Un’inconsapevole auto-rappresentazione mentale è la fonte del genocidio

Netanyahu tra herzl e BenGvir. Foto: Palestine Chronicle
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Richard Forer

11 novembre 2024 – The Palestine Chronicle

Se il velo che maschera l’ingiustizia e la disumanità di Israele cadesse dai loro occhi, i sionisti vedrebbero quegli stessi caratteri in sé stessi

Uno degli argomenti “storici” più comuni che la maggioranza dei sionisti usa a difesa delle incessanti violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e delle generazioni che hanno messo i palestinesi sotto occupazione è che la parte ebraica ha accettato il piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947 mentre la parte araba lo ha respinto. Pertanto è colpa dei palestinesi se non c’è pace, è colpa loro se sono sotto occupazione, è persino colpa loro se l’esercito israeliano ha passato l’anno scorso a Gaza a “difendere” il proprio Paese principalmente da donne e bambini.

I sionisti non vogliono conoscere la storia. Per loro è pura malignità. Quindi la totalità della loro conoscenza del piano di spartizione delle Nazioni Unite o di qualsiasi altro evento con cui colpevolizzano gli arabi è costituita da argomenti pretestuosi, i cui resoconti distorcono automaticamente, per negarla o giustificarla, l’oppressione israeliana sul popolo indigeno. I sionisti interpretano come minacce mortali alla loro immagine di sé qualsiasi cosa metta in discussione le frasi ad effetto di uno o due slogan a cui si aggrappano per dimostrare l’innocenza israeliana e la colpevolezza palestinese, e faranno o diranno qualsiasi cosa per illudersi di aver almeno temporaneamente estinto la minaccia, incluso accusare di antisemitismo chiunque consideri Israele come ingiusto e disumano.

In base a ciò possono convincersi che ogni critica è inaffidabile e può essere liquidata a priori. Ma non possono sottrarsi alla responsabilità per il loro ruolo nella sofferenza di un intero popolo perché, nel loro inconscio, la possibilità di potersi sbagliare evoca la stessa paura della morte che proverebbero se si trovassero di fronte a un plotone di esecuzione nazista.

Non ho mai incontrato un difensore di Israele che fosse ragionevolmente informato della storia. Questo perché non vogliono conoscere la storia. Ancora più rivelatrice è la realtà che l’Israele che stanno difendendo non esiste. È un’immagine idealistica nella loro mente che proiettano sull’Israele che esiste, l’Israele che dal momento della sua nascita ha espulso, espropriato, assassinato e calunniato i palestinesi. Allo stesso modo, non si preoccupano di Israele. Ciò che gli interessa è mantenere, a tutti i costi, la loro immagine ideale di Israele.

Israele è un sostituto di sé stessi. Quando difendono o si preoccupano di “Israele”, stanno realmente e semplicemente difendendo le loro presunte, limitate e mortali identità, la loro immagine di sé. E poiché, consapevolmente e inconsapevolmente, interpretano la critica a Israele come una minaccia mortale, motivo per cui non vogliono conoscere la storia, non c’è limite a ciò che faranno per difendere le convinzioni e le rappresentazioni che emanano dalle loro presunte identità e le rafforzano. Manderanno i loro figli in guerra prima di interrogarsi sulla propria identità.

A qualcuno di loro ho detto che se fossi stato rapito da bambino e cresciuto come musulmano in Arabia Saudita, è improbabile che sarei stato il difensore di Israele che sono stato. Avrei avuto lo stesso corpo con gli stessi geni ma con una visione del mondo completamente diversa.

A loro non importa. Niente di tutto ciò ha importanza per loro. La loro lealtà incondizionata è rivolta alle loro presunte identità, indipendentemente dal fatto che, in larga misura, le loro identità siano il prodotto di una qualche condizione in cui sono stati cresciuti.

Incorporando Israele nelle loro presunte identità, i sionisti vedono lo Stato ebraico nel modo in cui vogliono vedere sé stessi, come giusto e umano, e poiché si sono convinti che non difenderebbero mai l’ingiustizia e la disumanità, anche Israele è, ipso facto, giusto e umano.

Se il velo che maschera l’ingiustizia e la disumanità di Israele cadesse dai loro occhi, i sionisti vedrebbero quegli stessi caratteri in sé stessi.

In tutti i casi, tranne alcuni rarissimi, l’immagine di sé, l’identità del loro ego interpreterebbe un confronto di questo genere come una minaccia mortale, e contemplare la morte è insopportabile perché suscita una paura esistenziale, ma poiché la paura esistenziale è il prisma attraverso cui vedono il confronto Israele-Palestina, sono smarriti.

La necessità di evitare un confronto interiore che susciti questa paura e smarrimento è il motivo per cui è così difficile convincere i sionisti a istruirsi sulla storia documentata. Non solo sono troppo spaventati per comprendere che un impegno sincero nell’apprendere la storia documentata potrebbe alleviare il loro smarrimento e ripristinare la loro umanità, non sanno nemmeno di essere confusi. Né sanno contemplare la propria disumanità. Non possono nemmeno ammettere di non aver mai studiato la storia. Lo smarrimento è anche il motivo per cui i sionisti insistono nel volere la pace mentre allo stesso tempo giustificano il genocidio che Israele ha minacciato di perpetrare più di un anno fa.

