La lotta di Masafer Yatta: i cinque punti salienti dell’intervista di The FloodGate ad Alaa Hathleen

I resti di una demolizione in un villaggio di Massafer Yatta
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Romana Rubeo

4 marzo 2025 The Palestine Chronicle

Nel podcast The FloodGate, Voices from Palestine, Alaa Hathleen di Masafer Yatta parla della vita sotto il regime militare, della violenza dei coloni e della continua lotta della comunità contro la pulizia etnica

Il 2 marzo il documentario No Other Land ha vinto un Oscar; vi si documenta la lotta dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana in corso a Masafer Yatta.

In questa puntata di The FloodGate, Robert Inlakesh di Palestine Chronicle ha parlato con Alaa Hathleen, attivista e abitante di Masafer Yatta, della vita sotto il regime militare, delle realtà quotidiane dello sfollamento e della resistenza incrollabile della comunità contro le forze israeliane e gli attacchi dei coloni.

Masafer Yatta è uno dei casi di più lunga data di pulizia etnica nella Cisgiordania occupata, eppure la sua gente si rifiuta di essere cancellata.

Ecco cinque punti chiave della testimonianza di Alaa Hathleen.

1. Sotto attacco

Per decenni Israele ha applicato una combinazione di governo militare, pressione economica e uso manipolatorio delle leggi per cacciare i palestinesi dalla loro terra. Alaa Hathleen non vede alcun futuro per una soluzione a due Stati, perché l’occupazione non ha lasciato alcuno spazio all’autodeterminazione palestinese.

“Ci hanno attaccato in ogni settore: sanità, istruzione ed economia. Con questi attacchi stanno cercando in ogni modo di farci andare via “, ha affermato Alaa.

“Ad esempio, per il mio villaggio c’è una sentenza legale della corte israeliana che afferma che la terra è nostra, eppure non ci è permesso viverci. Questa è la realtà secondo la legge israeliana. Abbiamo sofferto in ogni aspetto del vivere”.

“Anche in merito all’istruzione subiamo attacchi da parte dei coloni. Soffriamo per le demolizioni delle case e le operazioni militari. Non vogliono che viviamo qui; vogliono cacciarci con diversi mezzi, tra cui la violenza dei coloni e le demolizioni”, ha continuato Alaa, aggiungendo: “Per loro, questa è Area C [sotto il controllo israeliano totale ma temporaneo in base agli accordi di Oslo, ndt.], ma per noi è la nostra casa. Ecco perché non esiste una soluzione a due Stati per la Palestina”.

2. Perché siamo diventati attivisti

Per molti palestinesi l’attivismo non è una scelta, ma una necessità. L’attivismo di Alaa è profondamente personale, plasmato sia dall’occupazione che dalle lotte della sua famiglia.

“Sono sia un fisioterapista che un attivista, ma nessuna delle due attività è stata una scelta: sono diventato attivista dopo aver visto come l’occupazione ci ha negato tutti i diritti, quando hanno dichiarato la mia terra e la mia area zone militari, proibendoci di usarle”, ha detto.

“Sono diventato fisioterapista dopo che nel 2013 mio padre ha avuto un ictus. Era estremamente difficile accedere alla fisioterapia, quindi in quel momento ho deciso di dedicarmi a questo e lavorare sodo per aiutare la mia comunità”.

Alaa ha spiegato che non ci sono scuole nella zona. “Ogni giorno dovevo camminare per circa 10 chilometri attraverso montagne e valli solo per andare a scuola. Molte volte, i coloni ci hanno attaccati e picchiati, ma ero determinato a continuare i miei studi per sostenere la mia gente”, ha affermato.

3. Gli attacchi dei coloni

La violenza dei coloni è una minaccia quotidiana a Masafer Yatta e le autorità israeliane non offrono alcuna protezione agli abitanti palestinesi. Al contrario, facilitano gli attacchi assicurandosi che i coloni agiscano impunemente.

“I coloni ci attaccano mentre la polizia tarda il più possibile a rispondere, aspettando che i coloni abbiano terminato le distruzioni prima di arrivare. A volte, quando li chiamiamo, ci dicono: ‘Dove sono i coloni? State mentendo’ e invece di fermare gli aggressori ci arrestano”.

Altre volte, secondo Alaa, le forze israeliane riconoscono che i coloni ebrei israeliani illegali stanno facendo qualcosa di illecito, ma sostengono di non poterli fermare.

“Ci dicono sempre di presentare denunce alla stazione di polizia e, sebbene abbiamo presentato migliaia di denunce, non è cambiato nulla”.

“Non ci è permesso difenderci”, ha continuato. “Se ci proviamo, ci arrestano e ci mettono in prigione. Questa è la nostra realtà”.

4. Pulizia etnica e piani di annessione

Il governo israeliano supporta direttamente la violenza dei coloni, consentendo l’accaparramento di terre e l’espansione degli insediamenti. Masafer Yatta non sta solo subendo l’occupazione, sta anche affrontando un continuo processo di pulizia etnica.

“Il governo israeliano sostiene questi coloni, portandoli qui per attaccarci e continuare nei loro tentativi di sfrattare i palestinesi dalla loro terra”, ha detto Alaa.

“Siamo trattati come prigionieri: il nostro villaggio è chiuso e a volte decidono di aprire i cancelli. Ogni giorno affrontiamo attacchi da parte di coloni, soldati e amministrazione civile israeliana [il governo militare sui territori occupati, ndt.]. Emettono costantemente ordini di demolizione per le nostre case, cercando di cacciarci via”.

5. Dignità e diritti

Nonostante le difficoltà quotidiane la gente di Masafer Yatta si rifiuta di rinunciare alla propria terra. La resistenza è radicata nella loro dignità e nella determinazione a restare.

“Vogliono spostarci nelle città, ma noi rifiutiamo. Questa è la nostra terra, questa è la nostra vita. Vivremo qui con dignità e libertà, o saremo sepolti sotto di essa con i nostri antenati. Non c’è altra scelta”.

Purtroppo, ha affermato Alaa, questa questione è stata ampiamente ignorata dai media. “Ha ricevuto pochissima attenzione, ma rimane una delle lotte più importanti che affrontiamo”.

Romana Rubeo è una scrittrice italiana ed è caporedattrice di The Palestine Chronicle. I suoi articoli sono apparsi su molti giornali online e riviste accademiche. Ha conseguito un Master in Lingue e Letterature Straniere ed è specializzata in traduzione audiovisiva e giornalistica.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)