Dopo 20 anni ancora non c’è giustizia per Muhammad Al-Dura

Jamal Al-Dura mostra la foto scattata nel momento in cui l'IDF ha ucciso suo figlio Muhammad. Foto Mohammed Al-Hajjar
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Amjad Ayman Yaghi*

9 dicembre 2020 – Chronique de Palestine

Da qualche parte, nel centro del campo profughi di Bureij nel centro della Striscia di Gaza, Jamal al-Dura guarda una foto di suo figlio Muhammad.

Come altri genitori in lutto, questo vecchio operaio edile di 55 anni non si riprenderà mai dalla perdita di suo figlio.

Ma, diversamente da altri genitori in lutto, Jamal deve anche vivere con continui ricordi sui media o da parte di stranieri.

Sono ormai passati 20 anni da quando l’assassinio di Muhammad al-Dura è stato filmato.

E le immagini del ragazzino dodicenne rannicchiato dietro ai disperati, e alla fine vani, tentativi di suo padre di proteggerlo sono state una delle icone che hanno caratterizzato la seconda intifada.

Queste immagini echeggiano ancora oggi, in particolare a Gaza isolata ed assediata.

Servono a ricordare dolorosamente e simbolicamente che – anche se l’ONU esorta ancora una volta alla fine del blocco israeliano su Gaza, che ha visto più della metà della popolazione scendere sotto la soglia della povertà – i palestinesi sono senza protezione contro un’occupazione israeliana brutale ed implacabile.

Jamal ricorda ancora molto bene quell’ultimo fatidico giorno del settembre 2000.

Lui e suo figlio, a cui piacevano le macchine, erano andati a vedere delle automobili d’occasione in un mercato ad est della città di Gaza.

Il programma era che Muhammad scegliesse un’auto che gli piaceva per la famiglia, ha detto Jamal a The Electronic Intifada. Ma dato che nessuno dei due aveva trovato qualcosa di interessante, decisero di rientrare.

Al ritorno passarono dall’incrocio di Netzarim, un posto di controllo militare a Gaza, che al tempo era al servizio della colonia di Netzarim [composto da] una sessantina di famiglie israeliane, che separava il nord di Gaza dal resto della città.

Calunnie e menzogne

Quel giorno all’incrocio c’erano delle manifestazioni. Erano passati solo pochi giorni da quando il capo dell’opposizione israeliana dell’epoca, Ariel Sharon, aveva deciso di recarsi provocatoriamente addirittura sul luogo della moschea di Al-Aqsa, nel territorio occupato di Gerusalemme est.

Questo comportamento aggressivo di Sharon fu l’elemento scatenante di un’intifada che era già in gestazione, dal momento che diventava sempre più evidente che gli accordi di Oslo non erano riusciti a portare ad una vera pace.

L’autista del taxi di Muhammad e Jamal decise che non poteva andare oltre. Così, padre e figlio scesero incamminandosi per cercare un altro taxi per tornare a casa nel campo di Bureiji, dall’altro lato del checkpoint.

Ma mentre camminavano gli spari si fecero più vicini.

Ho afferrato Muhammad e ci siamo nascosti dietro ad un bidone”, dice Jamal.

La sua intenzione era di restare al riparo fino alla fine della sparatoria. Ma la sparatoria li prese in trappola.

Il resto venne filmato dal giornalista Talal Abu Rahma, che lavorava con Charles Enderlin [giornalista franco-israeliano ed esperto di Medio Oriente, ndtr.] di France 2, un canale della televisione pubblica [francese].

La violenta e tragica scena di un ragazzino ucciso dietro a suo padre privo di sensi fece il giro dei giornali di tutto il mondo. L’esercito israeliano non smentì la sua autenticità e presentò anche timide scuse.

Ma cinque anni più tardi, dopo che dei filoisraeliani appassionati di complotti tentarono di confondere le acque suggerendo sia che la sparatoria fosse una messa in scena dei palestinesi, sia che il ragazzo fosse morto sotto i colpi dei palestinesi, l’esercito ritrattò.

Non è stata mai presentata alcuna prova che suggerisse che il ragazzo fosse stato ucciso in modo diverso da come si era capito da subito, e né Abu Rahma né Enderlin, lui stesso nipote di ebrei austriaci fuggiti prima dell’invasione nazista del 1938, hanno mai espresso il minimo dubbio su quanto avevano reso pubblico.

