L’ordine israeliano di evacuazione non è altro che una copertura per la pulizia etnica

16 ottobre a Khan Younis. Foto: Haitham Imad/EPA-EFE]
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Yara Hawari

16 ottobre 2023 – Al Jazeera

L’ordine offre la copertura al governo israeliana per commettere atrocità di massa, impadronirsi delle terre e continuare la Nakba cominciata nel 1948.

Il 12 ottobre, dopo giorni di bombardamenti, il governo israeliano ha ordinato a 1,1 milioni di palestinesi che vivono nel nord della Striscia di Gaza, che comprende Gaza City, l’area urbana più popolata al mondo, di spostarsi a sud del territorio assediato. Ha promesso che per 24 ore le strade saranno sicure per coloro che vogliano fuggire dall’imminente invasione di terra. Molti hanno cominciato subito a spostarsi verso sud a piedi, altri sono saliti sui camion e i “fortunati” si sono ammassati sulle proprie auto.

Israele bombarda da giorni le strade della parte settentrionale della Striscia, rendendo lento e faticoso ogni tentativo di evacuazione. Peggio ancora, ci sono state segnalazioni secondo cui il governo israeliano avrebbe infranto la promessa e preso di mira i convogli che si spostavano verso sud. Secondo il Ministero della Sanità palestinese il 13 ottobre un attacco israeliano sulla strada Salah al-Din, una delle arterie principali del territorio sovraffollato e temporaneamente dichiarata “sicura” dall’esercito israeliano, ha ucciso 70 persone che stavano tentando di fuggire verso sud.

Alla fine molti sono fuggiti, ma molti di più non ci sono riusciti. Alcuni non sono in grado di muoversi, perché disabili o feriti. In diversi ospedali medici e infermieri si stanno rifiutando di abbandonare i pazienti che non è possibile spostare. Ci sono anche altri che si rifiutano di partire perché temono l’esilio permanente.

Il trauma della Nakba del 1948, quando 750.000 palestinesi furono permanentemente esiliati dalle loro case, non ha mai abbandonato i palestinesi. Questo sentimento è particolarmente palpabile tra i palestinesi di Gaza, la maggior parte dei quali proviene da famiglie sfollate nel 1948.

Il governo israeliano lo sa. Sa anche che spostare nel giro di poche ore 1,1 milioni di persone in uno spazio come Gaza è logisticamente impossibile. Ma l’ordine di evacuazione serve al suo scopo: fornisce al governo israeliano la copertura per commettere atrocità di massa sfruttando la menzogna ripetuta da anni secondo cui Hamas fa uso di scudi umani.

Le agenzie internazionali hanno chiarito che l’ordine di evacuazione non esonera il governo israeliano dai suoi obblighi e responsabilità ai sensi del diritto umanitario internazionale e hanno invitato i leader israeliani a revocarlo. Tuttavia, da parte sua il governo israeliano non ha fatto grandi sforzi per nascondere il fatto che questo ordine di evacuazione o i suoi piani più ampi per Gaza sono un tentativo di pulizia etnica. Nel corso della scorsa settimana vari ministri e politici israeliani hanno invocato l’eliminazione di Gaza utilizzando un linguaggio disumanizzante. Il ministro della Difesa israeliano ha addirittura definito i palestinesi di Gaza “animali umani”.

Nel frattempo gli Stati Uniti stanno spingendo l’Egitto affinché consenta un corridoio umanitario tra Gaza e la penisola del Sinai attraverso il valico di frontiera di Rafah. Sebbene sia fondamentale che venga compiuto ogni sforzo per aiutare le persone a sfuggire ai bombardamenti e affinché gli aiuti vengano consegnati, il timore è che chiunque sia costretto a lasciare Gaza adesso possa finire per essere permanentemente esiliato. Questa non è una paura irrazionale, poiché si è verificato continuamente nel corso della storia palestinese. In effetti il governo israeliano ha persistentemente ignorato varie convenzioni internazionali che regolano i diritti dei rifugiati, comprese quelle che riconoscono il loro diritto al ritorno alle proprie case. Si stima che più di sette milioni di palestinesi vivano attualmente in esilio permanente e non abbiano il permesso di tornare, e in molti casi nemmeno di visitare, la propria patria.

Mentre i palestinesi nel nord di Gaza prendono la decisione impossibile se restare nelle proprie case o rischiare di tentare l’evacuazione, il governo israeliano sta preparando un’invasione di terra. Centinaia di carri armati israeliani sono stati spostati lungo la recinzione israeliana che ha ingabbiato i palestinesi a Gaza per così tanto tempo.

Nel frattempo politici e generali dell’esercito israeliani stanno fomentando discorsi deliranti. Per sollevare il morale tra i soldati hanno anche coinvolto un criminale di guerra israeliano, che partecipò al massacro di Deir Yassin del 1948. Ha detto loro “cancellatene il ricordo… Cancellate loro, le loro famiglie, madri e figli. Questi animali non possono più vivere”.

Tutto ci dice che l’invasione sarà spietata. Il pretesto di voler spazzare via “i vertici della leadership politica e militare di Hamas” è esattamente ciò: un pretesto. L’invasione fornirà al governo israeliano l’opportunità di conquistare la parte settentrionale di Gaza e spingere i palestinesi in una prigione ancora più piccola o, per molte migliaia di loro, oltre i confini di Gaza. Comunque la si guardi, la situazione può essere descritta solo come una pulizia etnica e la continuazione della Nakba iniziata nel 1948.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

Yara Hawari è esperta di politica palestinese per Al-Shabaka, The Palestinian Policy Network (Rete di Politica Palestinese).

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

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