Barbara Bibbo
25 novembre 2020, Al-Jazeera
Il rapporto delle Nazioni Unite chiede la fine dell’assedio israeliano che dura da 13 anni e ha paralizzato ogni attività economica nell’enclave costiera.
Ginevra, Svizzera – Secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite il blocco imposto da Israele alla Striscia di Gaza è costato all’enclave palestinese più di 16 miliardi di dollari e in poco più di 10 anni ha ridotto più di un milione di persone sotto la soglia della povertà.
Il documento fornito mercoledì all’Assemblea Generale dell’ONU dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) copre gli anni tra il 2007 e il 2018.
Vi si chiede la cessazione immediata del lungo assedio, che ha causato un crollo quasi totale delle attività economiche a Gaza e un tasso di povertà del 56%.
“La situazione è destinata a peggiorare se il blocco continua”, ha detto Mahmoud Elkhafif, coordinatore dell’Assistenza al Popolo Palestinese dell’UNCTAD.
“Questo blocco ingiusto che tiene chiusi due milioni di palestinesi all’interno di Gaza dovrebbe essere immediatamente revocato. Dovrebbero essere autorizzati a muoversi liberamente, fare affari, commerciare con il mondo esterno e riconnettersi con le loro famiglie al di fuori della Striscia”, ha aggiunto Elkhafif.
Dal giugno 2007 gli abitanti di Gaza sono confinati nell’enclave di 365 chilometri quadrati della Striscia e soggetti ad embargo terrestre, aereo e marittimo. L’ingresso delle merci è stato ridotto al minimo, il commercio con l’estero e le esportazioni sono bloccati. Nel frattempo, la popolazione ha un accesso molto limitato all’acqua potabile e manca di una normale fornitura elettrica e anche di un sistema fognario adeguato.
“Fino a che i palestinesi della Striscia non avranno accesso al mondo esterno, per la società palestinese di Gaza è difficile vedere altro che un destino di sottosviluppo”, ha detto Richard Kozul-Wright, direttore della Divisione Globalizzazione e Strategie di Sviluppo dell’UNCTAD. “È davvero scioccante che nel XXI secolo due milioni di persone possano essere lasciate in quelle condizioni”.
Oltre al prolungato blocco e alle restrizioni da parte del vicino Egitto, l’enclave gestita da Hamas ha subito tre interventi militari israeliani, nel 2007, 2012 e 2014, che hanno gravemente danneggiato le infrastrutture civili e causato numerose vittime.
Secondo il rapporto dell’UNCTAD almeno 3.793 palestinesi sono stati uccisi, circa 18.000 feriti e più della metà della popolazione di Gaza è sfollata.
Più di 1.500 imprese commerciali e industriali sono state danneggiate, insieme a circa 150.000 unità domestiche e infrastrutture pubbliche tra cui quelle per energia, acqua, servizi igienico-sanitari, e poi strutture sanitarie e scolastiche ed edifici governativi.
Come risultato dell’assedio e delle guerre contro Gaza, il tasso di povertà è balzato dal 40 % nel 2007 al 56% nel 2017, il che significa che più di 1 milione di palestinesi non hanno mezzi di sopravvivenza. Il rapporto stima che portare questa parte della popolazione al di sopra della soglia di povertà richiederebbe un’iniezione di fondi per un importo di 838 milioni di dollari, quattro volte l’importo necessario nel 2007.
Tra il 2007 e il 2018 l’economia di Gaza è cresciuta meno del 5% e la sua quota nell’economia palestinese è diminuita dal 31% al 18% nel 2018. Di conseguenza, il PIL pro capite si è ridotto del 27%.
Nel frattempo, l’isolamento della Striscia non ha impedito alla pandemia di coronavirus di raggiungere Gaza, aggravando una situazione già critica. Allo scorso lunedì, 14.768 persone avevano contratto il COVID-19, con 65 morti.
Lunedì, le autorità sanitarie di Gaza avevano segnalato il pericolo di una catastrofe imminente se Israele avesse continuato a bloccare l’accesso agli aiuti umanitari, nonché l’ingresso delle attrezzature sanitarie e delle forniture mediche necessarie. Gli ospedali e il personale sanitario necessitano di indumenti protettivi, ventilatori e letti.
“La crisi sanitaria sta rendendo evidenti le condizioni di base, peggiorate da oltre un decennio”, ha detto Kozul-Wright.
Parlando a Ginevra agli inviati delle Nazioni Unite, il funzionario dell’UNCTAD si è detto fiducioso che sotto la nuova amministrazione statunitense del presidente eletto Joe Biden ci sarebbe stato un cambiamento nelle relazioni israelo-palestinesi.
Nel 2018, l’amministrazione Trump aveva sospeso i finanziamenti all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che sostiene cinque milioni di rifugiati palestinesi a Gaza, nella Cisgiordania occupata, in Libano, Siria e Giordania.
“Il taglio di 200 milioni di dollari è stato un colpo enorme per l’economia palestinese. Sarà interessante vedere se la nuova amministrazione annullerà quella decisione nei confronti dell’UNRWA ”, ha detto Kozul-Wright. “Tuttavia, anche prima del 2016, i diritti umani dei palestinesi e il diritto internazionale codificati dalla risoluzione delle Nazioni Unite sono stati ignorati e le tensioni politiche erano alte”.
Il rapporto chiede la fine del blocco nel contesto della risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza (8 gennaio 2009) per consentire il reintegro dell’economia di Gaza con il resto del mondo e la ricostruzione di tutte le infrastrutture essenziali.
Chiede anche il ripristino dei diritti umani fondamentali per gli abitanti di Gaza, il loro diritto alla libera circolazione, all’assistenza sanitaria, allo studio e al lavoro e raccomanda che allo Stato Palestinese sia permesso di sfruttare i giacimenti di gas naturale scoperti negli anni ’90 nelle acque territoriali palestinesi al largo della costa di Gaza.
Queste entrate consentirebbero una tregua finanziaria e un finanziamento per la ricostruzione delle infrastrutture essenziali.
(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)