9 settembre 2025 – Haaretz
Il documentario a lungo atteso di Neta Shoshani, che è stato censurato per due anni per le pressioni del governo e trasmesso la scorsa settimana sul National Broadcaster Kan di Israele, mostra il grado di rimozione e negazione della Nakba, anche quando Israele sta attuandone una seconda a Gaza
Pochi mesi prima che fosse colpito da un ictus e si ritirasse dalla vita pubblica, chiesi al primo ministro Ariel Sharon che cosa avesse appreso nella sua lunga carriera. “Nulla cambia mai, eccetto il passato”, rispose senza esitare.
Ho pensato a quella conversazione mentre guardavo il documentario di Neta Shoshani ‘1948: Remember, remember not’, che è andato in onda sabato notte sul Canale 11 di Israele, dopo oltre due anni di ritardo per le pressioni degli attivisti di destra e le minacce del ministro delle comunicazioni Shlomo Karhi di tagliare il budget dell’emittente pubblica.
77 anni dopo gli eventi, mandare in onda un film sulla Nakba palestinese del 1948 sulla televisione israeliana è ancora percepito come un atto sovversivo e sfrontato. Shoshani ha seguito la strada tracciata dai “Nuovi Storici” della fine degli anni ’80, che hanno iniziato a demolire i miti fondativi che circondano la nascita di Israele: in primis la nozione che gli ebrei fossero “i pochi contro i molti” e che “gli arabi se ne siano andati volontariamente”. Il suo film mostra come la parte ebraica disponesse di superiorità militare fin dall’inizio della guerra e come l’espulsione dei palestinesi sia stata condotta in base ad un piano strategico (“Piano D” dell’Haganah). Decenni dopo che Benny Morris pubblicò ‘La nascita della questione dei rifugiati palestinesi’ nel 1987, Shoshani si è scontrata con lo stesso muro di silenzio e negazione che ancora non è crollato.
Solo una piccola parte della società ebrea israeliana mostra interesse per la Nakba, per i villaggi distrutti, per le circostanze che trasformarono centinaia di migliaia di palestinesi in rifugiati. La maggioranza preferisce non sapere e non chiedere che cosa ci fosse qui prima, mentre passa accanto a recinzioni di cactus e alle rovine delle case arabe. Il governo è attivamente impegnato a cancellare le prove: al centro di ‘1948: Remember, remember not’ c’è il costante occultamento del Rapporto Shapira – un documento scritto dal primo procuratore generale di Israele che ha messo in luce atti di massacro, stupro e violenza commessi dai combattenti nella guerra di indipendenza di Israele contro i villaggi palestinesi nel 1948.
Vi è un motivo utilitaristico dietro a questo silenziamento. “Il modo in cui viene percepito il 1948 influisce pesantemente sul modo in cui viene percepita l’intera esperienza sionista/israeliana”, ha scritto Morris nel suo fondamentale saggio del 1988 ‘La nuova storiografia: Israele affronta il suo passato’. “Se Israele, il paradiso del popolo più perseguitato, fosse nato puro ed innocente, allora avrebbe meritato la benevolenza, l’assistenza materiale ed il sostegno politico dimostratigli dall’occidente, e avrebbe meritato ancor di più negli anni a venire. Se invece Israele fosse nato macchiato, infangato dal peccato originale, allora non avrebbe meritato quella benevolenza e assistenza più di quanto la meritassero i suoi vicini.”
Shoshani ha terminato il suo film prima della guerra del 7 ottobre ed il tempo intercorso tra la sua realizzazione e la sua diffusione non ha fatto che accentuare la sua importanza. Israele sta ora compiendo una seconda Nakba a Gaza e in Cisgiordania e qui la società ebraica resta imprigionata nella rimozione e nella negazione, proprio come lo fu nel 1948.
Come spiegano diversi degli intervistati nel film, Israele non può ammettere crimini di guerra per paura di un contraccolpo mondiale. Ecco perchè sulla TV israeliana non viene trasmesso nessun filmato da Gaza e i volti dei soldati sono sfocati. All’opinione pubblica viene detto che “i rapporti sulla stampa estera” che mostrano la fame di massa e l’uccisione di bambini non sono la conseguenza dei bombardamenti dell’esercito e della politica israeliani: non sono altro che propaganda di Hamas ed espressione dell’antisemitismo dei suoi simpatizzanti occidentali.
Proprio come nel 1948, Israele attribuisce tutta la responsabilità morale per il disastro nella guerra attuale alla parte araba del conflitto: loro lo hanno iniziato, loro lo meritano, adesso andiamo avanti con il prossimo reality show.
Alla fine di ‘1948: Remember, remember not’ mi sono reso conto che Sharon aveva torto, nonostante tutta la sua sapienza ed esperienza. Il passato in realtà non cambia, è sempre presente qui. E come si è dimostrato nuovamente proprio ieri, il ciclo sanguinoso ebraico-arabo non si ferma, neanche quando i capi promettono: “Solo un altro colpo e poi si finisce”.
(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)