Craig Mokhiber
19 novembre 2025 – Mondoweiss
Il sostegno del Consiglio di Sicurezza al piano di Trump per Gaza ignora il diritto internazionale, punisce i palestinesi e premia i responsabili del genocidio.
A più di due anni dall’inizio del genocidio in Palestina il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è finalmente intervenuto. Ma anziché agire per far rispettare il diritto internazionale, proteggere le vittime e chiamare i colpevoli a rispondere delle loro azioni ha adottato una risoluzione che viola apertamente le disposizioni fondamentali del diritto internazionale, priva di potere e penalizza ulteriormente le vittime mentre premia e rafforza i responsabili.
La cosa più inquietante è che cede il controllo di Gaza e dei sopravvissuti al genocidio agli Stati Uniti, complici diretti del genocidio, e prevede la partecipazione del regime israeliano al processo decisionale. Secondo il piano ai palestinesi non deve essere concessa alcuna partecipazione alle decisioni riguardanti i loro diritti, il loro governo e le loro vite.
Adottando questa risoluzione il Consiglio, di fatto, è diventato un ingranaggio dell’oppressione statunitense, uno strumento per la continua occupazione illegale della Palestina e un complice del genocidio israeliano.
Da quando l’ONU ha diviso la Palestina nel 1947 contro la volontà della popolazione indigena, preparando il terreno per 80 anni di Nakba, l’ONU non ha mai agito in modo altrettanto sfacciatamente coloniale (e oltre la sua autorità giuridica), calpestando così sconsideratamente i diritti di un popolo.
Una risoluzione infernale
Lunedì 17 novembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha adottato una proposta statunitense rivolta a cedere il controllo di Gaza a un organismo coloniale guidato dagli Stati Uniti chiamato “Consiglio della Pace”, schierando al contempo una forza di occupazione per procura, anch’essa diretta dagli Stati Uniti, chiamata “Forza Internazionale di Stabilizzazione”. Entrambe le istituzioni risponderanno, in ultima analisi, a Donald Trump in persona e opereranno di concerto con il regime israeliano.
In quello che sarà a lungo ricordato come un giorno di vergogna per le Nazioni Unite, mentre sia la Russia che la Cina si sono astenute, non esercitando il loro diritto di veto, e nessun membro del Consiglio di Sicurezza ha avuto il coraggio, la sensibilità etica o un sentimento di rispetto del diritto internazionale per votare contro quello che può essere visto solo come un oltraggio coloniale statunitense, la ratifica di un genocidio e una flagrante abdicazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
La risoluzione respinge implicitamente una serie di recenti sentenze della Corte Internazionale di Giustizia (CIG), nega apertamente il diritto palestinese all’autodeterminazione e rafforza l’impunità del regime israeliano, nonostante il genocidio continui.
Nonostante la sentenza della CIG secondo cui il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione sulla propria terra, la risoluzione lo priva immediatamente di quel diritto, autorizzando forze straniere ostili a governarlo.
Malgrado la Corte abbia stabilito che Gaza (così come la Cisgiordania e Gerusalemme Est) è occupata illegalmente e che l’occupazione deve cessare rapidamente e completamente, la risoluzione estende l’occupazione israeliana, approva la presenza indefinita delle truppe del regime israeliano e vi sovrappone una seconda occupazione guidata dagli Stati Uniti.
E per quanto la Corte abbia inoltre stabilito che i palestinesi non devono negoziare i propri diritti con i loro oppressori e che nessun accordo o processo politico può prevalere su tali diritti, la risoluzione li annulla e li affida alla discrezione degli Stati Uniti, dei suoi partner israeliani e di altri Paesi.
Anche nel mezzo di un genocidio in corso perpetrato da un regime di apartheid nella risoluzione non si fa alcun riferimento ai crimini di genocidio, apartheid o colonizzazione, alle migliaia di palestinesi ancora detenuti nei campi di tortura e di sterminio israeliani, né ai principi di attribuzione della responsabilità agli autori dei crimini o di risarcimento per le vittime.
Israele non è nemmeno tenuto a rispettare i propri obblighi legali di risarcimento e riparazione poiché tale responsabilità è invece affidata a donatori e istituzioni finanziarie internazionali, in quello che equivale a un salvataggio multimiliardario del regime israeliano. In sintesi, la risoluzione garantisce la piena impunità del regime israeliano, oltre a promuovere la sua normalizzazione.
Un’amministrazione coloniale
La risoluzione accoglie, approva e allega persino l’ampiamente screditato piano Trump (versione del 29 settembre) e, pur non citando per intero le disposizioni problematiche, invita tutte le parti ad attuarlo nella sua interezza.
Conferisce al Consiglio per la Pace presieduto da Trump il potere di fungere da amministrazione di transizione per il governo di tutto il territorio della Striscia, di controllare tutti i servizi e gli aiuti, il movimento delle persone in entrata e in uscita e l’assetto, i finanziamenti e la ricostruzione di Gaza, includendo l’autorizzazione, formulata in modo pericolosamente ampio, di “qualsiasi altro compito che possa essere richiesto”. E assegna al consiglio di amministrazione di Trump l’autorità immediata di istituire “entità operative” e “autorità commerciali” non definite, a sua discrezione.
