Aziz Mustafa
14 gennaio 2025 – Middle East Monitor
Il rapporto dell’Ufficio Centrale di Statistica israeliano dell’inizio del nuovo anno, il 2025, sulla migrazione al contrario degli ebrei è stato come benzina sul fuoco dei conflitti politici in Israele, in quanto il desolante numero che compare sui titoli principali dei media israeliani ritrae il bilancio della migrazione al contrario degli ebrei fuori dallo Stato dell’occupazione [cioè Israele, ndt.]. Ben 82.000 sono stati tolti dai dati della popolazione, il che è una brutta notizia per i suoi circoli politici e della sicurezza.
Questo scioccante dato statistico si è immediatamente trasformato in una nuova discussione politica tra gli israeliani, aggiungendosi alla serie infinita di controversie politiche, soprattutto in quanto i dati disponibili indicano che questa emigrazione si è concentrata su professionisti, medici e tecnici a causa della loro disperazione nei confronti delle condizioni dello Stato.
Mentre i sostenitori della destra hanno sfruttato questi sconvolgenti dati per criticare quanti stanno emigrando dallo Stato, gli oppositori del governo li hanno utilizzati per attaccarlo. Il fenomeno della migrazione al contrario si è trasformato in un’ulteriore fonte di conflitto tra le due parti, aggiungendosi alla guerra su sette fronti combattuta dallo Stato dell’occupazione ed evidenzia il fatto che in esso la vita è diventata insopportabile.
Mentre gli israeliani sembrano affrettarsi a dissentire e divergere riguardo all’accuratezza di questi numeri e ad incolparsi a vicenda, è impossibile comprendere ciò che sta provocando il deciso aumento della migrazione al contrario, date le affermazioni degli israeliani che stanno emigrando fuori dallo Stato, secondo cui hanno perso fiducia in esso.
Allo stesso tempo questi dati confermano che esperti nei campi della tecnologia, dell’economia, della medicina e della cultura sono i principali esempi di quanti emigrano dallo Stato, perché non sono più in grado di trovare un posto in uno Stato che promuove leggi che limitano la libertà personale, reprimono la creatività e sopprimono la loro proprietà privata. Vale la pena notare che la migrazione al contrario di ebrei è iniziata durante il periodo delle proteste che hanno avuto luogo contro il colpo di stato giudiziario, con la guerra a Gaza che ha dato a molti di loro l’impressione che fosse tempo di andarsene.
Oltretutto l’ingiusta politica economica del governo di destra, l’opposizione degli haredi [ebrei ultraortodossi, ndt.] al servizio militare obbligatorio, le minacce contro la libertà delle istituzioni accademiche, gli attacchi contro la Corte Suprema, la continua guerra a Gaza e il fallito ritorno dei soldati rapiti hanno riportato i timori degli israeliani, la perdita di fiducia nello Stato e la loro paura che dovranno affrontare ulteriori difficoltà e non riusciranno a recuperarla in futuro.
Insieme ai mezzi di comunicazione che hanno riportato i dati sulla migrazione ebraica al contrario, negli ultimi mesi centri di ricerca israeliani hanno decisamente concentrato l’attenzione sulla crescente tendenza dei giovani ebrei istruiti a lasciare il Paese, cosa che potrebbe danneggiare l’economia e la struttura sociale. Le motivazioni che stanno dietro la partenza includono l’instabilità politica, la situazione economica, il costo della vita, le tensioni sociali e i timori di un colpo di stato giudiziario.
Ciò che preoccupa realmente Israele è l’età di questi emigranti, in quanto il 48% di essi ha tra i 20 e i 45 anni e il 27% è composto da bambini e adolescenti. La grande maggioranza ha meno di 45 anni e cerca una migliore qualità di vita a causa del peggioramento della situazione economica, dell’incremento del costo della vita e della difficoltà a trovare casa e lavoro, con un maggior livello di impossibilità di accesso a servizi pubblici di qualità.
Tra gli israeliani c’è una convinzione prevalente che le ripercussioni su Israele di questa emigrazione saranno molto serie, mentre il governo di destra si accontenta di attaccare il fenomeno con post “populisti” su internet, senza un’analisi in profondità e senza fornire soluzioni pratiche. Ciò perché in pratica questi emigranti hanno un ridotto senso di appartenenza allo Stato e alla sua cultura e il loro legame con esso è in declino a causa dello shock della guerra, della mancanza di fiducia nella dirigenza politica e della crisi economica.
Il crescente numero di israeliani che sono emigrati dallo Stato dell’occupazione adesso coincide con l’ondata di opinioni ostili contro l’occupazione che sta divampando nel mondo a causa dei suoi crimini contro il popolo palestinese. In seguito alle divisioni politiche e sociali a cui il Paese sta assistendo, il risultato immediato di questo fenomeno è un passaggio radicale al fatto che gli emigrati sono separati dal Paese, dalla famiglia, dagli amici e dai vicini e in qualche caso non c’è ritorno.
In conclusione, il fenomeno della migrazione al contrario degli ebrei da Israele rappresenta un fallimento morale dello Stato e un’esplicita dichiarazione del suo fallimento nel rafforzare i rapporti degli ebrei che arrivano da ogni parte del mondo in una terra occupata che non è la loro. Questo è un risultato prevedibile della crescente divisione sociale negli ultimi anni, della prevalenza di discorsi divisivi e incendiari e del consenso dello Stato che consente a forze estremiste fasciste di trascinare il resto degli israeliani in pericolosi conflitti interni che potrebbero distruggere ciò che rimane dell’impunità dello Stato.
(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)