L’hasbara di Israele a Sheikh Jarrah: il sasso ‘terrorista’ e la logica distorta di Gilad Erdan

Gilad Erdan Foto Roy Rochli
image_pdfimage_print

Ramzy Baroud

24 gennaio 2022 – Middle East Monitor

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, sta conducendo la propaganda (hasbara, ndtr.) antipalestinese del suo Paese, impegnandosi questa volta in una propaganda preventiva che anticipa una risposta palestinese alle continue espulsioni nel quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme est.

Lo riterreste un attacco terroristico se un sasso come questo fosse scagliato contro la vostra macchina mentre state guidando con i vostri figli?”, ha chiesto Erdan al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tenendo in mano la pietra. “Come minimo, condannereste questi brutali attacchi condotti da palestinesi contro civili israeliani?”

Questa logica israeliana è del tutto tipica, laddove i palestinesi oppressi sono descritti come aggressori e l’oppressore Israele – uno Stato razzista di apartheid sotto ogni aspetto – si presenta come vittima che non fa che difendere i propri cittadini.

Ma la logica selettiva di Erdan questa volta è dovuta ad altro. La sua messinscena all’ONU mira esclusivamente a stornare l’attenzione dai continui terribili fatti che avvengono a Sheikh Jarrah e in tutta la Gerusalemme est occupata. Mercoledì 19 gennaio la casa della famiglia palestinese Salhiya è stata demolita da Israele, lasciando senza un tetto 15 persone, in maggioranza bambini.

Pochi giorni prima è avvenuto un fatto straziante sul tetto di quella casa, quando membri della famiglia Salhiya hanno minacciato di darsi fuoco perché angosciati dall’imminente perdita della casa della loro famiglia.

Non abbiamo più niente a Gerusalemme. Questa è pulizia etnica. Oggi tocca a me, domani ai miei vicini. Meglio per noi morire sulla nostra terra con dignità che arrenderci a loro”, ha detto Mahmoud Salhiya, il proprietario della casa, prima di essere dissuaso dai vicini dal darsi fuoco.

A questi tragici eventi si assiste attentamente, anzitutto da parte dei palestinesi, ma anche della gente di tutto il mondo. Se la prassi delle distruzioni israeliane continuerà ci sono probabilità che assisteremo ad un’altra sollevazione popolare. Lo spettacolo di Erdan all’ONU è un disperato gesto di propaganda per dissuadere i membri della comunità internazionale dal criticare Israele.

Ma Israele non riesce a far valere la propria causa, come non è riuscito a difendere la propria terribile violenza contro i palestinesi in tutta la Palestina occupata nel maggio 2021. Persino i tradizionali alleati di Israele esprimono contrarietà verso l’ultima ondata di pulizia etnica a Sheikh Jarrah.

La rappresentante degli USA alle Nazioni Unite ha espresso ‘preoccupazione’ riguardo all’espulsione forzata nel quartiere palestinese. “Per compiere un passo avanti, sia Israele che l’Autorità Nazionale Palestinese devono evitare mosse unilaterali che esasperano le tensioni e soffocano gli sforzi per far progredire una soluzione negoziata di due Stati”, ha detto Linda Thomas-Greenfield, utilizzando l’usuale linguaggio prudente. Tuttavia Thomas-Greenfield ha proseguito mettendo in guardia contro “le annessioni di territori, l’attività di colonizzazione, le demolizioni e le espulsioni – come quelle che abbiamo visto a Sheikh Jarrah.”

Il 19 gennaio anche il deputato repubblicano USA Mark Pocan ha duramente criticato la decisione di Israele di espellere con la forza la famiglia Salhiya a Sheikh Jarrah.

La scorsa notte, con la complicità del buio e di un freddo pungente, le abitazioni della famiglia Salhiya a Sheikh Jarrah, Gerusalemme, sono state distrutte dalle forze israeliane, lasciando senza casa 15 persone. Ciò non è accettabile e deve finire”, ha twittato Pocan, aggiungendo il popolare hashtag # Savesheikhjarrah.

Da parte sua l’inviato speciale dell’ONU per il Medio Oriente, Tor Wennsland, ha duramente condannato l’espulsione della famiglia palestinese da parte delle autorità occupanti israeliane.

Chiedo alle autorità israeliane di porre fine agli sfratti ed alle espulsioni dei palestinesi, in base ai loro obblighi previsti dal diritto internazionale, e di approvare nuovi programmi che consentirebbero alle comunità palestinesi di costruire legalmente e di provvedere alle proprie necessità di sviluppo”, ha detto Wennsland, secondo quanto riportato sul sito web dell’ONU.

Torniamo allo spettacolo di Erdan, quando ha presentato il ‘terrorismo’ palestinese mostrando la presunta prova schiacciante di un sasso.

Va detto che criticare o difendere la resistenza palestinese, anche simbolica, permette ad Israele di impostare un dibattito fuorviante e futile, che crea un’equivalenza morale tra l’occupante e l’occupato, il colonizzatore e il colonizzato.

Che i palestinesi usino una pietra, un fucile o un pugno per resistere e difendersi, la loro resistenza è moralmente e legalmente giustificata. Israele invece, come tutti gli altri occupanti militari e colonialisti, non ha argomenti né morali né legali per giustificare la sua oppressione sui palestinesi, la distruzione delle loro case – come quella della famiglia Salhiya – e l’uccisione dei loro figli.

A giudicare dalla crescente solidarietà con i palestinesi dovunque, è chiaro che il patetico spettacolo di Erdan è solo un ulteriore esercizio di futilità politica.

Nulla di ciò che Israele può dire o fare potrà alterare la realtà lampante del fatto che una nuova generazione di palestinesi sta riunificando ancora una volta la narrazione palestinese, in particolare riguardo alla resistenza palestinese all’occupazione israeliana. Sia che l’oppressione israeliana avvenga a Sheikh Jarrah, a Gaza o nel deserto del Negev, ora i palestinesi rispondono in modo collettivo, come un unico corpo politico. Grazie alla rivolta del maggio 2021 sono finiti i tempi in cui i palestinesi vengono scacciati dalle loro case nel cuore della notte come fosse una consuetudine senza conseguenze.

Inoltre sta cambiando il linguaggio politico usato per descrivere gli eventi in Palestina in ambito internazionale. Il ‘diritto di Israele di difendersi’ non è più la reazione automatica che spesso viene adottata per descrivere la violenza israeliana e la resistenza palestinese.

Infine sembra che Israele non sia più la parte che determina gli eventi in Palestina e controlla la narrazione ad essi relativa. I palestinesi ed un crescente movimento internazionale di loro sostenitori stanno attivamente dando forma alla percezione globale della realtà sul campo. Né Erdan né i suoi capi a Tel Aviv possono ribaltare questo slancio a guida palestinese. Il suo intervento all’ONU non fa che rispecchiare il grado di disperazione e fallimento intellettuale di Israele e dei suoi rappresentanti.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)