La polizia israeliana sottopone a retate centinaia di palestinesi per “regolare i conti” attraverso un’ondata di arresti di massa

Intervento della polizia a Sheikh Jarrah il 6 maggio durante le proteste contro la pulizia etnica JAMAL AWAD/ APA IMAGES
image_pdfimage_print

Yumna Patel

24 maggio 2021 – Mondoweiss

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Dopo due settimane di rivolte palestinesi contro le aggressioni israeliane a Gerusalemme, Sheikh Jarrah e Gaza le forze israeliane stanno portando avanti retate di massa di palestinesi all’interno di Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, nel quadro di quella che la polizia israeliana chiama “Operazione Legalità e Ordine”.

Poco dopo la mezzanotte di lunedì la polizia israeliana ha annunciato l’intenzione di “lanciare un’ampia operazione di arresti in tutto il Paese”, prendendo di mira nelle successive 48 ore i cittadini palestinesi di Israele al fine di “regolare i conti” e “chiudere i conti”.

I siti dei media israeliani in lingua ebraica hanno riferito che l’operazione è stata approvata dal ministro della sicurezza interna israeliano Amir Ohana e dal commissario di polizia generale Kobi Shabtai, il secondo dei quali ha incaricato migliaia di poliziotti attivi e riservisti di raggiungere l’obiettivo di 500 palestinesi sotto arresto.

Ynet news [sito di notizie del quotidiano Yedioth Ahronot, ndtr.] ha riferito che “pochi giorni dopo essersi ripresa, soprattutto dal trauma di Lod (Lydd)”, la polizia israeliana si sarebbe resa conto che la sua politica di “deterrenza” era stata “gravemente compromessa”.

Nelle prime ore di lunedì mattina hanno iniziato ad affiorare sui social media dei video in cui la polizia israeliana ammanettava, bendava e arrestava i palestinesi nelle strade di Lydd (Lod), una città storicamente palestinese nel centro di Israele che due settimane fa è stata teatro di massicce proteste palestinesi, dopo che un colono israeliano aveva sparato a Moussa Hassouna, un abitante di Lydd, uccidendolo.

Ynet riporta che la polizia ha già preparato denunce circostanziate nei confronti dei palestinesi arrestati, “con prove che consentiranno di presentare rapidamente imputazioni“, aggiungendo che l’ufficio del procuratore di Stato israeliano ha già presentato nei vari distretti più di 140 accuse contro circa 230 imputati, arabi ed ebrei, alcuni dei quali minorenni, per vari reati nel quadro delle sommosse”.

Mentre la polizia israeliana ha affermato che l’operazione era diretta contro i palestinesi “identificati come facenti parte di organizzazioni criminali”, attivisti e organizzazioni palestinesi a favore dei diritti umani hanno protestato nei confronti delle autorità israeliane per quella che definiscono una “chiara punizione collettiva” e un evidente tentativo di punire e reprimere coloro che hanno partecipato alle proteste come parte della “rivolta collettiva”.

“La massiccia campagna di arresti annunciata dalla polizia israeliana la scorsa notte è un’aggressione militarizzata contro i cittadini palestinesi di Israele”, ha dichiarato il dott. Hassan Jabareen, direttore generale di Adalah – Il centro giuridico per i diritti della minoranza araba in Israele.

Questa è una guerra contro manifestanti, attivisti politici e minori palestinesi, che impiega massicce forze di polizia israeliane per fare irruzione nelle case dei cittadini palestinesi. Questi raid hanno lo scopo di intimidire e vendicarsi dei cittadini palestinesi di Israele – “per regolare i conti” con i palestinesi, secondo le stesse parole della polizia israeliana – per le loro posizioni e attività politiche,” ha detto Jabareen.

Un sistema per i palestinesi, un altro per gli ebrei

Tuttavia, la campagna di arresti di lunedì non si è limitata ai cittadini palestinesi di Israele, in quanto delle informazioni da parte di organizzazioni per i diritti dei palestinesi come Grassroots Jerusalem riportano che lunedì mattina sono stati arrestati almeno 15 palestinesi di Gerusalemme.

I media locali palestinesi hanno anche riferito dello svolgersi nel corso delle ultime settimane di estesi raid notturni nella Cisgiordania occupata, con soldati israeliani che hanno preso di mira attivisti, giornalisti e giovani palestinesi che hanno partecipato alle recenti proteste nel territorio.

In un rapporto pubblicato lunedì l’organizzazione per i diritti dei prigionieri palestinesi Addameer ha sottolineato che da aprile in Cisgiordania, Gerusalemme e nella Palestina storica almeno 1.800 palestinesi sono stati arrestati e/o detenuti.

Per quanto riguarda coloro che sono stati arrestati e vittime delle retate nelle settimane precedenti la campagna di lunedì, molti palestinesi in luoghi come Gerusalemme stanno affrontando divieti arbitrari di entrare nei loro luoghi santi e sono costretti a pagare migliaia di dollari su cauzione.

Addameer sottolinea che, mentre l’arresto arbitrario di palestinesi che partecipano alle proteste e alla vita politica palestinese è una pratica comune per Israele, la più recente escalation della violenza di Stato israeliana “si è notevolmente intensificata nel suo intento di repressione generale e punizione collettiva verso tutti coloro che partecipano alla protesta, coloro che agiscono per legittima difesa, e tanti altri.”

L’organizzazione ha sottolineato il fatto che, mentre molti palestinesi, in particolare quelli che vivono in Israele, vengono braccati e incriminati con l’accusa di “istigazione” e violenza di matrice razzista contro gli ebrei, alla violenza dei coloni israeliani è “offerta immunità e protezione”, nonostante la diffusa documentazione di folle israeliane che in luoghi come Gerusalemme, Haifa, Jaffa e Akka cantano “morte agli arabi” e prendono di mira i palestinesi e le loro proprietà, spesso in presenza della polizia.

I media israeliani hanno diffusamente parlato del caso di tre ebrei israeliani incriminati con l’accusa di “terrorismo” per la loro partecipazione al linciaggio di un uomo palestinese, il 33enne Said Moussa, nella città di Beit Yam, nella zona centrale di Israele.

Il linciaggio di Moussa è stato trasmesso in diretta dalla televisione israeliana, mentre la folla ebrea israeliana lo tirava fuori dalla sua auto e lo picchiava a morte, pare in presenza delle forze dell’ordine israeliane.

Haaretz ha riportato che prima del linciaggio di Moussa, dozzine di attivisti di destra hanno marciato in città e hanno attaccato un certo numero di attività commerciali di proprietà araba. I rivoltosi hanno rotto finestre, lanciato oggetti e cantato slogan razzisti.”

Nel suo articolo Haaretz cita un alto funzionario di polizia che ha affermato che “si pensava che avrebbero partecipato alcune decine di persone, ma in realtà ne sono accorse 300″.

Nonostante la documentazione sui media e sulle reti sociali e l’ammissione da parte della polizia che centinaia di ebrei israeliani hanno preso parte a questi assalti, non esistono tuttavia prove che suggeriscano che le centinaia di ebrei israeliani siano state ugualmente sottoposte a retate con massicce campagne di arresti come quelle che attualmente prendono di mira i palestinesi.

Addameer afferma che l’esistenza di due diversi sistemi giuridici per gruppi che vivono nella stessa area, evidenziata dall’escalation degli eventi recenti, sancisce chiaramente il regime di apartheid israeliano, sia a Gerusalemme e nei territori occupati del 1948 [cioè in Israele, ndtr.], sia in Cisgiordania sotto il regime militare”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)