La risoluzione prevede addirittura la creazione di un organo collaborazionista composto da tecnocrati palestinesi che riceveranno ordini e riferiranno al Consiglio di Pace di Trump sulla loro stessa terra. In palese violazione del diritto internazionale la risoluzione rifiuta il controllo palestinese sul proprio territorio a Gaza finché Trump e i suoi collaboratori non decideranno che l’Autorità Nazionale Palestinese abbia soddisfatto i requisiti di riforma stabiliti dallo stesso Trump e dall’altrettanto odiosa “Proposta Franco-Saudita”. E non contiene alcuna promessa di indipendenza o sovranità palestinese.
Invece, in aperta contraddizione con le conclusioni della Corte Internazionale di Giustizia, fa arretrare la causa della libertà e dell’autodeterminazione palestinese lungo una linea vaga, iper-condizionata e non impegnativa che afferma che DOPO che gli organi guidati da Trump avranno deciso che i palestinesi avranno soddisfatto criteri NON DEFINITI di “riforma e sviluppo”, “POTREBBERO finalmente presentarsi le condizioni per un PERCORSO credibile verso l’autodeterminazione e la sovranità palestinese”.
E ogni briciolo di speranza di progresso rimasto in quelle condizioni viene infine infranto dal colpo di grazia contenuto nella clausola che stabilisce che qualsiasi processo volto a raggiungere tali obiettivi deve essere controllato dagli stessi Stati Uniti. In altre parole il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha concesso un veto sull’autodeterminazione palestinese agli Stati Uniti, principale sponsor del regime israeliano e complice diretto del genocidio.
La risoluzione non offre nemmeno la speranza che la sistematica deprivazione del popolo palestinese a Gaza possa finire. Mentre la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato che le restrizioni agli aiuti devono cessare, la risoluzione si limita a “sottolineare l’importanza” degli aiuti umanitari. Non ne richiede il flusso e la distribuzione senza restrizioni.
Una forza di occupazione per procura
La risoluzione istituisce anche una forza di occupazione armata per procura, denominata “Forza Internazionale di Stabilizzazione”, che opererà sotto la guida del Consiglio per la Pace presieduto da Trump. Questa forza dovrà avere un comando approvato dal Consiglio di Trump e opererà esplicitamente in collaborazione con Israele, autore del genocidio (così come con l’Egitto).
I suoi membri devono essere scelti “in collaborazione con” il regime israeliano con il quale devono cooperare per il controllo dei sopravvissuti palestinesi a Gaza.
Avrà il compito di proteggere i confini (ovvero, di tenere i palestinesi in trappola), di stabilizzare il contesto di sicurezza di Gaza (ovvero, di reprimere qualsiasi resistenza all’occupazione, all’apartheid o al genocidio), di smilitarizzare Gaza (ma non il regime israeliano), di distruggere le capacità di difesa militare di Gaza (ma non quelle di Israele), di dismettere le armi della resistenza palestinese (ma non quelle del regime israeliano), di addestrare la polizia palestinese (al fine di controllare il popolo palestinese all’interno di Gaza) e di lavorare per gli obiettivi (nefasti) del “Piano Globale (di Trump)”.
La forza ha anche il compito di “proteggere i civili” e di fornire aiuti umanitari nella misura in cui gli Stati Uniti lo consentano (o siano propensi) a farlo. Ma dovrebbe ormai essere evidente che una forza del genere, che deve collaborare con Israele, non farebbe nulla per opporsi all’aggressione israeliana e agli attacchi contro i civili.
Inoltre essa ha il compito di “monitorare il cessate il fuoco”, un cessate il fuoco garantito dagli Stati Uniti, che ha consentito continui attacchi israeliani a Gaza ogni giorno da quando è stato dichiarato (con l’uccisione di centinaia di persone e massicce distruzioni alle infrastrutture civili), ma che non tollera alcuna ritorsione da parte della resistenza palestinese. È lecito supporre che qualsiasi monitoraggio del cessate il fuoco da parte di una tale forza sarà concentrato principalmente sulla parte palestinese, non sul regime israeliano in quanto potenza occupante.
In altre parole, la missione di questa forza di occupazione per procura è controllare, contenere e disarmare la popolazione vittima del genocidio, non il regime che lo perpetra, e garantire la sicurezza non per le vittime del genocidio, ma per i suoi autori.
Attraverso un’ulteriore inaudita violazione del diritto internazionale la risoluzione autorizza le forze del regime israeliano a continuare a occupare (illegalmente) Gaza finché il Consiglio di Pace guidato dagli Stati Uniti e le forze del regime israeliano non decidano insieme diversamente. E, in ogni caso, la risoluzione prevede che le Forze di Difesa Israeliane possano rimanere a Gaza per occupare un “perimetro di sicurezza” a tempo indeterminato.
Infine, sia il Consiglio coloniale per la Pace che la sua “forza di stabilizzazione” occupante per procura hanno un mandato di due anni con un’eventuale proroga in concerto con Israele (e l’Egitto), ma non con la Palestina.
