Boicottaggio Eurovisione in Israele

Netta e Miri Regev
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Artisti internazionali invocano il boicottaggio di “Eurovisione” in Israele

The Electronic Intifada

Ali Abunimah – 7 settembre 2018

 

Più di 140 importanti artisti internazionali hanno appoggiato la richiesta palestinese di boicottare il “Concorso Canoro Eurovisione” del prossimo anno se verrà ospitato in Israele.

Nel contempo sono emerse ulteriori prove della manipolazione da parte di Israele della competizione del 2018, e gli organizzatori dell’Eurovisione hanno chiesto che, come Paese ospitante del prossimo anno, Israele garantisca la libertà di espressione e di movimento.

“Eurovisione 2019” dovrebbe essere boicottata se verrà ospitata da Israele, finché continua con le sue gravi e decennali violazioni dei diritti umani dei palestinesi,” affermano gli artisti in una lettera pubblicata venerdì da “The Guardian” [giornale inglese di centro sinistra, ndtr.].

La lettera si riferisce a come Israele solo il 14 maggio ha massacrato più di 60 palestinesi a Gaza, due giorni dopo che Netta Barzilai aveva vinto l’Eurovisione 2018, garantendo ad Israele il diritto di ospitare l’edizione del prossimo anno della rinomata competizione.

Tra i firmatari ci sono gli ex partecipanti all’Eurovisione di vari Paesi, compresi Charlie McGettigan, che vinse il concorso canoro per l’Irlanda nel 1994, e i finalisti finlandesi di Eurovisione Kaija Kärkinen (1991) e Kyösti Laihi (1988).

Vi sono anche il compositore Brian Eno, i commediografi Eve Ensler e Caryl Churchill, i registi Mike Leigh e Ken Loach e l’attore di Arrested Development [“Ti presento i miei”, serie televisiva USA trasmessa anche in Italia, ndtr.]  Alia Shawkat. Molti dei firmatari sono musicisti, tra cui Moddi dalla Norvegia, Nick Seymour del gruppo australiano “Crowded House” e il cantautore catalano Lluís Llach.

Altri sostenitori dell’appello sono il direttore del teatro nazionale portoghese Tiago Rodrigues, l’attore, cantante e commediografo italiano Moni Ovadia e l’artista comico francese Tardi. Il PACBI, la Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele, ha accolto con favore la dichiarazione degli artisti. Ha anche sottolineato che l’“Unione Europea della Radiodiffusione”, l’ente internazionale che produce l’Eurovisione, negli scorsi giorni ha “chiesto che Israele rispetti la libertà di espressione e di movimento come condizione per ospitare il concorso.”

Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, l’“Unione Europea della Radiodiffusione” ha chiesto al governo del primo ministro Benjamin Netanyahu garanzie scritte che “ai visitatori di Israele sia consentito di viaggiare ovunque senza restrizioni indipendentemente dalle loro opinioni politiche o dal loro orientamento sessuale, e che Kan (la radiodiffusione pubblica israeliana) abbia la completa libertà di montare la trasmissione.”

“Le condizioni riguardanti la libertà di movimento e di espressione sono poste solo a Paesi in cui ci sono preoccupazioni a questo proposito,” ha informato Haaretz.

Gilad Erdan, il ministro israeliano degli Affari Strategici, che ha sistematicamente bloccato l’ingresso nei territori controllati da Israele di attivisti solidali con i palestinesi o critici nei confronti delle violazioni israeliane dei diritti umani, ha chiesto che Netanyahu rifiuti queste condizioni.

“Non capisco in base a quale diritto l’‘Unione Europea della Radiodiffusione’ abbia l’audacia di arrivare e fare simili richieste e domande, contrarie alle leggi di uno Stato democratico, che a una persona debba essere consentito l’ingresso in Israele anche se lavora giorno e notte per danneggiare Israele in modo da boicottarlo e isolarlo,” ha affermato Erdan.

Altri ministri hanno insistito che nessuna prova di Eurovisione si tenga durante il sabato ebraico, una condizione che renderebbe praticamente impossibile lo svolgimento della competizione.

Funzionari pubblici israeliani incaricati di lottare contro il movimento internazionale di solidarietà con la Palestina vedono il fatto di ospitare l’Eurovisione come un “progetto nazionale” e il governo sta spendendo milioni di dollari per organizzare un evento che sperano contribuirà a ripulire l’immagine di Israele, soprattutto in seguito ai recenti massacri di manifestanti della “Grande Marcia del Ritorno” a Gaza.

