B’Tselem: i coloni non vengono puniti per le 21 uccisioni durante la ‘pulizia etnica’ in Cisgiordania

Un posto di blocco durante la raccolta delle olive il 4 novembre 2025 Reuters/Raneen Sawafta
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 Mera Aladam

25 novembre 2025 – Middle East Eye

Con il bilancio dei morti in Cisgiordania salito a 1.000 dall’ottobre 2023, i palestinesi dicono che ‘la morte è inevitabile’.

I coloni israeliani non sono stati puniti per le 21 uccisioni di palestinesi nel corso degli ultimi due anni, in quella che B’Tselem descrive come una campagna di “pulizia etnica” nella Cisgiordania occupata. L’associazione [israeliana] per i diritti umani nota che dal 7 ottobre 2023 l’esercito ha messo in atto “regole d’ingaggio sempre più lassiste e scriteriate per l’uso delle armi da fuoco” nei territori palestinesi, compreso l’utilizzo di bombardamenti aerei.

L’esercito ha anche armato “migliaia di coloni” ignorando i loro sanguinosi attacchi quasi quotidiani contro i civili palestinesi.

Lunedì in un post sulle reti sociali B’Tselem ha affermato che dall’ottobre 2023 ci sono stati 21 casi di coloni che hanno ucciso palestinesi, ma “neppure uno dei responsabili è stato condannato.”

Secondo i calcoli di B’Tselem da allora le forze israeliane e i coloni hanno ucciso nel complesso più di 1.004 palestinesi in Cisgiordania, inclusi 217 minori.

Nella Striscia di Gaza le forze israeliane hanno ucciso circa 70.000 palestinesi, tra cui almeno 20.000 minori, mentre altre 10.000 persone sono disperse e presumibilmente morte.

“Stiamo assistendo all’abbandono totale della vita dei palestinesi,” ha affermato Yuli Novak, la direttrice esecutiva di B’Tselem.

“Giorno dopo giorno la situazione in Cisgiordania sta peggiorando e non potrà che peggiorare ulteriormente perché non c’è un meccanismo interno o esterno che limiti o blocchi la politica di continua pulizia etnica di Israele.” Ha invitato la comunità internazionale a porre fine all’ “impunità” di Israele.

Lunedì durante un’incursione nei pressi di Nablus le forze israeliane hanno colpito e ucciso Abdul Raouf Ishtayeh. Il giorno prima coloni e soldati israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio di Deir Jarir, a est di Ramallah, e hanno aperto il fuoco contro palestinesi, uccidendo il ventenne Bara Khairy Ali Maali.

“Con questa totale impunità coloni armati attaccano quotidianamente i palestinesi, bruciano case, terreni agricoli e coltivazioni, saccheggiando proprietà e uccidendo abitanti,” afferma B’Tselem. “Benché ogni giorno avvengano decine di queste aggressioni, e molte siano riprese in video e ben documentate, raramente le autorità preposte all’applicazione della legge avviano indagini.”

Rimanere o rimanere”

Un’abitante di Tulkarem, che desidera rimanere anonima per problemi di sicurezza, ha detto a Middle East Eye che la situazione in Cisgiordania sta diventando sempre più difficile per i palestinesi, molti dei quali vivono nella paura e nell’angoscia.

Di recente la sua zona è stata colpita da un’ondata di restrizioni, arresti e incursioni violente da parte di Israele: “Negli ultimi due anni, dal 7 ottobre, il numero dei posti di blocco è salito a 707, ostacolando gravemente gli spostamenti dei cittadini” afferma, aggiungendo che agli ingressi e alle uscite di varie città palestinesi sono stati piazzati cancelli di ferro controllati dalle forze israeliane.

Nel contesto di continue violenze le truppe israeliane hanno anche occupato vari campi profughi, espellendone gli abitanti.

Le espulsioni sono state aggravate da quella che gli abitanti di Tulkarem descrivono come una “gravissima situazione economica” in seguito ai ritardi nel trasferimento delle imposte [da Israele] all’Autorità Palestinese. “In Cisgiordania ciò ha portato al mancato pagamento di stipendi ai dipendenti pubblici palestinesi, che stanno lottando per sopravvivere con il minimo indispensabile delle necessità fondamentali,” afferma. “Non hanno sicurezza né introiti stabili.”

Su come i locali si preparano agli imminenti attacchi l’abitante afferma che non ci sono “alternative” se non rimanere “saldi e risoluti” sulla loro terra.

“In termini palestinesi, la nostra sensazione è che la morte è inevitabile e possa dio accettare i martiri e concedere loro la pace,” sostiene. “Per i palestinesi non ci sono alternative: rimanere o rimanere.”

Aggiunge che le famiglie “non si possono permettere il lusso della tristezza o di prendere in considerazione alternative” quando piangono la morte di familiari o resistono alle difficoltà quotidiane sotto l’occupazione israeliana.

Violenza “frequente e organizzata” dei coloni

Ameer Dawood, della Colonization and Wall Resistance Commission [Commissione di Resistenza contro la Colonizzazione e il Muro] (CWRC), descrive l’incremento delle violenze dei coloni negli ultimi due anni come “sia allarmante sia senza precedenti per livello e intensità.”

Tra gli attacchi documentati dalle squadre della CWRC negli ultimi tempi ci sono incendi, aggressioni fisiche contro palestinesi, pestaggi di volontari internazionali e distruzione di coltivazioni e strutture agricole.

“Fanno parte di un modello costante di violenza in aumento che si è intensificato lo scorso anno,” dice a MEE Dawood, direttore generale per l’informazione e il monitoraggio del CWRC.

Aggiunge che il fatto che i coloni prendano di mira i contadini è “economicamente dannoso e psicologicamente devastante.”

“I coloni responsabili di questi attacchi agiscono sempre più con un esteso senso di impunità, spesso con la protezione o la presenza delle forze di sicurezza israeliane,” spiega.

Nel contempo, aggiunge, recenti cambiamenti politici hanno effettivamente dato ai gruppi guidati dai coloni più potere sulla sicurezza e sulla gestione della terra, rafforzando fazioni estremiste e consentendo che avvengano azioni violente senza conseguenze.

Dawood avverte che, senza un immediato intervento per imporre la legge o arginare il potere concesso ai gruppi di coloni estremisti, il “modello di violenza” probabilmente continuerà.

“Senza che siano chiamati a risponderne, gli attacchi probabilmente diventeranno più frequenti, più organizzati e più pericolosi, destabilizzando ulteriormente le comunità rurali e aggravando la crisi umanitaria e politica in Cisgiordania.”

E sottolinea che l’escalation non deve essere considerata come “spontanea”, ma piuttosto come il “risultato di decisioni strutturali che hanno consentito e normalizzato la violenza dei coloni.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)