La follia dei colonizzatori
Inutile dire che questa risoluzione è stata respinta dalla società civile palestinese, da quasi tutte le parti politiche e della resistenza palestinesi, dai difensori dei diritti umani e dagli esperti di diritto internazionale di tutto il mondo.
In base al diritto internazionale l’occupazione della Palestina è illegale, il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione e ha il diritto di resistere all’occupazione straniera, alla dominazione coloniale e a regimi razzisti come quello israeliano. Questa risoluzione non solo tende a negare questi diritti, ma arriva persino a rafforzare la presenza illegale di Israele e ad autorizzare i suoi stessi meccanismi di occupazione straniera e di dominazione coloniale.
Inoltre il Consiglio di Sicurezza trae tutti i suoi poteri dalla Carta delle Nazioni Unite. Tale Carta, in quanto trattato, è parte del diritto internazionale, non al di sopra di esso. In quanto tale, il Consiglio è vincolato dalle regole del diritto internazionale, comprese soprattutto le norme supreme del cosiddetto jus cogens e dell’erga omnes, come l’autodeterminazione e l’inammissibilità dell’acquisizione di territorio con la forza. Il suo palese disprezzo per le conclusioni della Corte Internazionale di Giustizia su queste questioni rivela quanto molti dei termini di questa risoluzione siano di fatto illegittimi e ultra vires (oltre l’autorità del Consiglio).
In quanto tali, le conseguenze di questa azione canaglia del Consiglio di Sicurezza dell’ONU avranno implicazioni che vanno ben oltre la Palestina. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, se non vincolato dal diritto internazionale, diventa un pericoloso strumento di repressione e ingiustizia. Questo è esattamente ciò a cui abbiamo assistito in questo caso, poiché il Consiglio ha ignorato il diritto internazionale e di fatto ha consegnato i sopravvissuti di Gaza ai complici diretti del genocidio.
E i sostenitori del Consiglio saranno ben consapevoli che il veto è stato ripetutamente utilizzato in seno al Consiglio per negare i diritti dei palestinesi. In questo caso, quando avrebbe potuto essere utilizzato per proteggere i diritti dei palestinesi, il veto è sparito nel nulla. Nel giro di un minuto di votazione il Consiglio di Sicurezza ha perso ogni legittimità.
Una via da seguire
Il tentativo degli Stati Uniti di imporre una forma di colonialismo ottocentesco al popolo palestinese di Gaza, da tempo sofferente, come il precedente progetto coloniale franco-saudita, è destinato al fallimento. Tali progetti sono fondamentalmente marci fin dalla nascita, poiché cercano di imporre risultati privi di legalità (secondo il diritto internazionale), privi di legittimità (per l’esclusione della rappresentanza palestinese) e senza alcuna concreta speranza di successo (dato il loro rifiuto pressoché universale sia in Palestina che nel mondo).
Gli Stati Uniti potrebbero essere in grado di minacciare e corrompere un numero sufficiente di Stati per ottenere il sostegno in un voto all’ONU, ma assicurarsi truppe e altro personale sufficienti per attuare la risoluzione sul campo, contro la volontà della popolazione indigena, potrebbe essere un’altra faccenda. E mantenere il sostegno mentre il piano (inevitabilmente) inizierà a sgretolarsi sarà ancora più difficile.
Nel frattempo, per coloro che si impegnano per la giustizia, i diritti umani e lo stato di diritto, il compito è chiaro. Questo piano deve essere contrastato in ogni capitale e in ogni momento. I governi devono essere spinti a porre fine alla loro complicità negli abusi israeliani, negli eccessi degli Stati Uniti e in questo atroce schema coloniale. Il regime israeliano deve essere isolato. Gli sforzi per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni devono essere raddoppiati. Deve essere imposto un embargo militare, sui carburanti e sulla tecnologia. I responsabili israeliani devono essere processati in ogni tribunale disponibile. E le strade devono riecheggiare della voce giusta di milioni di persone che chiedono a gran voce la libertà palestinese attraverso manifestazioni, scioperi, disobbedienza civile e azioni dirette.
E quando questo castello di carte coloniale crollerà un’altra soluzione più giusta sarà pronta a prendere il suo posto. Se la maggioranza globale si alzerà in piedi davanti all’imperatore e affermerà il proprio potere collettivo, agendo nell’ambito del meccanismo “Uniting For Peace” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite [la risoluzione 377 A dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite prevede che se il Consiglio di sicurezza non agisce come richiesto per mantenere la sicurezza e la pace internazionale, l’Assemblea generale può emettere raccomandazioni per misure collettive, incluso l’uso della forza armata quando necessario, ndt.] per aggirare il veto degli Stati Uniti, adottando misure per garantire l’accertamento giuridico delle responsabilità, isolare e punire il regime israeliano e fornire una protezione reale alla Palestina, allora l’ONU potrà continuare a lottare. In caso contrario, quasi certamente appassirà e morirà, vittima di ferite autoinflitte, nessuna delle quali più profonda della vergognosa risoluzione del 17 novembre 2025.
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)


