Gli Stati Uniti alimentano dubbi sulla carestia a Gaza

Palstinesi di Khan Younis il 1 gennaio 2025 in coda in attesa di ricevere un pasto. Foto: Abdullah Abu Al-Khair/APA Images
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Bryce Greene  

6 gennaio 2025  Mondoweiss

L’amministrazione Biden sta cercando di alimentare una disputa fasulla sui numeri della carestia a Gaza per nascondere la realtà del genocidio.

Il 23 dicembre la Rete di Sistemi di Allerta Precoce sulla Carestia (FEWS Net), un progetto finanziato dall’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), ha pubblicato un rapporto che dava l’allarme su uno “scenario di carestia” che “è in corso nella parte settentrionale di Gaza”. In base alla mancanza di aiuti e al numero di persone conteggiate nella zona, la FEWS Net ha concluso che “è altamente probabile che le soglie di consumo alimentare e di malnutrizione acuta per carestia (fase IPC 5) siano state ormai superate”. L’organizzazione ha stimato che, in assenza di qualche cambiamento nella politica israeliana, si prevede che “i livelli di mortalità non traumatica supereranno la soglia della carestia (fase IPC 5) tra gennaio e marzo 2025, con almeno 2-15 morti al giorno”. La soglia riconosciuta come carestia sarebbe di due o più decessi al giorno ogni 10.000 persone.

La FEWS Net monitora la situazione umanitaria a Gaza dall’inizio dell’attacco israeliano.

Una disputa falsa

Il giorno dopo la pubblicazione del rapporto, l’ambasciatore statunitense in Israele Jack Lew ha pubblicamente denunciato il rapporto in un tweet. Ha affermato che il rapporto di FEWS Net “si basava su dati inesatti” e che “è irresponsabile pubblicare un rapporto come questo”. La sua obiezione si fonderebbe sul numero di civili attualmente presenti nel nord di Gaza. Il rapporto di FEWS Net includeva valutazioni di novembre che stimavano una popolazione di quasi 75.000. Nella sua denuncia Lew ha citato cifre più recenti combinando la stima dell’israeliano Coordinamento delle Attività Governative nei Territori (COGAT) di 5.000-9.000 persone e la stima di UNRWA di 7.000-15.000 persone. Lew ha scritto che “è ormai evidente che la popolazione civile in quella parte di Gaza è compresa tra i 7.000 e i 15.000, non tra i 65.000 e 75.000 che sono alla base di questo rapporto”. Per Lew, l’uso dei dati di novembre indebolisce le conclusioni del rapporto sulla carestia esistente nel nord di Gaza.

Tuttavia questa critica ha senso solo per chi non abbia effettivamente letto il rapporto, che ammonta a sole tre pagine. Anche se il rapporto citava le cifre precedenti più alte, sarebbe completamente falso dire che queste fossero la “base di questo rapporto”. Nella frase seguente FEWS Net citava le cifre di novembre dell’OCHA e il rapporto citava anche le cifre minori dell’UNRWA in dicembre: “Immagini satellitari più recenti suggeriscono che migliaia di persone sono evacuate all’inizio di dicembre, e sono in corso tentativi di aggiornare la stima dell’entità della popolazione rimanente; un aggiornamento dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) del 22 dicembre suggerisce che la popolazione potrebbe essere più scarsa, di 10.000-15.000 unità.”

La citazione è chiara nell’includere il numero più basso nella valutazione: “L’entità del numero giornaliero stimato di decessi (2-15 decessi al giorno, applicando la soglia del tasso approssimativo di mortalità per una carestia di 2 decessi su 10.000 persone al giorno) fissa la popolazione di base più bassa per una possibile classificazione di carestia (fase IPC 5) nell’estremo inferiore (10.000 persone) e la popolazione di base stimata massima (75.000 persone) all’estremo superiore.”

Il rapporto riconosce una certa ambiguità nei numeri dell’UNRWA: “In base a quanto detto nell’aggiornamento dell’UNRWA, non è chiaro se l’ONU stia suggerendo che la popolazione totale di Gaza settentrionale sia di 10.000-15.000, o se 10.000-15.000 persone rimangano in un sottoinsieme di aree”. Il rapporto FEWS Net è stato chiaro anche sui limiti nella raccolta dati scrivendo: “In mezzo a condizioni sempre più impraticabili per la raccolta di dati che si vorrebbe per confermare definitivamente che i criteri di una carestia (fase 5 dell’IPC) sono stati verificati, l’analisi della probabilità di carestia (fase 5 dell’IPC) deve basarsi su estrapolazione, inferenza, prove empiriche, logica e giudizio di esperti”. Anche una lettura superficiale smentisce completamente l’affermazione di Lew secondo cui cifre “inesatte e obsolete” fossero alla “base di questo rapporto”.

Distorcere la realtà

Nonostante l’infondatezza dell’attacco del Dipartimento di Stato, FEWS Net ha ceduto alle pressioni. Il New York Times ha riferito che l’organizzazione ha intenzione di modificare le sue proiezioni in base a numeri aggiornati, una dichiarazione sorprendente dato che le loro valutazioni correnti includevano numeri del giorno precedente alla pubblicazione. Anche il Times ha riferito che FEWS Net mantiene la sua valutazione, ma il rapporto è stato rimosso dal loro sito web (ancora accessibile tramite la Wayback Machine [archivio digitale del World Wide Web di un’organizzazione non-profit californiana, ndt.]. Infatti, mentre sono ancora disponibili vecchi rapporti su Gaza, la bacheca interattiva di FEWS Net non mostra alcuna informazione su Gaza. I gruppi di Sostegno e Difesa hanno subito risposto all’attacco degli Stati Uniti e alla ritrattazione di FEWS Net con una condanna. Il Council on American Islamic Relations (CAIR) ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna la rimozione del rapporto: “Respingere un rapporto sulla carestia nel nord di Gaza apparentemente vantandosi del fatto che sia stato etnicamente ripulito con successo dalla sua popolazione nativa è solo l’ultimo esempio di come i funzionari dell’amministrazione Biden sostengano, consentano e giustifichino la evidente e dichiarata campagna di genocidio di Israele a Gaza.”

