al-Rasheed, uccidendo e ferendo decine di civili.

Per i palestinesi sfollati avrebbe dovuto costituire una zona dove ottenere le forniture di cibo di cui nel nord di Gaza hanno disperatamente bisogno.

Ma testimoni oculari hanno raccontato a Middle East Eye come l’11 gennaio una grande folla in attesa di un camion carico di cibo in via al-Rasheed sia stata colpita dal fuoco dell’esercito israeliano, con decine di morti e feriti nell’attacco.

L’esercito israeliano ha bombardato la folla con il fuoco dei carri armati e dei droni. Muhammad Al-Salim, 27 anni, ha assistito al massacro e ha raccontato a Middle East Eye di aver visto decine di corpi sparsi lungo la strada.

“Alle 9 del mattino io e i miei due cugini siamo andati in via Al-Rasheed dopo che i nostri vicini ci avevano detto che stavano per passare camion che trasportavano farina”, ricorda.

Siamo arrivati lì alle 10 perché la maggior parte delle strade erano distrutte e piene di macerie, quindi le macchine non potevano passare.

Quando siamo arrivati cerano già centinaia di persone che aspettavano.

Mentre attraversavamo la rotonda di Nabulsi un carro armato dellesercito israeliano è apparso da dietro una collina di sabbia e ha iniziato a sparare a caso sulla gente.

Contemporaneamente i droni hanno iniziato ad attaccare noi e le centinaia di persone, compresi i bambini, che ci circondavano”.

Salim dice di aver visto due ragazze davanti a lui colpite da proiettili e le persone in prima fila uccise dal fuoco dei carri armati e droni.

Aggiunge di aver visto più di 50 morti e feriti, con centinaia di persone tra la folla che fuggivano nelle stradine adiacenti Al-Rasheed per evitare la pioggia di proiettili e granate.

Nonostante l’eccidio Salim è tornato sul posto insieme ad altre decine di persone quando intorno alle 11,30 sono arrivati finalmente i camion degli aiuti.

Ha visto sei camion in totale: quattro trasportavano farina e prodotti in scatola mentre gli altri due trasportavano medicinali.

Come noi, nonostante fossero feriti e fossimo circondati dai cadaveri, molte persone sono tornate per aspettare i camion. Cercavano di bloccarli per assicurarsi di poter portare del cibo alle proprie famiglie”, racconta, aggiungendo: “Ho visto due ragazze correre accanto al camion per prendere un po’ di farina; correvano davvero veloci ma sono state travolte. Sono morte subito.

La scena era spaventosa

Il racconto di Salim è confermato anche da altri testimoni, tra cui Ahmed Abed, 27 anni.

La mattina dell’11 gennaio alle 7:30 Abed e suo fratello si sono diretti con un gruppo di giovani in via Al-Rasheed dopo aver sentito che lì avrebbero potuto comprare della farina.

Sapeva che sarebbe stato rischioso, ma i camion che trasportano il cibo sono convenienti rispetto alla farina di provenienza locale.

Come per Salim, quando Ahmed ha raggiunto la rotonda di Nabulsi, il suo viaggio ha preso una brutta piega.

Dopo aver raggiunto il punto di riferimento vicino alla costa di Gaza si è unito a un folto gruppo di persone che ha pensato si stessero dirigendo verso i camion degli aiuti.

“All’improvviso e senza alcuna provocazione o avvertimento sono iniziati degli spari dal luogo in cui avrebbero dovuto arrivare gli aiuti e i camion con la farina”, ricorda, aggiungendo: “Contemporaneamente sopra di noi sono apparsi dei droni che hanno iniziato a spararci indistintamente.

“Le scene erano terrificanti: ho visto persone colpite da colpi di arma da fuoco cadere uccise accanto a me.”

Abed dice che poteva sentire i proiettili sfiorarlo e persino schiantarsi a terra vicino a lui.

Si è diretto verso le rovine delle case lungo via Al-Rasheed correndo veloce attraverso cumuli di macerie, incapace di pensare ad altro che a sfuggire ai proiettili.

“Ero così spaventato che mi sono dimenticato di mio fratello e dei ragazzi che erano con me.”

Dopo aver proseguito per qualche centinaio di metri è riuscito a riunirsi con alcuni dei suoi amici e a tornare nel suo quartiere.

Suo padre stava aspettando con ansia il suo ritorno insieme ad altre persone della comunità.

Due componenti del gruppo di Abed sono rimasti gravemente feriti: uno di loro è stato colpito al collo e un altro alla mano.

Cercavamo farina”, dice Abed. Non tornerò mai più a prendere la farina, anche se morissi di fame”.

“La sparatoria è iniziata all’improvviso”

Per la popolazione di Gaza la fame è ormai una realtà quotidiana e, sebbene nessuna parte del territorio assediato sia al sicuro dagli attacchi israeliani, per la popolazione del nord la minaccia è più pervasiva.

Vivendo tra le macerie e con una dieta insufficiente la scelta che devono affrontare è se restare nei loro rifugi sperando che il cibo duri il più a lungo possibile o rischiare la morte avventurandosi alla ricerca dei camion degli aiuti.

Mahmoud Hamdi, 33 anni, vive con la moglie e quattro figli a Gaza City e da quando è iniziata la guerra si sono uniti a loro i genitori di Hamdi e il fratello con la sua famiglia di tre persone, perché le loro case sono state distrutte.

Facciamo un pasto al giorno, principalmente riso o lenticchie, così possiamo far durare il cibo disponibile”, ha detto a Middle East Eye.

Quando ha saputo che l’11 gennaio i camion degli aiuti sarebbero arrivati vicino a via Al-Rasheed ha deciso di intraprendere il percorso nella speranza di ottenere delle scorte di cibo.

“Sapevo che la strada poteva essere pericolosa, ma ho deciso di andare perché non avevo altra scelta”, dice.

“I miei figli mi chiedevano costantemente di portare del cibo e dicevano alla madre che erano molto affamati. Non potevo sopportare di vedere i miei figli soffrire per la paura e la fame.”

Inizialmente Hamdi si sentiva al sicuro nel riunirsi alla folla presso la rotonda di Al-Nabulsi pensando che Israele non avrebbe sparato su un così esteso raduno di civili. Ma poi è iniziata la sparatoria.

“Ho visto molte persone colpite dai colpi di arma da fuoco cadere a terra morenti”, ricorda.

Non cerano ambulanze in giro e nessuno poteva fare nulla perché la sparatoria è iniziata allimprovviso e la gente correva nel caos travolta dalla paura”.

Hamdi dice di aver visto la gente del posto arrivata con carri trainati da asini per caricare la farina usarli invece per trasportare i morti e i feriti lontano dalla sparatoria.

Altri, che avevano l’auto, la usavano come ambulanza improvvisata.

Mi sono bloccato”, ricorda Hamdi. Ho iniziato a piangere perché non ero in grado di reagire o scappare. Non sapevo cosa fare.

Quando è riuscito a riprendersi Hamdi si è messo a correre ma nel mentre un proiettile gli ha sfiorato il piede.

Dice che la ferita erasuperficiale” e così ha continuato a scappare dagli spari, mentre il suo piede sanguinava.

“Quel giorno sono tornato a casa più tardi senza portare né farina né cibo per i miei figli”, afferma.

Se avessi saputo che ottenere degli aiuti avrebbe significato un massacro, non sarei mai andato.

“Ho ringraziato Dio per essere riuscito a tornare, questa volta.”

Nota dell’editore: i nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati

(traduzione dall’inglese di Aldo lotta)