Riconciliazione palestinese: scena uno, ripresa 10

Foto di gruppo con il presidente algerino Teddoune ( secondo da destra) Foto: Algerian Presidency - Anadolu Agency]
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Amira Abo el-Fetouh

17 ottobre 2022 – Middle East Monitor

Nessuno sano di mente potrebbe rifiutare la riconciliazione tra due parti, soprattutto se le parti in causa provengono dalla stessa terra. Eppure è altrettanto difficile capire come sia possibile la riconciliazione tra due parti opposte, ognuna delle quali va in direzione contraria all’altra, benché entrambe desiderino che l’Onnipotente cambi il corso della parte che va contro la storia, la geografia e la religione, in modo che ci possa essere un punto d’incontro. Allora, e solo allora, la riconciliazione sarebbe possibile e vincolante per entrambe le parti.

Dico questo in occasione dello sforzo dell’Algeria di sostenere la riconciliazione palestinese. Il governo di Algeri ha appena ospitato 16 fazioni palestinesi, le due principali senza i più importanti dirigenti e le altre con funzione solo decorativa sulla scena palestinese. L’incontro è terminato con la firma della cosiddetta Dichiarazione di Algeri per la Riconciliazione Intra-palestinese, alla presenza del Presidente dell’Algeria Abdelmadjid Tebboune e di alti funzionari statali militari e civili, nonché di ambasciatori. In particolare erano assenti il capo dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Fatah, Mahmoud Abbas, il capo di Hamas Ismail Haniyeh ed il suo predecessore Khaled Meshaal. Se loro non erano presenti alla cerimonia della firma, si tratta di un accordo serio?

Non c’è dubbio che la scelta della dirigenza algerina del Centro Internazionale di Conferenze per celebrare la cerimonia sia stata intelligente, in quanto esso riveste uno speciale simbolismo. Fu in quella stessa sala che il Presidente Yasser Arafat annunciò la creazione dello Stato di Palestina.

La Dichiarazione di Algeri comprende una ‘tabella di marcia’ spaziale e temporale, che inizia con l’invito a tenere elezioni presidenziali e legislative in Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme entro un anno dalla firma dell’accordo; l’unificazione delle istituzioni nazionali palestinesi; la condivisione di sforzi e risorse per i progetti di ricostruzione; il rinnovamento delle infrastrutture e delle strutture sociali del popolo palestinese in modo tale da sostenere la sua risolutezza nel combattere l’occupazione israeliana. C’è anche un piano di prosecuzione e attuazione dell’accordo, con la supervisione di una squadra araba sotto la direzione algerina.

Certamente oggi più che mai i palestinesi hanno bisogno di una riconciliazione, in quanto stanno affrontando gravi sfide. L’unità palestinese è necessaria contro il complotto di Israele e di alcuni regimi arabi per liquidare la causa palestinese e per contrastare la normalizzazione araba con Israele prima che essa si espanda e coinvolga l’intero mondo arabo.

Non è ancora chiaro quale ruolo possa giocare l’Algeria nel mettere in pratica questo accordo, né se esso contribuirà a creare un clima ed un ambiente favorevole alla fine della divisione. Non c’è dubbio che questo pone una grande responsabilità in capo all’Algeria e fornisce una qualche copertura araba alla causa palestinese, in un momento in cui la popolazione della Palestina occupata è sotto forte pressione israeliana, che coincide con il processo di normalizzazione.

Questo accordo avrà successo laddove parecchi altri accordi firmati al Cairo, alla Mecca, a Mosca e a Beirut sono falliti?

Un elemento comune tra tutte le smancerie politiche e le paroline dolci è l’annuncio delle elezioni presidenziali e legislative, che in realtà non si svolgono mai. È come se la riconciliazione palestinese dipendesse dalle elezioni, ma la realtà è che probabilmente esse creerebbero ancor maggiore divisione piuttosto che riconciliazione.

Personalmente non penso che coloro che hanno firmato la Dichiarazione di Algeri credano che porterà ad alcunché di positivo; accordi simili sono stati già firmati e presto dimenticati. Non c’è nulla di nuovo che sia stato concordato ad Algeri che suggerisca che vi è una seria intenzione di mettere in atto i termini della dichiarazione.

Questo deve essere molto frustrante per il popolo palestinese che soffre dai tempi del violento conflitto tra i due principali firmatari a Gaza nel 2007. Perciò qualcuno crede davvero che quest’ultima dichiarazione porterà da qualche parte e cambierà la realtà sul campo nella Palestina occupata?

Per capire perché tutti i precedenti accordi di riconciliazione tra le due principali fazioni, Fatah e Hamas, sono falliti, dobbiamo porci una ovvia domanda: qual è la base per la riconciliazione tra le due fazioni ideologicamente opposte? Hamas crede nella resistenza per liberare la Palestina dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo), mentre Fatah ha deviato da questa strada, vendendo al mercato degli schiavi degli Accordi di Oslo il sangue di migliaia di eroi che hanno sacrificato la propria vita per la Palestina.

Il movimento Fatah che ha negoziato a Madrid e Oslo e ne subisce gli amari frutti non è lo stesso Fatah che è stato creato sulla base della lotta, della resistenza e della liberazione. I suoi fondatori si sono trasformati in un movimento che criminalizza la resistenza. È una triste ironia e una fine ingloriosa per un grande movimento di liberazione. Eravamo abituati ad essere orgogliosi dell’eroismo dei suoi ‘feddain’ ed a rispettare i suoi leader, ma la leadership è cambiata ed è caduta tra le grinfie dei sionisti e della loro pericolosa ideologia.

Fin da quando il 13 settembre 1993 l’OLP firmò con il nemico sionista gli Accordi di Oslo, in base ai quali Israele venne riconosciuto e la clausola relativa alla lotta armata per liberare la Palestina dal fiume al mare fu stralciata dalla Carta Nazionale, il popolo palestinese è stato perduto. Tutto ciò che ha ottenuto da Oslo è la perdita di più terra e più sangue. Intanto Israele, sotto l’ombrello del cosiddetto processo di pace, ha avuto ciò che non poteva ottenere con la guerra: altra terra storica della Palestina per costruire colonie illegali e l’uccisione e l’arresto di ancor più palestinesi. Il tutto con la collaborazione degli “uomini di Oslo”. Il compito principale delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese è proteggere le colonie e i coloni illegali di Israele e sopprimere la resistenza palestinese.

Quindi di quale riconciliazione stanno parlando i firmatari della Dichiarazione di Algeri? Il documento si aggiungerà al lungo elenco di altri accordi che l’hanno preceduto: un accordo in più da aggiungere all’elenco di quelli che non sono stati applicati. Riconciliazione palestinese: scena uno, ripresa 10… e continuiamo a contare.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)