Ken Roth di Human Rights Watch ha condannato la disputa: ” Cavillare sul numero di persone in estremo bisogno di cibo sembra una manovra politica diversiva sul fatto che il governo israeliano sta bloccando praticamente tutto il cibo”.

Denunciando subito il rapporto, l’ambasciatore degli Stati Uniti ha spostato l’attenzione della copertura mediatica dalle conclusioni del rapporto alla nuova vicenda della disputa. Per il pubblico, le conclusioni del rapporto vengono messe in secondo piano e la cosa più importante è la disputa. La rimozione del rapporto da parte di FEWS Net ha solo alimentato questo depistaggio.

Il giorno di Natale il New York Times ha pubblicato un articolo che raccontava la saga, evidenziando le critiche dell’ambasciatore Lew e inquadrando la storia come una disputa sui numeri. Il Times sembra non aver letto il rapporto poiché non fa alcun riferimento al fatto che FEWS Net cita le cifre più recenti dell’UNRWA.

Il Times ha scritto che “la disputa evidenzia le difficoltà nella raccolta di dati a Gaza che hanno ostacolato gli sforzi umanitari dall’inizio della guerra”. Il Times non ha fatto alcun tentativo di indagare o valutare i fatti che costituivano l’obiezione di Lew. Invece ha stampato acriticamente la difesa di Israele: “Israele ha affermato che lavora duramente per facilitare le forniture a Gaza, ma che i gruppi di aiuto hanno spesso fallito nel fornire assistenza a causa di saccheggi e illegalità diffusi”.

Il Times ha rifiutato di menzionare l’enorme mole di prove che Israele stia deliberatamente limitando gli aiuti come parte di una politica ufficiale di spopolamento.

Intenzione di distruggere

Uno dei pilastri fondamentali della causa contro Israele per genocidio è il suo deliberato uso di fame e deprivazione come tattica. Amnesty definisce l’intento delle azioni israeliane volte a “infliggere deliberatamente ai palestinesi di Gaza condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica”. Tra le altre cose il metodo principale utilizzato da Israele è stato “negare e ostacolare la fornitura di servizi essenziali, assistenza umanitaria e altre forniture salvavita”. In un rapporto pubblicato il giorno prima del rapporto di FEWS Net, OXFAM aveva lanciato l’allarme sul fatto che tra l’8 ottobre e il 16 dicembre l’ONU avesse tentato 137 missioni di aiuti nella Striscia di Gaza settentrionale e oltre il 90% di esse fossero state respinte da Israele. Dei 34 camion di aiuti ufficialmente autorizzati a entrare a Gaza, solo 12 hanno superato la sfida di ritardi e restrizioni arbitrarie imposte da Israele alla consegna effettiva di cibo o acqua.

USAID, il principale sostenitore di FEWS Net, ha pubblicato le proprie valutazioni sulla situazione a Gaza nell’ultimo anno e mezzo di genocidio. Samantha Power, la “superstar umanitaria” a capo di USAID sotto Biden, ha ammesso che Israele era la forza principale a impedire agli aiuti di entrare nella Striscia. In primavera USAID ha stimato che Israele stesse deliberatamente bloccando gli aiuti a Gaza, una delle tante azioni israeliane che rendono illegali gli aiuti militari statunitensi a Israele secondo il diritto statunitense e internazionale.

Come ha osservato il giornalista Stephen Semler ci sono numerosi modi, tra cui le cifre da loro pubblicate, in cui gli israeliani hanno confermato la propria politica di blocco degli aiuti a Gaza.

La politica di carestia di Israele è stata apertamente riconosciuta sia in Israele che negli Stati Uniti. Almeno da ottobre questa politica si è materializzata nel cosiddetto Piano Generale per la bonifica della parte settentrionale di Gaza. Il Piano generale è il nome dato al documento di Giora Eiland, uno dei falchi fra i generali israeliani, che esorta l’IDF a espellere con la forza la popolazione del nord, quindi sigillare l’area trattando chiunque rimanga come obiettivo militare.

In effetti questo piano è la base per la violenta campagna di pulizia etnica dei molti che non sono in grado o non vogliono rispettare gli illegittimi ordini dell’IDF. Eiland, che ha approvato misure drastiche tra cui consentire o incoraggiare epidemie a Gaza come parte degli sforzi bellici di Israele, ha difeso il suo piano sulla stampa israeliana.

In Israele questo piano viene apertamente discusso come un progetto per la Striscia di Gaza settentrionale. Israele ha rassicurato privatamente le controparti statunitensi che questo non fosse il loro progetto, ma ha rifiutato di rinnegarlo pubblicamente.

Il compimento del piano è favorito dalle condizioni di carestia segnalate da FEWS Net.

Questa falsa disputa sui rapporti umanitari nel Nord è progettata per oscurare i fatti e spianare la strada al continuo attacco di Israele alla popolazione di Gaza. Come hanno confermato Amnesty, Human Rights Watch e numerosi rapporti, Israele ha dimostrato la chiara intenzione di commettere atti genocidi contro i palestinesi. Funzionari e media statunitensi sono serviti a coprire questo crimine.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)