Politica estera UE e demolizione del villaggio di Khan al-Ahmar

Poliziotti israeliani a Khan al-Ahmar
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Il momento della verità per la politica UE su Israele/Palestina

Che gli Stati europei diano un seguito alle loro minacce ed ai loro avvertimenti in merito alla demolizione di Khan al-Ahmar oppure no definirà in notevole misura l’importanza dell’UE e la sua capacità di influire sulla politica israeliana nei confronti dei palestinesi

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Di Michael Schaeffer Omer-Man – 5 settembre 2018

 

Le potenze europee stanno per dover fare una scelta fondamentale nella prossima settimana. Due mesi dopo che cinque Stati europei pare abbiano messo in guardia Israele che la demolizione e la deportazione di Khan al-Ahmar avrebbe “innescato una reazione” da parte dei suoi alleati, mercoledì [5 settembre] la Corte Suprema israeliana ha dato il suo beneplacito definitivo al fatto che la demolizione prosegua.

  • Insieme al villaggio di Susya, a sud della Cisgiordania, l’UE ha dichiarato, apparentemente in modo arbitrario, Khan al-Ahmar come una delle poche linee da non superare nella pluridecennale politica israeliana di demolizione di case palestinesi ed espansione del suo piano di estensione delle colonie nei territori occupati (per una spiegazione del perché, vedi l’intervista di Edo Konrad con l’esperto di Gerusalemme Daniel Seidemann).
  • Ogni volta che piccoli e fatiscenti villaggi nell’Area C [in base agli accordi di Oslo, sotto totale ma temporaneo controllo di Israele, ndtr.] stanno per essere distrutti, arrivano file di diplomatici. Dichiarazioni di condanna ed occasionali ammonizioni vengono diffuse nell’etere.

Finora questo approccio ha funzionato parzialmente. Ma le cose sono cambiate negli ultimi due anni: la principale differenza è che l’attuale Casa Bianca – la cui politica in Medio Oriente è guidata da personaggi sfacciatamente di destra e a favore dei coloni come Jared Kushner [genero e consigliere per il Medio Oriente di Trump, ndtr.] e David Friedman [attuale ambasciatore USA in Israele e proprietario di una casa in una colonia, ndtr.]  – non si preoccupa più di quello che Israele fa ai palestinesi. E se le importa, non è disposta a mormorare neppure un minimo segno di disapprovazione.

Ciò significa che le potenze europee, per dirla senza mezzi termini, dovranno decidere se opporsi o stare zitte riguardo al loro impegno nei confronti di Khan al-Ahmar. Anche se dovessero agire, è improbabile che lo facciano come blocco unitario, data la nascente amicizia di Israele con governi di estrema destra europei, che detengono il potere di veto effettivo nel sistema di politica estera consensuale dell’UE. I governi dovrebbero quindi intervenire singolarmente.

Tenendo conto su quante poche questioni la comunità internazionale ha intenzione di prendere una posizione nei confronti di Israele, e che i dirigenti dell’UE si sono assunti la responsabilità di tracciare una linea rossa più o meno coerente su Khan al-Ahmar, le risposte di Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Italia saranno fondamentali per determinare il destino dell’impegno internazionale sulla questione palestinese.

Con gli Stati Uniti non più interessati ad applicare neppure pressioni simboliche su Israele, le potenze europee, che detengono leve economiche significative, dovranno dimostrare se i loro avvertimenti sono effettivamente serie minacce o parole vuote. Se non reagiscono con una qualche sorta di sanzioni o di misure punitive, avranno perso quel poco che è rimasto della loro deterrenza per porre fine alla continua campagna del governo israeliano per rendere la soluzione dei due Stati (sostenuta dall’UE) un’idea obsoleta.

Ma è improbabile che simili punizioni vengano imposte. Le minacce diplomatiche non sono quasi mai fatte con l’intenzione di darvi seguito; per questo le conseguenze non sono mai specificate o accennate. Israele crede da tempo che sia così, ed ora comincia a mettere ulteriormente alla prova i confini della sua impunità – una cosa che ha fatto sempre più audacemente negli ultimi anni.

La conseguenza è che l’attuale governo israeliano, e i governi futuri, saranno incoraggiati a diventare ancora più aggressivi nel riscrivere le norme che governano il proprio comportamento: in questo caso, quelle che regolano con quanta rapidità può portare avanti la sua silenziosa annessione, un pezzo alla volta, della Palestina nei prossimi anni.

 

(traduzione di Amedeo Rossi)