Fonti ufficiali dell’Eurovisione hanno in precedenza espresso preoccupazione per i tentativi di Israele di utilizzare la competizione canora come parte della sua campagna di propaganda internazionale, compresa l’insistenza iniziale affinché si tenga a Gerusalemme.

Ma Israele ha rinunciato a questa richiesta in giugno, ed ha affermato che Gerusalemme sarebbe solo una delle varie possibili sedi, comprese Tel Aviv, Haifa e Eilat.

Con le possibilità a quanto sembra limitate a Gerusalemme e Tel Aviv, l’annuncio della città ospitante è atteso da un momento all’altro.

“Capiamo che l’“Unione Europea della Radiodiffusione” chieda che Israele trovi un luogo ‘non divisivo’ per l’Eurovisione 2019,” affermano gli artisti nella loro lettera su “The Guardian” – un riferimento a quanto Tel Aviv sia vista dai responsabili di Eurovisione come una sede meno discutibile di Gerusalemme.

Ma gli artisti affermano che l’“Unione Europea della Radiodiffusione” “dovrebbe annullare del tutto il fatto che sia Israele ad ospitare la competizione e spostarla in un altro Paese con migliori risultati in termini di diritti umani. L’ingiustizia divide, mentre il perseguimento della dignità e dei diritti umani unisce.”

 

La campagna israeliana di condizionamento

Nel contempo, è emersa un’ulteriore prova dei tentativi israeliani di influenzare il voto nel concorso del 2018 per contribuire a garantire la vittoria di Netta Barzilai.

Il 13 maggio, in giorno dopo la competizione del 2018, i gestori dell’applicazione Act.IL [per prodotti della Apple, ndtr.] hanno inviato un messaggio ai sostenitori rivendicando il merito di aver raggiunto “centinaia di migliaia di votanti che hanno appoggiato Netta portandola ad una bella vittoria.”

Di recente “The Electronic Intifada” ha ottenuto una copia dell’email.

L’ applicazione Act.IL sostenuta dal governo israeliano è utilizzata per lanciare false campagne di massa sui media sociali – una strategia nota come “astroturfing” – perché sembri che Israele abbia un maggiore appoggio dell’opinione pubblica di quanta ne ha in realtà.

“L’ applicazione Act.IL è un prodotto della collaborazione tra centri studi israeliani, gruppi lobbistici e il ministero degli Affari Strategici, che ha investito quasi 600.000 dollari nel progetto,” ha informato in maggio “The Electronic Intifada”.

Act.IL si è vantato di aver intrapreso la sua campagna per influenzare l’Eurovisione in collaborazione con gruppi antipalestinesi quali “StandWithUS” [organizzazione californiana antimusulmana e filoisraeliana, ndtr.] e il “Consiglio Israelo-Americano” [gruppo americano filoisraeliano, ndtr.], e con un account sulle reti sociali che si chiama come, ma a quanto pare non legato a, la nota agenzia israeliana di spionaggio e assassinii “Mossad”.

Israele ha utilizzato l’applicazione Act.IL anche per cercare di manipolare sondaggi di opinione riguardo a se dovesse essere boicottata l’Eurovisione in Israele.

Tra gli altri, Act.IL sostiene che il suo tentativo è stato “alimentato” dal “Consiglio Israelo-Americano”, il gruppo lobbistico diretto e foraggiato dal finanziere filoisraeliano condannato per evasione fiscale Adam Milstein.

Lo scorso mese “The Electronic Intifada” ha rivelato con un’esclusiva che Milstein viene nominato in un documentario di Al Jazeera censurato come il principale finanziatore di “Canary Mission”, un sito informatico anonimo che calunnia e perseguita studenti e docenti che sostengono i diritti dei palestinesi.

Una campagna sostenuta da un governo per influenzare il voto popolare dell’Eurovisione per fini politici di uno Stato reietto è chiaramente scorretta e contrasta con lo spirito della competizione, le cui norme vietano ai partecipanti di promuovere alcuna causa politica o di fare discorsi o gesti politici.

L’“Unione Europea della Radiodiffusione” non ha risposto a una richiesta di informazioni da parte di “The Electronic Intifada”.

 

(traduzione di Amedeo Rossi)