Testimone del bombardamento ad una tenda dei giornalisti: “Abbiamo fatto di tutto per salvare Mansour”

Un funerale il 7 aprile a Khan Younis Foto: Reuters/Hatem Khaled
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Ahmed Aziz a Khan Younis, Palestina occupata

8 aprile 2025Middle East Eye

Ahmed Aziz, collaboratore di MEE, si trovava accanto alla tenda presa di mira. Ricorda una scena di caos e confusione, mentre le fiamme avvolgevano i giornalisti all’interno

Nota dell’editore: Il seguente racconto personale del giornalista palestinese e collaboratore di MEE Ahmed Aziz, che si trovava a Khan Younis sulla scena dell’attacco israeliano a una tenda di giornalisti, è stato riferito a Lubna Masarwa [giornalista del MEE, ndt.]. È stato modificato per brevità e chiarezza.

Intorno a mezzanotte mentre ci trovavamo nella tendopoli un bombardamento ha colpito una delle tende. All’interno c’erano i giornalisti Hassan Islayeh e Ahmed Mansour; Mansour stava svolgendo il turno di notte come redattore di Palestine Today.

In quel momento il giornalista Hilmi al-Faqawi, che lavora nei social media per Palestine Today, stava dormendo. Il suo telefono è stato colpito in pieno da una bomba.

Islayeh è uscito, ma è stato colpito al volto da una scheggia e le dita della mano destra sono state tranciate. Contemporaneamente le schegge hanno colpito Faqawi al torace, allo stomaco e al volto.

Vista la situazione, abbiamo cercato di spegnere il fuoco intenso nella tenda, alimentato anche dal materiale infiammabile di nylon e spugna.

Un altro frammento di scheggia ha colpito la tenda di fronte a noi, appartenente a Russia Today (RT). Ha colpito una bombola di gas. Sebbene la bombola fosse vuota, il gas rimasto al suo interno ha creato un’atmosfera nebbiosa.

A causa della nebbia abbiamo cercato di svegliare gli uomini e di controllare le loro condizioni. Il nostro collega Ehab al-Bourdaineh è stato colpito da una scheggia alla nuca, fuoriuscita lateralmente in corrispondenza dell’occhio destro. Lavora come fotografo per RT.

Era presente anche Yousef al-Khazindar, che spesso dorme dove alloggiano i giornalisti. Altri di loro, tra cui Abdullah al-Attar, sono stati colpiti da schegge alla milza e hanno iniziato a sanguinare copiosamente. Mohammed Fayeq è stato colpito alla mano sinistra.

Gli uomini hanno fatto tutto il possibile per sottrarre Mansour alle fiamme, ma le condizioni erano impossibili. Hanno cercato disperatamente di salvarlo, ma non è stato possibile.

Situazione critica

Ne è seguito il caos, in parte a causa della stanchezza accumulata nel documentare il massacro di Naffar a Khan Younis, dove quel giorno erano state uccise nove persone.

Questo ha lasciato gli uomini confusi, e faticavano a comprendere cosa stesse accadendo. Si sono perfino dimenticati come prestare il primo soccorso e non sapevano cosa fare.

Hanno iniziato a trasportare i feriti all’ospedale Nasser a piedi, dato che era nelle vicinanze.

Una volta arrivati ​​all’ospedale è diventato chiaro chi fosse in condizioni critiche.

Bourdaineh è ancora in terapia intensiva e le sue condizioni rimangono gravi.

Islayeh, un importante giornalista di Gaza, ha riportato gravi ferite. Ha subito l’amputazione della mano destra e presenta ferite da schegge al capo e alla gamba.

Mansour, rimasto ustionato, era inizialmente ricoverato in condizioni critiche nel reparto ustionati. Martedì è morto a causa delle ferite.

Sogni infranti

Lunedì abbiamo celebrato il funerale di Faqawi, che lavorava nei social media per Palestine Today.

Erano passati solo pochi giorni da quando aveva deciso di unirsi a me per documentare i cortei funebri e realizzare interviste.

Era tanto orgoglioso di sé per aver girato un video diventato virale solo il giorno dopo.

“Ho meno esperienza di te, ma diventerò più famoso”, mi ha detto con vanto.

Mi diceva che voleva “lavorare, lavorare e lavorare” e che sognava di farlo per un’agenzia di stampa internazionale.

Mansour, che ho conosciuto il 10 ottobre 2023, tre giorni dopo l’inizio della guerra, aveva una figlia e un figlio, Wissam, che andava a trovare ogni giorno nel quartiere di al-Amal.

Ospitava a casa sua molti dei suoi parenti sfollati.

Durante i primi tre mesi di guerra abbiamo lavorato insieme per lunghe ore, a volte trascorrendo 13 ore al giorno nello stesso posto, e sopportando la fame insieme.

Era gentile, dolce e sempre disponibile.

Era un bell’uomo che si prendeva sempre cura di sé. Si curava sempre la barba e si vestiva in modo ordinato.

Se fosse sopravvissuto, non avrebbe potuto convivere con la gravità delle sue ustioni. È stato straziante vederlo in ospedale.

È duro osservare la bicicletta che usava e la tenda dove alloggiava.

In loro memoria

Sono esausto. È passato più di un anno e mezzo. Non avrei mai immaginato che la mia carriera giornalistica sarebbe stata così.

Ho perso così tanti amici e colleghi, persone che conoscevo da oltre 10 anni.

Ora evito di stare nelle tende dei giornalisti. Evito di fare due chiacchiere con i colleghi intorno a me perché non sopporto il pensiero di perdere un altro amico.

La gente non può nemmeno immaginare cosa stiamo attraversando, bombardamenti e perdite quotidiane.

Non sono d’acciaio. Sono a pezzi dentro.

Lavoro ogni giorno solo per evitare di stare a casa, perché mi distruggerebbe.

Preferirei essere martirizzato sul campo.

Anche se sono ferito non posso smettere di lavorare. Per i miei colleghi e in loro memoria.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)