Yasmin Abusayma
10 febbraio 2023 – The Electronic Intifada
Rami Bulbul si è laureato nel 2021 in Scienze della comunicazione e media presso l’University College of Applied Sciences di Gaza risultando il migliore del suo corso.
Come molti laureati il ventiquattrenne sogna una vita migliore e come la maggioranza degli abitanti di Gaza ha ridimensionato i suoi sogni data la situazione che vive nella morsa dell’assedio israeliano che per oltre 15 anni ne ha distrutto l’economia.
Ma anche cosi è scioccato dal comportamento di alcune aziende a Gaza che, dice, hanno sfruttato al massimo la disponibilità di tantissimi laureati disoccupati fra cui scegliere stagisti senza pagarli.
“Ho fatto il volontario in due agenzie lavorando di media dalle 9 del mattino alle 9 di sera e senza ricevere alcunché in cambio e anche se le aziende avevano delle opportunità lavorative noi eravamo esclusi dal processo di assunzione.”
Lo stage, o lavoro volontario, come si chiama talvolta a Gaza, è diventato sempre più comune. Le aziende sono senza soldi proprio come i lavoratori, e si dice che il volontariato avvantaggi entrambi: aiuta la comunità in termini di formazione, sostegno psicologico, persino ospitalità per alcuni, e copre posti vacanti che le imprese non riuscirebbero altrimenti a pagare.
Bulbul non è d’accordo e vuole leggi per impedire che le aziende se ne approfittino.
Lui ha fatto uno stage con una compagnia mediatica che non vuole nominare proprio per fare un tirocinio sul posto di lavoro e capire le sfide davanti alle quali potrebbe trovarsi nella sua carriera in futuro.
Ma durante l’attacco del 2021 contro la Striscia di Gaza il palazzo in cui l’agenzia aveva i propri uffici è stato bombardato e completamente distrutto. Con la pandemia del COVID-19 e il generale malessere economico la ditta non ha più riaperto e Bulbul ha perso il lavoro con altri 14 che facevano anche loro parte del gruppo di volontari.
“Eravamo 15 stagisti che stavano imparando il mestiere e le sfide che i giornalisti devono affrontare. Nessuno di noi ha chiesto qualcosa.”
Ciò non ha impedito alla ditta di inserirli fra i dipendenti per garantirsi i risarcimenti da parte delle autorità. I soldi, mille dollari ciascuno, sono comunque andati direttamente agli stagisti.
“Il manager che ci aveva assunto ha cominciato a minacciarci e continuava a chiederci i soldi,” dice Bulbul a The Electronic Intifada.
Comunque nessuno degli ex stagisti l’ha fatto. Nessuno di loro aveva mai ottenuto nulla dall’azienda.
“Avevamo chiesto rimborsi per i trasporti, una paghetta o almeno l’opportunità di lavorare per la ditta in futuro. Non abbiamo ottenuto nulla.”
Bulbul dice che, anche se i volontari non vogliono soldi ma solo aiutare le loro comunità, le ditte dovrebbero almeno dimostrare un apprezzamento offrendo un ambiente di lavoro sicuro che garantisca i diritti dei volontari.
Lui sta cercando di ottenere delle sanzioni contro quelli che sfruttano i laureati. Le aziende dovrebbero come minimo rimborsare le spese e trattare le persone con un minimo di dignità.
“Abbiamo bisogno di normative e di essere protetti dalle leggi,” continua Bulbul, ora uno stagista pagato dall’UNRWA, l’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi. “Il ministero del lavoro è responsabile delle violazioni dei manager incaricati delle assunzioni. I volontari non dovrebbero essere sfruttati solo perché hanno bisogno di un lavoro.”
È necessaria una riforma legislativa
Secondo l’ufficio centrale di statistica palestinese il tasso di disoccupazione dei giovani laureati fra i 19 e i 29 anni con una laurea breve o di grado più elevato è di poco inferiore al 50% nella Cisgiordania occupata e a Gaza.
