Criticare Israele? I media no profit potrebbero perdere l’esenzione dalle tasse senza un procedimento corretto

Il senatore repubblicano John Cornyn del Texas. Foto: Bill Clark/CQ Roll Call
image_pdfimage_print

Seth Stern

10 maggio 2024 – The Intercept

Una nuova legge antiterrorismo consentirebbe al governo di togliere esenzioni fiscali vitali per i mezzi di comunicazione no profit.

Di questi tempi non ci vuole molto per essere accusati di sostenere il terrorismo, e ciò non riguarda solo gli studenti che si mobilitano. Negli ultimi mesi decine di parlamentari e funzionari pubblici hanno insinuato, senza prove, che i mezzi di comunicazione statunitensi forniscono appoggio concreto ad Hamas. Alcuni hanno persino espresso minacce appena velate di perseguire testate giornalistiche in base a queste false accuse.

Le loro lettere erano bravate politiche. I pubblici ministeri non sarebbero mai stati in grado di affrontare l’onere della prova in base alle leggi antiterrorismo e tutti i politici acquiescenti che hanno firmato le lettere lo sapevano. Ma la prossima volta potrebbe essere diverso, soprattutto se mezzi di informazione no profit, come The Intercept, arrivassero a infastidire il governo.

Ciò è dovuto al fatto che una legge, approvata in aprile dalla Camera dei Rappresentanti con ampio sostegno bipartisan dopodiché una legge simile è stata immediatamente presentata al Senato consentirebbe al ministero del Tesoro di revocare lo status di no profit a qualunque organizzazione considerata “fiancheggiatrice del terrorismo”. Questa settimana il primo firmatario del disegno di legge al Senato, il repubblicano del Texas John Cornyn, l’ha presentata come emendamento alla legge che va obbligatoriamente approvata per il rinnovo delle autorità dell’Amministrazione Federale dell’Aviazione. Benché non sia passata (il Senato non ha votato neppure uno delle decine di emendamenti proposti), è probabile che presto prosegua il suo iter nell’aula del Senato sotto altra forma.

Finanziare il terrorismo è già illegale, ma la nuova legge consentirebbe al governo di evitare le lungaggini burocratiche richieste per le azioni penali o la designazione ufficiale di terrorista.

Si potrebbe pensare che l’appoggio al terrorismo perseguibile sia limitato a contributi intenzionali e diretti a gruppi terroristici. Sarebbe sbagliato. Le leggi esistenti sul sostegno materiale al terrorismo sono state a lungo criticate perché vanno oltre lo scopo e lasciano spazio ad abusi non solo contro la libertà di parola, ma anche contro operatori umanitari. Una recente lettera di 135 organizzazioni per i diritti umani che si oppongono alla legge ha evidenziato i tentativi di revocare lo status di esenzione fiscale di, oppure di rappresaglie contro, gruppi studenteschi filo-palestinesi.

Non c’è alcuna ragione di credere che la stampa sia esentata dagli abusi. Nelle loro recenti lettere alcuni politici hanno chiesto che vengano indagati per terrorismo New York Times, Reuters, CNN e Associated Press sulla base di accuse secondo cui questi mezzi di informazione avrebbero comprato fotografie da freelance palestinesi che hanno informato sugli attacchi di Hamas il 7 ottobre.

Il finto scandalo è stato originato da una falsa accusa da parte di un’organizzazione ironicamente autodenominatasi HonestReporting [Informazione corretta], secondo cui quelle immagini evidenziano che i fotografi che le hanno scattate sapevano in anticipo del massacro. Altrimenti come (oltre che, diciamo, dalle TV o da Internet) avrebbero saputo dove andare?

Quindi HonestReporting ha argomentato che anche i mezzi di comunicazione che hanno comprato le immagini avrebbero potuto essere pure loro complici, perché, ovviamente, quando un gigante internazionale dell’informazione compra una foto da qualcuno del suo vasto elenco di freelance, è ragionevole imputare i presunti peccati del freelance lungo tutta la catena.

Alla fine HonestReporting ha ritrattato questa contorta teoria, ammettendo di non avere prove e di aver semplicemente fatto delle domande. Dopo aver obbligato i mezzi di informazione a negare pubblicamente di avere legami con Hamas, HonestReporting ha affermato di credere a loro.

Ma ciò non ha dissuaso i politici statunitensi dal supporre che il fatto che alcuni freelance palestinesi a Gaza abbiano avuto contatti con politici di Hamas il che non dovrebbe sorprendere, dato che Hamas è stata l’autorità al governo nell’enclave assediata ha reso finanziatore del terrorismo chiunque li abbia assunti.

