Lubna Masarwa
30 settembre 2024 – Middle East Eye
Oggi gli israeliani celebrano i loro “successi” in Libano. Ma pagheranno un prezzo enorme nei decenni a venire per la sofferenza che Israele ha inflitto a palestinesi e libanesi.
I media in Israele hanno reagito con euforia all’assassinio di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah.
Nel programma “Meet the Press” di Canale 12 Amit Segal e Ben Caspit hanno brindato con un bicchiere di arak per celebrare la morte di Nasrallah. Paz Robinson, reporter di Canale 13, ha distribuito cioccolatini a Karmiel [cittadina nel nord di Israele, ndt.]. Il Canale 13 è considerato di sinistra.
Il programma di punta di Canale 14, “The Patriots”, si è aperto con canti e festeggiamenti condotti dal presentatore Yinon Magal. Nadav Eyal ha scritto su Ynet: “L’assassinio di [Nasrallah] è un evento di scala regionale e storica”.
La gioia dei media è stata eguagliata dai politici di sinistra e di destra. Noi diciamo per lo più “di destra e di sinistra”
Yair Golan, leader del Partito Democratico ed ex capo del partito Meretz, un tempo considerato il politico di sinistra più popolare del paese, è stato felicissimo dell’assassinio.
Ha scritto su X: “L’assassinio di Nasrallah è un risultato enorme e importante. Una nuova era è iniziata in Medio Oriente”.
Lo spettro politico, che si era profondamente polarizzato sul ritorno degli ostaggi da Gaza, si è riunificato sulla che Israele ritiene di aver ottenuto nell’annientamento della leadership di Hezbollah.
Yair Lapid, leader dell’opposizione, ha scritto: “Facciamo sapere a tutti i nostri nemici che chiunque attacchi Israele morirà”.
Una nuova era?
Ebbro di successo, l’esercito israeliano ha pubblicato un video dei jet in decollo dalla base aerea di Hatzerim nel deserto del Negev che includeva le comunicazioni radio tra un comandante dell’aeronautica e i piloti.
“Credo che oggi abbiate dato uno spettacolo di vittoria” si può sentir dire il maggiore generale Tomer Bar, comandante dell’aeronautica militare israeliana, nella clip distribuita ai giornalisti. “Ben fatto. Immenso orgoglio”. Un pilota risponde: “Raggiungeremo tutti, ovunque”. E nemmeno questo è bastato.
Haaretz ha riferito che l’esercito israeliano spinge per invadere il Libano meridionale, citando fonti militari che affermano che bisogna cogliere l’attimo di shock e disordine di Hezbollah dopo gli attacchi delle ultime due settimane, prima che l’Iran abbia la possibilità di rifornire le sue scorte di missili.
Altrove è stato riferito che tre unità dell’esercito, circa 3000 uomini, erano state inviate in Cisgiordania.
Guerra su tre fronti, e Israele sta vincendo su ognuno di essi, sembra pensare l’intero paese. Che bel modo di concludere un anno oscuro e di battute d’arresto militari a Gaza.
Israele pensa che un’opportunità d’oro gli si presenti con il presidente americano uscente, Joe Biden, che sta palesemente fallendo nel frenarlo.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ora sfidato Biden tre volte: rioccupando Rafah, non accettando un cessate il fuoco a Gaza con Hamas e ora aprendo un nuovo fronte in Libano. E ogni volta l’ha fatta franca.
La scorsa settimana ci si aspettava che Netanyahu fosse sulla difensiva di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nemmeno un po’. Ha lanciato un grido di sfida. Netanyahu ha alzato il dito medio al suo principale fornitore di armi e alleato. E Israele lo ha applaudito.
Il risultato del rifiuto dell’America di tagliare tutte le forniture di armi a Israele ha delle conseguenze: ora non ci sono più ostacoli alla sua volontà omicida. Non ci sono limiti.
