Israele rilascia un palestinese arrestato mentre accompagnava la moglie ad una visita per un trattamento oculare

Hassan Abumustafa davanti alla sua casa dopo il rilascio. Foto: MEE/Mohammed al-Hajjar
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Maha Hussaini – Gaza City, Striscia di Gaza assediata

1 maggio 2023 – Middle East Eye

Hassan Abumustafa è stato arrestato nel novembre 2021 al valico di Erez nonostante avesse ricevuto l’autorizzazione a recarsi con sua moglie in Cisgiordania

Dopo mesi di attesa Khaldiya Abumustafa aveva finalmente ottenuto un permesso israeliano che le concedeva di lasciare Gaza City per entrare nella Cisgiordania occupata e sottoporsi a un intervento chirurgico agli occhi, accompagnata dal marito.

Felice di poter riacquistare la capacità di vedere correttamente grazie a cure mediche non disponibili nella Striscia di Gaza, Khaldiya è arrivata con il marito Hassan Abumustafa al confine di Erez la mattina del 24 novembre 2021.

Raggiunto il versante israeliano del valico – l’unico per i palestinesi che vogliono spostarsi tra Gaza e il resto del territorio palestinese occupato – a Khaldiya è stato chiesto di aspettare nell’atrio, mentre suo marito è stato convocato per un interrogatorio.

Trascorse circa 15 ore un ufficiale israeliano è entrato nella sala dove lei stava perdendo la speranza di riuscire a rispettare l’appuntamento in ospedale e le ha ordinato di tornare a casa senza il marito.

“Tuo marito rimane con noi – è in arresto”, le ha detto l’ufficiale.

Hassan, avendo già ricevuto un permesso di uscita e l’assenso da parte del corpo di sicurezza delle autorità israeliane per il passaggio attraverso il confine di Erez, è rimasto sorpreso nel ricevere l’informazione che sarebbe stato perseguito in base ad accuse di “appartenenza a un’organizzazione terroristica”.

Dopo diversi interrogatori e udienze giudiziarie è stato condannato a 18 mesi di carcere.

Martedì, dopo aver scontato la pena, Hassan è stato rilasciato ed è tornato presso la sua famiglia in un campo profughi di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.

Tuttavia Khaldiya deve ancora sottoporsi a un intervento chirurgico agli occhi.

Ore di interrogatorio

Mia moglie ha una lesione corneale. Aveva bisogno di sottoporsi urgentemente a un trapianto di cornea in modo che le sue condizioni non si aggravassero. E poiché era difficile farlo a Gaza abbiamo avviato le procedure necessarie per ottenere una prestazione medica presso un ospedale in Cisgiordania, ha detto Hassan a Middle East Eye due giorni dopo il suo rilascio.

Già dopo il primo tentativo abbiamo ottenuto un permesso israeliano e ci siamo subito diretti a Erez”.

Ai pazienti che ricevono permessi di uscita israeliani per ricevere cure mediche nei territori palestinesi occupati è consentita la presenza di un accompagnatore, sebbene i minori possano incontrare maggiori difficoltà nell’ottenere i permessi, il che spesso ha come conseguenza il fatto che essi viaggino da soli senza i genitori.

Dopo aver aspettato con mia moglie nell’atrio per un paio d’ore un ufficiale israeliano mi si è avvicinato e mi ha chiesto di seguirlo. Ho superato diversi controlli di sicurezza prima che mi portasse in una stanza dove sono stato perquisito”, riferisce Hassan.

Gli è stato quindi detto di aspettare altre due ore e il suo cellulare è stato confiscato prima che iniziasse un interrogatorio di otto ore.

L’ufficiale dell’intelligence mi ha chiesto di parlargli di me. Gli ho detto il mio nome, il numero dei miei figli e il motivo per cui io e mia moglie dovevamo andare in Cisgiordania. Poi ha detto: ‘No, voglio che tu mi parli delle tue affiliazioni'”, prosegue Hassan.

“Gli ho detto che non avevo alcuna affiliazione e che se avessi avuto dei trascorsi politici non mi sarebbe stato permesso di lavorare nei territori occupati nel 2000 e non avrei presentato una richiesta per accompagnare mia moglie per le cure”.

L’ufficiale israeliano ha informato Hassan che un altro palestinese che era stato precedentemente interrogato al confine di Erez aveva confessato che Hassan era affiliato al movimento palestinese della Jihad islamica (PIJ).

Dal 2016 Israele ha intensificato gli interrogatori per i palestinesi che tentano di attraversare il valico di Erez.

Prima che le autorità israeliane possano elaborare le domande di permesso, molti studenti, uomini d’affari, pazienti e loro accompagnatori devono sottoporsi a un interrogatorio da parte degli agenti della sicurezza.

Mi ha detto che hanno cercato nel mio telefono e hanno trovato precedenti contatti telefonici con persone affiliate alla Jihad islamica. Gli ho detto che lavoravo come portiere in uno dei siti della Jihad e che questo non era un crimine poiché non avevo contribuito ad alcuna attività militare. La mia responsabilità era aprire e chiudere il cancello, e lavoravo lì per lo stipendio, dice a MEE il padre di otto figli.