Determinato a impossessarsi di tutta la Palestina, dal 1948 Israele ha ignorato numerose opportunità di pace che avrebbero potuto rendere superflue le ostilità odierne, ma i sionisti non vogliono saperlo. Né vogliono sapere che, anziché condurre una guerra difensiva, Israele ha deliberatamente assassinato, fatto morire di fame, torturato e ripulito etnicamente una popolazione per lo più indifesa, e che il suo esito preferito è la morte perché i palestinesi morti non possono fare irruzione nei kibbutz. La negazione è di gran lunga preferibile all’assumersi la responsabilità del proprio ruolo nella sofferenza di milioni di palestinesi o del proprio ruolo nelle condizioni che hanno contribuito all’assalto di Hamas il 7 ottobre 2023.

Tutti sono capaci di giustificare il proprio comportamento, persino Hitler, Biden, Netanyahu, Ben-Gvir e Smotrich, gli ultimi tre membri della coalizione di governo di Israele che l’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert definisce “macellai, killer, assassini e terroristi”.

Ecco i fatti chiave sulla divisione con cui i sionisti non vogliono avere nulla a che fare. Nel 1947 l’ONU formò l’UNSCOP (Comitato speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina) per decidere se la divisione fosse una soluzione valida all’impasse ebraico-araba. Il Comitato concluse che la divisione avrebbe privato i palestinesi del loro diritto all’autodeterminazione. Consapevole che la Gran Bretagna voleva porre fine al suo mandato e lasciare la Palestina, e che le bande terroristiche ebraiche (Irgun, Stern Gang) erano così feroci che opporsi alla divisione avrebbe potuto portare a un aumento della violenza, approvò comunque la divisione.

Per più di un decennio i leader ebrei hanno chiarito che la spartizione sarebbe stata il primo passo verso la conquista di tutta la Palestina.

Il primo presidente di Israele Chaim Weizmann: “Gli ebrei sarebbero degli sciocchi a non accettare [la spartizione] anche se [la terra loro assegnata] fosse grande quanto una tovaglia”.

Il primo Primo Ministro di Israele David Ben-Gurion: “Quando saremo diventati una potenza forte come risultato della creazione di uno Stato, aboliremo la spartizione e ci espanderemo in tutta la Palestina”.

Il piano di spartizione delle Nazioni Unite diede il 56 % della Palestina e l’80 % della costa alla parte ebraica, pose Gerusalemme e Betlemme, l’1% della Palestina, sotto un corpus separatum amministrato dalle Nazioni Unite e lasciò il restante 43% della loro patria ai palestinesi. Entro una settimana dalla sua approvazione, la parte ebraica violò l’accordo trasferendo il rabbinato capo a Gerusalemme.

Sulla base dell’“accettazione” ebraica e del rifiuto palestinese della spartizione, i sionisti insistono sul fatto che Israele ha sempre voluto la pace mentre i palestinesi non l’hanno mai voluta. Come si può credere che Israele si sarebbe accontentato del 56 % della Palestina senza Gerusalemme quando non si è mai accontentato del 78 % della Palestina che ha rubato, per usare le parole di Ben-Gurion, nel 1948? I sionisti ignorano opportunisticamente la dichiarazione di Ben-Gurion secondo cui la spartizione era strumentale al sogno sionista di “espandersi in tutta la Palestina”. Inizialmente la popolazione palestinese sarebbe stata pari al 49 % della popolazione totale dello Stato ebraico diviso. Con un tasso di natalità più elevato, sarebbero diventati la maggioranza nel giro di pochi anni. È del tutto ingenuo pensare che Israele avrebbe accettato un simile risultato.

Come alternativa alla divisione le nazioni arabe avevano proposto un unico Stato con uguali diritti per ebrei e palestinesi. La parte ebraica respinse la loro proposta, principalmente perché dava ai palestinesi gli stessi diritti che dava agli ebrei. Con sorpresa di alcuni, il futuro primo ministro Menachem Begin si preoccupò che la parte araba avrebbe accettato la divisione. Perché? Dal momento che la parte ebraica non aveva mai avuto intenzione di onorare la divisione, sarebbe stato più facile giustificare un’espansione di Israele “in tutta la Palestina” che non rubare uno Stato palestinese che le nazioni arabe avevano già accettato.

La visione del mondo sionista è falsa e disonesta. I sionisti ingannano sé stessi con affermazioni facilmente confutabili. Poi propagandano tali affermazioni a chiunque voglia ascoltare. Peggio ancora la loro visione del mondo nega l’umanità del popolo palestinese. Per evitare di trovarsi faccia a faccia con la propria disumanità i sionisti consegnano al mondo intero una sofferenza senza fine. Un modo per uscire da questo dilemma è non dare nulla per scontato, studiare la storia con l’intento di scoprire la verità e riflettere su chi saremmo senza credenze e rappresentazioni che credono al diritto all’autodeterminazione di un popolo mentre rifiutano quello di un altro.

Richard Forer è l’autore di Wake Up and Reclaim Your Humanity: Essays on the Tragedy of Israel-Palestine (Svegliati e rivendica la tua umanità. Saggi sulla tragedia Israele-Palestina) e Breakthrough: Transforming Fear Into Compassion: A New Perspective on the Israel-Palestine Conflict (La svolta. Trasformare la paura in compassione: una nuova prospettiva sul conflitto Israele-Palestina).

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)