Katherine Hearst
9 aprile 2025 – Middle East Eye
Un tribunale ammette le trascrizioni degli interrogatori dello Shin Bet come prova contro imputati legati alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa.
Gli avvocati italiani dei tre palestinesi accusati di terrorismo hanno denunciato violazioni del giusto processo dopo l’udienza preliminare a L’Aquila.
I tre uomini – Anan Kamal Afif Yaeesh, Mansour Doghmosh e Ali Irar – vivevano nel capoluogo abruzzese, a nord-est di Roma, al momento dell’arresto.
Sono accusati di aver costituito una cellula legata alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, gruppo armato associato a Fatah, il partito al governo nell’Autorità Palestinese. Le autorità sostengono che stessero pianificando attacchi “contro obiettivi civili e militari in territorio straniero”.
Le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa sono considerate organizzazione terroristica da Israele, UE e USA, e i capi d’accusa contro il trio prevedono pene fino a 15 anni di carcere.
Tuttavia, i legali degli imputati affermano che l’udienza preliminare – nella quale si determina l’ammissibilità delle prove – ha registrato gravi violazioni procedurali.
Segnalano che il tribunale ha respinto la richiesta di escludere le trascrizioni degli interrogatori di detenuti palestinesi condotti dal servizio segreto israeliano Shin Bet, nonostante un altro giudice le avesse già ritenute inammissibili.
La difesa ha dichiarato in un comunicato che tale decisione viola il diritto alla difesa, poiché i testimoni non possono essere controinterrogati dagli avvocati.
L’articolo 111 della Costituzione italiana stabilisce che “l’imputato ha diritto di interrogare o far interrogare i testimoni d’accusa e di ottenere la convocazione di persone a discarico nelle stesse condizioni dell’accusa”.
I legali hanno inoltre evidenziato che i detenuti palestinesi subiscono ripetuti maltrattamenti durante gli interrogatori delle forze israeliane, tra cui torture e diniego di assistenza legale, in violazione della legge italiana.
“Il tribunale ha fatto finta che non esistano problemi”, ha dichiarato a Middle East Eye l’avvocato Flavio Rossi Albertini. “I giudici hanno dimostrato di non voler far emergere alcun elemento processuale che porti a valutazioni sfavorevoli a Israele”.
Testimoni respinti
Il tribunale ha inoltre respinto 46 dei 49 testimoni proposti dalla difesa, inclusi la relatrice speciale ONU Francesca Albanese, esperti di diritto umanitario internazionale, operatori umanitari e volontari attivi in Cisgiordania occupata.
Gli unici tre testimoni ammessi riguardavano un solo imputato: un volontario italiano, la moglie dell’accusato e un consulente linguistico, negando così ogni possibilità di difesa agli altri due.
I difensori hanno sottolineato che l’unica testimonianza sulla situazione in Cisgiordania è fornita dalla Digos, l’unità antiterrorismo della polizia italiana.
Secondo Albertini ciò oscurerà il contesto cruciale dell’occupazione israeliana nella Cisgiordania occupata, dove i coloni, protetti dall’esercito, compiono spesso attacchi contro i palestinesi.
Gli insediamenti israeliani nei territori occupati sono illegali secondo il diritto internazionale, ma i civili israeliani che vi risiedono non perdono le tutele previste dalle leggi di guerra. Tuttavia, quando partecipano attivamente alle ostilità, perdono l’immunità e diventano obiettivi militari legittimi.
“Il tribunale crede di poter giudicare i palestinesi per atti commessi in Cisgiordania attraverso testimonianze della polizia italiana”, ha affermato. “Parliamo di una piccola città abruzzese, a 100 km da Roma tra le montagne. Secondo i giudici, solo la polizia locale sarebbe in grado di descrivere ciò che accade in Cisgiordania”.
Albertini ha definito le decisioni del tribunale senza precedenti nella sua esperienza legale: “Non avevo mai visto un tribunale respingere le prove della difesa, né ammettere prove prodotte in un altro paese”.
Secondo l’avvocato, è improbabile che gli imputati siano estradati se condannati. A marzo una corte d’appello italiana ha respinto la richiesta israeliana di estradare Yaeesh, sostenendo che avrebbe subito “atti contrari ai diritti umani”.
(traduzione dall’inglese di Giacomo Coggiola)