Maureen Clare Murphy
17 gennaio 2023 – The Electronic Intifada
Tra sabato e lunedì in Cisgiordania le forze di occupazione israeliane hanno ucciso quattro palestinesi e una quinta persona è morta per le ferite riportate all’inizio del mese.
Secondo Defence for Children International-Palestine [ONG internazionale per i diritti dei minori, ndt] lunedì mattina presto nel campo profughi di Dheisheh fuori Betlemme dei soldati hanno sparato alla testa ad Amer Khaled Lutfi al-Khamour. Il ragazzo è stato dichiarato morto in ospedale nel corso della giornata.
L’adolescente è il quarto minorenne palestinese ucciso dalle forze israeliane dall’inizio dell’anno e il secondo ucciso a Dheisheh. In totale durante questo periodo sono stati uccisi dalla polizia, dai soldati e dai coloni israeliani 14 palestinesi, tutti in Cisgiordania.
Domenica, presso un posto di blocco volante vicino al villaggio di Silwad, nella Cisgiordania centrale, le forze israeliane hanno sparato e ucciso di fronte al figlio Ahmad Hasan Kahlah, 45 anni, dopo che un litigio si è trasformato in uno scontro fisico.
Il Centro palestinese per i diritti umani ha affermato che l’assassinio di Kahlah “equivale a un’uccisione extragiudiziale”.
L’associazione per i diritti ha affermato che prima dell’inizio dell’alterco alcuni conducenti hanno iniziato a suonare i clacson dei loro veicoli per protestare contro un posto di blocco militare israeliano appena eretto che causava il rallentamento del traffico e la formazione di lunghe code.
Le forze israeliane hanno sparato granate stordenti colpendo un veicolo su cui viaggiavano Kahlah e suo figlio.
Secondo il PCHR [Centro palestinese per i diritti umani], i soldati “hanno usato lo spray al peperoncino contro [Kahlah] e suo figlio e li hanno costretti a scendere dal veicolo”. Un litigio verbale è diventato fisico quando i soldati hanno aggredito Kahlah, “che ha cercato di fuggire”, riferisce l’associazione per i diritti.
“Nel frattempo uno dei soldati ha sparato a distanza ravvicinata due proiettili veri contro Ahmad Kahlah, sebbene non rappresentasse una minaccia per la vita dei militari“, aggiunge il PCHR. Quando i soldati hanno permesso ai paramedici palestinesi di fornirgli assistenza, Kahlah, che era stato colpito al collo, non era più cosciente.
I soldati hanno impedito ai paramedici di accorrere in aiuto del figlio di Kahlah, Qusai, che stava male e aveva inalato gas lacrimogeno. Qusai è stato arrestato e successivamente rilasciato.
Secondo il PCHR l’esercito israeliano ha inizialmente sostenuto che Ahmad Kahlah aveva cercato di pugnalare i soldati con un coltello e di afferrare una delle loro pistole, affermazioni contraddette dal filmato dell’incidente.
Quel video, registrato da un’altra persona che tentava di attraversare il checkpoint, mostra l’anziano Kahlah nel corso di una collutazione con tre soldati che lo picchiano prima di aprire il fuoco, nonostante il fatto che Kahlah avrebbe potuto essere immobilizzato con mezzi non letali, dice il PCHR.
Israele non ha confiscato il corpo di Kahlah come fa abitualmente nei casi di palestinesi uccisi nel corso di quelli che secondo Israele sarebbero degli attacchi.
Il quotidiano di Tel Aviv Haaretz ha riferito che l’esercito israeliano “in seguito ha cambiato la sua versione degli eventi” affermando che “i soldati hanno chiesto a [Kahlah] di fermarsi e hanno usato gas lacrimogeni quando ha rifiutato di seguire il loro ordine”.
“L’esercito ha riferito che, dopo che egli si era rifiutato di uscire dal suo veicolo, ne è nato uno scontro, Kahlah ha cercato di rubare un’arma a un soldato ed è stato quindi colpito”, aggiunge Haaretz.
Ziad Kahlah, il fratello di Ahmad, ha respinto le affermazioni dell’esercito israeliano e ha riferito che Ahmad, padre di quattro figli, era un elettricista che stava facendo una commissione con suo figlio quando è stato ucciso.
“Chi va a compiere un attacco non lo fa con il proprio figlio”, ha detto Ziad secondo Haaretz.
“Se non ci si crede, è un dato di fatto che suo figlio è stato rilasciato poco dopo. È facile accusare un palestinese di essere un terrorista e poi sparargli a sangue freddo”, aggiunge Ziad.
Il giorno prima le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi, Izzedine Bassem Hamamreh, 24 anni, e Amjad Adnan Khaliliyeh, 23, durante un presunto scontro a fuoco vicino al villaggio di Jaba, a sud della città di Jenin, nel nord della Cisgiordania.
La Jihad islamica, una fazione della resistenza armata palestinese, ha rivendicato l’appartenenza dei due uomini al gruppo.
Lo stesso giorno Yazan al-Jaabari, 19 anni, è morto per le ferite riportate dopo essere stato colpito durante un raid militare israeliano a Kafr Dan, sempre vicino a Jenin. Il 2 gennaio altri due palestinesi, uno dei quali un ragazzo di 17 anni, sono stati uccisi durante lo stesso raid punitivo di demolizione di case.
Con la nomina a importanti ruoli ministeriali di israeliani di estrema destra che costituiscono gli elementi più pericolosi dello Stato colonizzatore è pressochè certo un ulteriore bagno di sangue.
Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Potere Ebraico che appartiene al nuovo governo di coalizione di Benjamin Netanyahu, sta proponendo norme ancora più flessibili sull’uso delle armi da fuoco.
Ben-Gvir sta promuovendo una legge che garantirebbe l’immunità legale ai soldati e alla polizia per le loro azioni durante le operazioni di “sicurezza”.
Secondo Adalah, un’organizzazione per i diritti umani, ciò “codificherebbe una politica israeliana di impunità quasi totale nei confronti delle sue forze armate nei casi che coinvolgono palestinesi”.
Lunedì, dopo l’uccisione di Amer al-Khamour, il Regno Unito ha invitato “le autorità israeliane a condurre un’indagine rapida e trasparente”, nonostante la loro quasi assoluta mancanza di affidabilità nella ricerca dei responsabili della morte di palestinesi per mano delle forze israeliane.
L’appello del Regno Unito equivale a un’approvazione dello status quo di impunità totale. Secondo il monitoraggio di The Electronic Intifada, l’anno scorso tale situazione ha provocato l’uccisione o la morte per ferite riportate negli anni precedenti di oltre 200 palestinesi per mano dell’esercito, della polizia e dei coloni israeliani in Cisgiordania, a Gaza e all’interno di Israele.
Lunedì Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, ha dichiarato che “la perdita di vite umane procede senza sosta“.
“Una presenza di una forza di protezione è una necessità fondamentale e inevitabile”, ha aggiunto.
(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)