Ma c’è persino di peggio. Una delle lettere, firmata da oltre una decina di procuratori generali statali, ha ventilato la teoria secondo cui le notizie dei mezzi di informazione potrebbero essere in sé una prova del sostegno ad Hamas. Come afferma l’U.S. Press Freedom Tracker (un altro sito web no profit, gestito dalla Freedom of the Press Foundation [Fondazione per la Libertà di Stampa] dove io lavoro):

La lettera evidenzia anche che “materiale di supporto” per i gruppi terroristici – un crimine sia federale che statale – può includere “scrivere e distribuire pubblicazioni in appoggio all’organizzazione”. Non entra nei dettagli su quello che sarebbe da considerare appoggio, bloccando potenzialmente ogni informazione che non condanni inequivocabilmente Hamas o non appoggi unilateralmente Israele.”

Poi i procuratori generali mettono in guardia i mezzi di informazione che “continueremo a seguire il modo in cui date le notizie per garantire che le vostre organizzazioni non violino alcuna legge federale o statale fornendo sostegno materiale a terroristi all’estero.” I firmatari proseguono: “Ora le vostre organizzazioni sono avvertite. Rispettate la legge.”

Recentemente molti di quei procuratori generali hanno affermato che “le libertà di parola e di associazione del Primo emendamento non proteggono persone che forniscono aiuto materiale” al terrorismo. Non hanno citato lo scetticismo della Corte Suprema secondo cui “istanze presentate in base alla legge sull’appoggio materiale a discorsi o difesa supererebbero il severo controllo del Primo emendamento… persino nel caso in cui il governo dimostrasse che tali discorsi favoriscono organizzazioni terroristiche straniere.”

Alcuni membri del Congresso hanno messo gli occhi anche sui mezzi di informazione. Il senatore Tom Cotton, repubblicano dell’Arkansas, ha ripetuto la disinformazione di HonestReporting in molteplici lettere, mentre 15 parlamentari del Congresso hanno chiesto che i media forniscano informazioni riguardanti i freelance, includendo potenzialmente identità e comunicazioni delle fonti, minacciando di emettere citazioni di comparizione.

Se ci fossero dubbi sulle intenzioni dei sostenitori della legge sulle no profit, si prenda in considerazione che cinque dei suoi promotori alla Camera dei Rappresentanti hanno anche firmato una lettera all’Internal Revenue Service [Agenzia delle Entrate federale, ndt.] chiedendo come definisce l’antisemitismo e insinuando che l’IRS dovrebbe negare l’esenzione fiscale alle no profit che “promuovano un comportamento contrario alle politiche ufficiali,” anche se non sono affatto accusate di appoggiare il terrorismo.

I mezzi di informazione no profit stanno già lottando per sopravvivere anche senza le persecuzioni del governo, ma la revoca del loro status di esenzione fiscale sarebbe la campana a morto per quelli che fanno il tipo di giornalismo investigativo approfondito che di questi tempi non è quasi mai remunerativo. La semplice prospettiva bloccherebbe l’informazione, non solo su Israele ma più in generale anche sulla politica estera USA. Per non parlare della minaccia alle organizzazioni della stampa libera no profit, i cui giornalisti dipendono dalla protezione dei loro diritti (incluso quello di non essere uccisi a Gaza).

Sfortunatamente questo è solo l’ultimo esempio delle sconsiderate e inutili leggi sulla “sicurezza nazionale” che mette in pericolo la stampa. Lo scorso mese il presidente Joe Biden ha ignorato i sostenitori delle libertà civili ed ha firmato una legge che consentirebbe alle agenzie di intelligence di assoldare qualunque “fornitore di servizi” per aiutare gli USA a spiare stranieri.

Come ha spiegato il senatore democratico dell’Oregon Ron Wyder, la legge potrebbe “spingere un dipendente a inserire una chiavetta USB nel server di un ufficio che egli pulisce o vigila di notte.” E quell’ufficio potrebbe facilmente essere una redazione di giornale, in cui spesso i giornalisti parlano a stranieri le cui comunicazioni potrebbero interessare le agenzie di intelligence USA.

Il governo sta per iniziare immediatamente ad arruolare giornalisti per sorvegliare le proprie fonti o sta per chiudere mezzi di comunicazione no profit che si allontanano dalla narrazione dell’esercito israeliano? Probabilmente no, ma la storia insegna che una volta che ai politici viene dato il potere di rappresaglia contro i giornalisti che non gli piacciono inevitabilmente lo faranno. Anche la prospettiva che le leggi sullo spionaggio e su frode e abuso dei computer venissero utilizzate come arma contro il giornalismo una volta era solo ipotetica, finché non è stata più tale.

E non si dimentichi che il presumibile candidato repubblicano alle presidenziali ha pubblicamente fantasticato di incarcerare i giornalisti o vendicarsi in altro modo contro di loro.

Quanti sostengono che un secondo mandato di Donald Trump segnerebbero la fine della democrazia devono smettere di approvare nuove leggi eccessive e inutili che conferiscono a lui e a futuri personalità autoritarie nuove possibilità per perseguitare e silenziare i giornalisti che non si mettono in riga.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)