Queste sono le tue possibilità se sei un orfano palestinese a Gaza

Una madre con un bambino in cerca di un luogo "sicuro" al riparo dai bombardamenti. Foto: AFP/Bashar Taleb
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Rajaa Natour

8 aprile 2025 – Haaretz

“Questo povero bambino ha perso il diritto di crescere con la sua famiglia”, dice la zia di Osama Al-Krinawi, di dieci mesi. Osama è uno delle migliaia di bambini palestinesi rimasti orfani a causa della guerra.

È nato nel dicembre 2023 da Mohammed e Alham dopo 16 anni di matrimonio. Dieci giorni dopo suo padre è stato ucciso, insieme al nonno e allo zio, in un attacco israeliano alla loro casa a Gaza. Lui e sua madre sono stati tirati fuori dalle macerie. Sua madre è fuggita a Deir Al-Balah in cerca di un rifugio, ma è stata uccisa insieme a decine di altre persone quando la casa in cui alloggiava è stata bombardata.

Fortunatamente per il piccolo Osama, dopo la perdita dei genitori, del nonno e dello zio, altri parenti ancora in vita lo hanno preso con sé salvandolo così dalla morte, dalla fame, dallo sfruttamento e dal traffico di minori. Ma questo non è certamente il destino di tutti i bambini di Gaza rimasti orfani o separati dai genitori.

Sebbene sia molto difficile verificare le informazioni nell’attuale situazione di guerra a Gaza, secondo Save the Children il numero di bambini “perduti”cioè separati dai genitori o di cui non si hanno più notizie (escludendo i morti sotto le macerie) – è di circa 17.000.

Gaza non è, come molti sostengono, solo un cimitero per i bambini palestinesi ma è anche un inferno per quelli sopravvissuti. Immaginate 17.000 bambini palestinesi che vagano tra le rovine e i cadaveri, esposti a ogni tipo di violenza e sfruttamento. Quindi se sei un bambino palestinese, e non ti trovi da un anno sotto le macerie e non sei considerato disperso o non stai vagando tra le rovine o non hai miracolosamente raggiunto uno degli orfanotrofi di Gaza non bombardati, ti trovi di fronte a tre scelte, una peggiore dell’altra.

Nel primo scenario, ti trovi insieme a dei parenti, che ti accolgono e proteggono, ma sono comunque degli estranei il cui impegno a mantenerti e proteggerti dipende fortemente dalle loro risorse. Dopotutto ti tengono con loro perché non hanno scelta, e stanno lottando per sfamare i propri figli. Quindi costituisci un peso imprevisto.

Nel secondo scenario, scappi e trovi rifugio in uno dei soli quattro orfanotrofi non ancora bombardati, divenuti riparo per migliaia di rifugiati palestinesi, dove ti unisci ai 33.000 bambini palestinesi orfani che vivevano lì prima della guerra. In entrambe le situazioni, sei un bambino palestinese all’interno di una comunità di persone che non conosci, in un ambiente con codici sociali ed equilibri di potere cambiati in modo irriconoscibile.

L’amore incondizionato, la cura e la protezione che ricevevi dal tuo nucleo familiare prima di questa guerra si trasformano in un “favore” che altri parenti e sconosciuti ti offrono, non esattamente per un profondo obbligo umano e morale. Inoltre, la tua sicurezza, la tua vita, la tua sopravvivenza e quella dei tuoi fratelli dipendono da sconosciuti che a loro volta affrontano una continua lotta per la sopravvivenza, mentre tu, senza stretti legami di sangue, non sei la loro priorità. Dopotutto, ognuno ha più bocche da sfamare.

Queste dinamiche, unite a solitudine, alienazione e necessità di sopravvivere, costringono i bambini palestinesi a mendicare cibo, riparo e protezione da sconosciuti. All’ombra della totale distruzione del tessuto sociale, questo è un periodo di vulnerabilità, umiliazione e sfruttamento.

Nel terzo scenario, se hai superato la prima infanzia, rischi di ritrovarti tra centinaia di palestinesi arrestati dall’esercito israeliano. Sì, per chi non lo sapesse, l’esercito israeliano fa irruzione in case e rifugi, arresta decine e persino centinaia di uomini sospettati di avere legami con Hamas e costringe le loro famiglie a trasferirsi in altre zone di Gaza. Ciò ha come risultato famiglie divise e, spesso, bambini perduti.

Lo dimostra la scomparsa di Massa Ajour, una bambina di quattro anni ferita dai soldati israeliani e separata dalla madre. La madre di Massa, Rim Ajour, ha visto la figlia e il marito per l’ultima volta nel marzo 2024, durante un raid nel nord di Gaza. Da allora sono passati dieci mesi e non conosce il loro destino. L’esercito nega qualsiasi collegamento tra l’incidente e l’arresto. Il Centro per la Difesa dell’Individuo HaMoked afferma che questo è solo uno delle migliaia di casi di palestinesi scomparsi ai sensi della legge sull’incarcerazione dei combattenti illegali.

“Sono viva e morta nel contempo”, ha dichiarato Rim Ajour in un’intervista. È importante notare, sulla base delle informazioni fornite da HaMoked, che rappresenta alcune delle famiglie scomparse, che il caso della famiglia Ajour è uno delle migliaia di casi di adulti e bambini palestinesi scomparsi durante la guerra.

La direttrice esecutiva di HaMoked, Jessica Montell, ha affermato che non si è mai verificato un caso di sparizioni di massa di questo tipo in cui le famiglie non abbiano ricevuto alcuna informazione per settimane. Ha aggiunto che HaMoked ha chiesto informazioni su 900 persone scomparse che, a sua conoscenza, sono sotto la giurisdizione israeliana. L’esercito ha confermato di detenere solo 500 prigionieri. Che fine hanno fatto le altre 400 persone? Nessuno lo sa.

Nemmeno le petizioni all’Alta Corte di Giustizia sono state d’aiuto. Una petizione presentata da HaMoked sulla questione è stata respinta senza che venissero nemmeno presi in esame i mezzi per impedire il ripetersi di casi simili in futuro. Le famiglie non sanno se i loro cari siano detenuti o morti.

Chiedo quindi perdono e misericordia ai bambini di Gaza perché, a quanto pare, esiste un quarto scenario. In questo alcuni giudici dell’Alta Corte si rifiutano di intervenire e costringere l’esercito israeliano a fornire risposte a migliaia di famiglie palestinesi che vivono nell’incertezza da oltre un anno.

Nel quarto scenario esiste un intero sistema israeliano, legale e ben rodato, che consente la perpetrazione di crimini di guerra e pulizia etnica a Gaza, e potrebbe persino esserne complice proprio per il suo rifiuto di fornire risposte.

E quel che è ancora peggio è che in questo scenario l’Alta Corte e alcuni dei suoi giudici, consapevoli che in tempo di guerra la famiglia e la comunità possono salvare la vita dei bambini palestinesi, sono complici della politica di distruzione sistematica del tessuto sociale palestinese. In questo scenario, se sei un bambino palestinese sei un subumano e la tua vita non vale nemmeno un’udienza presso l’Alta Corte. La tua famiglia non ha il diritto di ricevere risposte e ottenere giustizia, e tu non hai alcuna possibilità di sopravvivere.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)