Mentre hanno iniziato a chiedermi informazioni su diversi membri e attività della Jihad ero solo preoccupato per mia moglie, che era stata lasciata ad aspettare da sola e non sapeva cosa stesse succedendo. Ho chiesto di lei e l’ufficiale ha detto: “Non preoccuparti, chiameremo qualcuno da Gaza perché venga per accompagnarla in Cisgiordania”. Più tardi ho saputo che era una bugia e che era stata lasciata ad aspettare fino a notte, poi le è stato negato l’ingresso ed è stata rimandata a Gaza”.

“Come una trappola”

In alcuni casi anche dopo che i pazienti ricevono i permessi israeliani per entrare nei territori occupati per le cure le autorità israeliane annullano i permessi alla frontiera e negano loro l’ingresso.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2022 sono state presentate dalla Striscia di Gaza bloccata 20.411 domande di permessi di uscita per motivi medici, di cui 6.848 (34%) sono state respinte.

Inoltre, 219 pazienti sono stati sottoposti ad un interrogatorio israeliano al valico di Erez, inclusi 66 malati di cancro, 38 donne e 26 anziani. A circa il 91% di loro è stato negato il permesso di uscita.

L’ufficiale israeliano mi ha detto che ero ufficialmente in arresto e che sarei stato perseguito. Sono stato ammanettato mani e gambe, poi trasferito con un veicolo israeliano in un centro di interrogatorio, dove sono stato ulteriormente interrogato per 26 giorni, poi condannato a 18 mesi di prigione, prosegue Hassan.

Ero come in una trappola. Quando ho presentato la richiesta per accompagnare mia moglie, loro conoscevano già il mio background e la mia professione e mi hanno comunque concesso il permesso per facilitare il mio arresto”.

Islam Abdu, portavoce del Ministero per le questioni dei detenuti e degli ex detenuti di Gaza, ha riferito a MEE che dall’inizio del 2023 sono stati arrestati al confine di Erez otto palestinesi di Gaza, tra cui il malato di cancro Ahmed Abu Awwad, 55 anni, che è stato rilasciato un mese dopo, e Naim al-Sharif, 63 anni, che accompagnava la moglie per cure mediche.

In molti casi il valico di Erez serve come tramite per trattenere i residenti di Gaza. L’occupazione israeliana concede loro i permessi di uscita per attirarli, quindi arrestarli e sottoporli ad una pena”, dice Abdu.

Abbiamo documentato diversi casi in cui le autorità israeliane hanno arrestato pazienti e familiari che li accompagnavano, compresi pazienti in condizioni critiche che necessitavano di cure mediche urgenti”.

Perdita della speranza di una cura

Dopo diverse settimane, quando a sua moglie è stato permesso di fargli visita in prigione, Hassan ha saputo che non si era ancora sottoposta all’intervento e che le sue condizioni stavano peggiorando

Khaldiya ha detto a MEE che dopo la detenzione di suo marito ha presentato tre domande per un trattamento medico nella Cisgiordania occupata.

Non ha ancora ricevuto il permesso.

Ora riesco a malapena a vedere; sto lentamente perdendo la vista e la cosa peggiore è che soffro per un dolore molto intenso. Vivo grazie agli antidolorifici”, ha detto. E’ come se i miei bulbi oculari stessero per cadere dalla faccia. Passo le notti tra la cucina e la mia camera da letto cercando di alleviare il dolore con il ghiaccio.

Quel giorno, durante le lunghe ore di attesa al confine di Erez, avevo il terrore che venisse arrestato. Siamo arrivati alle otto del mattino e solo verso le 11 di sera sono stata informata che era stato arrestato e che mi era stato negato l’ingresso. Sono scoppiata in lacrime e sono tornata a casa perché non potevo farci niente”.

Essendo Hassan il principale sostegno della famiglia sua moglie, i figli e la madre, che vive con loro, durante la sua prigionia hanno avuto difficoltà ad affrontare le spese.

La Commissione per i detenuti ed ex detenuti dell’Autorità Nazionale Palestinese ha concesso alla sua famiglia uno stipendio mensile di 1.800 shekel israeliani (455 euro), ma sua moglie gli inviava 700 shekel (182 euro) per comprare il cibo necessario e coprire i suoi bisogni primari all’interno della prigione.

La caffetteria all’interno del carcere fornisce articoli di base dichiaratamente economici a prezzi molto alti. Settecento shekel potevano a malapena coprire i suoi bisogni primari aggiunge Khaldiyya.

Oggi Khaldiyya, dopo aver perso la speranza di ottenere un permesso israeliano, sta cercando in alternativa di sottoporsi all’operazione a Gaza.

Ci stanno punendo per crimini che non abbiamo commesso, dobbiamo trovare una soluzione con quello che abbiamo”.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)

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