Nessuna linea rossa
I piloti e gli operatori di droni israeliani non devono pensare a quanti civili potrebbero essere uccisi da un missile puntato a un presunto obiettivo. La decisione di assassinare è stata recentemente delegata ai comandanti regionali dell’esercito, la cui autorità è stata notevolmente ampliata.
Per risparmiare tempo, non c’è alcun rinvio alla catena di comando. Tutti i civili, in Libano, Gaza e Cisgiordania, sono obiettivi.
I tabù sull’uccisione dei bambini sono scomparsi. Non ci sono confini o linee rosse in questa guerra. Israele può far morire di fame una nazione, ha usato regolarmente torture e stupri nelle sue prigioni e può festeggiare.
Si pensa che Israele abbia ucciso 300 persone nei suoi attacchi a quattro isolati di appartamenti sopra il centro di comando di Hezbollah, la maggior parte dei quali sarebbero civili, e la comunità internazionale è per lo più silenziosa.
Ubriaco di potere, Israele è in preda a una profonda illusione. Forse la più grande fino ad oggi.
Decimarne la leadership e i comandanti senior non ha ucciso né può uccidere Hezbollah stesso, né fermare una nuova generazione di combattenti che si fa avanti che non avrà il controllo della generazione precedente.
Né Israele può garantire chi verrà dopo. Finora Hezbollah non ha preso di mira i civili e non era interessato a impegnarsi in una grande guerra con Israele.
I loro attacchi erano progettati per dimostrare la capacità militare di Hezbollah, non per assestare colpi mortali. Hezbollah ha anche affermato che il loro conflitto sarebbe finito nel momento in cui fosse stato concordato un cessate il fuoco a Gaza.
È quasi certo che questa moderazione scomparirà. Hezbollah non ha scelta. La sua politica è stata spinta su una strada obbligata. Come Hamas, come Gaza, Hezbollah è ora impegnata in un conflitto in cui il suo nemico non solo vuole cacciarlo dal suo insediamento principale, ma distruggerlo del tutto.
Questa è diventata una guerra esistenziale per Hezbollah.
Un prezzo enorme
Cosa succederà ora? Questa è una domanda che Israele raramente si pone in momenti come questo. Né impara dalla storia di questo aspro conflitto.
Questa lunga storia di assassini politici, concepiti per terrorizzare e scoraggiare, non ha comportato un singolo caso in cui l’eliminazione di un capo abbia portato alla fine o alla ritirata di un gruppo militante. Hezbollah ha il dovere di rianimarsi e reagire.
Dimostrando il suo potere e brandendo la sua spada Israele ha creato una generazione di giovani nel mondo arabo che un giorno cercherà vendetta.
Il potere militare ha dei limiti. L’unico modo per Israele di ottenere sicurezza per il suo popolo sarà tornare al tavolo delle trattative e porre fine all’occupazione. Altrimenti tutto ciò che avranno fatto sarà aprire la porta alla guerra per le generazioni a venire.
Israele può trasformare parti del Libano in una Gaza. Può rioccupare il Libano meridionale e la parte settentrionale di Gaza. Può distruggere case e innumerevoli vite. Può fare la guerra all’intera regione. Ma non può ignorare la fonte principale del conflitto, che è la causa nazionale palestinese.
La Palestina è il problema da cui Israele, non importa quante guerre intraprende, non potrà mai sfuggire. E le generazioni future di israeliani pagheranno nei decenni a venire un pesante prezzo per le sofferenze che il loro paese ha inflitto a palestinesi e libanesi.
Oggi gli israeliani celebrano i loro successi in Libano. Ma la vittoria ha un prezzo enorme.
Il “successo” di Israele è stato quello di uccidere circa 1000 libanesi in una settimana, 50 dei quali sono bambini. Ha normalizzato la morte e eliminato le ultime vestigia di umanità.
Le immagini della distruzione a Gaza e in Libano rimarranno impresse nella coscienza collettiva: Israele può far vivere la sua missione nazionale solo uccidendo sempre di più coloro che sono soggetti al suo dominio.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Middle East Eye.
(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)