Infatti nel 2013, dopo molte udienze in tribunale e l’annullamento di un ricorso, un tribunale francese ha sentenziato che uno di quegli appassionati di complotti, Phillipe Karsenty, capo dell’organizzazione filoisraeliana “Media Ratings”, era colpevole di diffamazione per aver accusato Enderlin e France 2 di aver messo in scena la sparatoria.

Nessuna giustizia

Per Jamal tutto ciò non fa che aumentare il suo dolore. Non soltanto suo figlio è stato ucciso proprio dietro di lui, ma deve anche affrontare gli “scettici” che girano il coltello nella piaga quando cercano di instillare dubbi circa quel che è successo.

Ed in fin dei conti di certo non c’è stata giustizia per suo figlio. Nessuno ha mai dovuto rendere conto dell’accaduto.

Jamal vuole andare in Francia per sostenere la propria causa nel processo contro Karsenty, ha dichiarato a The Electronic Intifada, nel tentativo di risvegliare l’interesse internazionale sull’assassinio di suo figlio.

Chiede anche che l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) denunci Israele davanti alla Corte Penale Internazionale per l’omicidio di suo figlio.

Attualmente disoccupato e dipendente dall’assistenza sociale dell’ANP, continua a ricevere cure di fisioterapia a causa delle ferite subite quel giorno. Ma, dice, l’ANP non è stata di grande aiuto nei suoi tentativi di mantenere viva la questione.

Questo lo lascia perplesso.

L’uccisione di suo figlio, ha dichiarato, forse “non è il crimine più odioso compiuto dall’occupazione…ma è pienamente documentato”.

Mostra il lato più orribile dell’umanità, in cui non c’è alcuna pietà per un bambino e per un padre che cerca di proteggere suo figlio.”

La famiglia, come tutte le famiglie di Gaza, ha dovuto affrontare altre difficoltà. Dopo che Muhammad è stato ucciso, Gaza ha subito tre attacchi militari israeliani devastanti, nel 2008-2009, nel 2012 e nel 2014.

Durante il primo attacco la casa della famiglia Dura è stata bombardata. Jamal ricorda di aver ricevuto un avvertimento in piena notte da qualcuno che gli ha detto che doveva lasciare la casa entro cinque minuti.

Io ho detto ‘siete matti? Entro cinque minuti? Ci sono dei bambini in casa’”, ha dichiarato Jamal a The Electronic Intifada. Ha cercato di guadagnare tempo il più possibile mentre sua moglie Amal faceva uscire di casa i bambini.

Alla fine la persona dall’altra parte ha perso la pazienza ed ha gridato di uscire in meno di 15 minuti.

Questo è l’ IDF (l’esercito israeliano), stiamo per bombardare la casa sulla vostra testa”, ha detto Jamal.

Siamo andati in una casa accanto alla nostra ed abbiamo avvertito i vicini. Poi abbiamo sentito un missile di avvertimento sganciato da un aereo e la casa è stata bombardata.”

La famiglia di 10 persone ha ricostruito la casa. Ma durante l’attacco del 2014 è stata nuovamente danneggiata, questa volta da carri armati.

Ancora una volta la famiglia l’ha dovuta ricostruire.

Amal, la madre di Muhammad, dice di non riuscire a capire come le madri israeliane possano continuare a mandare i loro figli a combattere a Gaza.

Il vostro Paese è democratico. Come possono obbligare i vostri figli ad andare a Gaza a scatenare guerre e costruire barriere intorno a Gaza e alla Cisgiordania?”, ha detto Amal, rivolgendosi alle madri israeliane.

Se amate veramente i vostri figli teneteli a casa. Ogni guerra ne uccide molti come Muhammad.”

Oggi Muhammad avrebbe circa 30 anni.

Anche se suo figlio è morto, quest’anno Jamal ha nuovamente tirato fuori le foto di Muhammad per il suo compleanno, come ha fatto ogni anno dal 2001.

Jamal immagina un mondo diverso, in cui suo figlio è vivo e sposato, ed ha dei bambini.

* Amjad Ayman Yagh è un giornalista che vive a Gaza.

(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)

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