Ma questa cifra nasconde la reale situazione di Gaza, dove la disoccupazione giovanile fra laureati è di oltre il 70%.
Wala Jonina ha conseguito una laurea in media digitali presso l’University College of Applied Sciences e fa la stagista dal 2019.
Eppure fino ad ora non ha ancora ricevuto un’offerta di lavoro nonostante l’importante esperienza che ha maturato nel corso degli anni.
“Ho fatto il tirocinio in un’azienda di comunicazioni lavorando dalle 8 alle 4,” dice la trentaduenne con due figli a The Electronic Intifada. “Credevo veramente che lavorando duro i miei sforzi sarebbero stati ricompensati.”
Tutto invano, continua, scoprendo invece di essere stata facile preda di sfruttamento in tempi difficili.
“Il manager mi incolpava di tutti gli errori. Talvolta dovevo lavorare da casa per finire tutti i miei incarichi. Una volta che ho chiesto un periodo di ferie mi ha detto che sarebbe stato sufficiente un giorno perché erano sotto pressione.”
Jonina è particolarmente delusa perché non ha potuto mantenere una promessa fatta al padre che con il suo magro stipendio di operaio l’aveva mantenuta all’università.
“Gli avevo promesso che una volta laureata l’avrei ripagato e sostenuto economicamente. Sfortunatamente non posso.”
Ciononostante non ha rinunciato al suo sogno di aprire un’attività in proprio.
“Non voglio più essere sfruttata e vorrei smettere di preoccuparmi per il mio futuro, essere indipendente e avere una vita decente.”
Alcuni invocano un cambiamento delle leggi sul lavoro.
L’avvocato Muhammad Abu Dayyah afferma che la legislazione palestinese sul lavoro non contiene alcuna norma in materia e dice a The Electronic Intifada che il suo studio legale, Alsalah, riceve regolarmente denunce da stagisti e volontari.
“Sarebbe estremamente consigliabile considerare il volontariato come una promessa di una futura assunzione. Noi riceviamo molte proteste riguardo a società che sfruttano giovani laureati senza offrire neppure un contratto lavorativo alla scadenza del volontariato.”
Abu Dayyah suggerisce che la legge dovrebbe regolare gli obblighi delle aziende che assumono stagisti per porre fine a pratiche di sfruttamento.
Un lavoro dignitoso
Ahmad, 28 anni, ha un master in gestione aziendale ma non è riuscito a trovare un lavoro retribuito.
Per oltre tre anni ha invece fatto lo stagista come assistente amministrativo per varie imprese, senza risultato.
“Qui a Gaza non abbiamo un futuro,” dice Ahmad che non ha voluto dare il suo vero nome per questo articolo. “Talvolta penso di emigrare in un posto dove trovare un lavoro che mi permetta di conservare la mia dignità.”
Ahmad crede che il settore del volontariato stia diventando una trappola per molti laureati e pensa inoltre che ci sia un problema in un sistema educativo che non include esperienze lavorative come parte dei requisiti per laurearsi.
“Siamo sfruttati con la scusa che non abbiamo esperienza, eppure, anche dopo essermela fatta, il manager dell’azienda per cui facevo il volontario all’epoca mi ha detto che non poteva assumermi perché non avevano i fondi.”
Secondo uno studio condotto nel 2016 dall’Al-Quds Open University c’è un legame significativo tra stage organizzati dalle università e future prospettive di lavoro.
“Ho studiato in tre università per la laurea, il master e la laurea breve,” ci dice Ahmad. “Nessuna delle università aveva programmi di volontariato per studenti.”
Ahmad sostiene che includere volontariato o stage come parte di un corso di laurea dovrebbe ridurre il tempo che i laureati passano lavorando gratis dopo aver finito gli studi.
“Invece di perdere tempo dopo la laurea, le università dovrebbero includerlo nei loro curricula, così i laureati sarebbero pronti per il mercato del lavoro quando hanno finito [l’università],” conclude Ahmad.
Yasmin Abusayma è una scrittrice e traduttrice freelance di Gaza, Palestina.